Archive for dicembre 2009
dicembre 31, 2009
di Luca Pellegrini
Mowgli, Baloo, Bagheera e Re Luigi non sapevano di essere stati investiti di una grande responsabilità: niente meno che la sopravvivenza della divisione animazione della Disney, ossia il futuro del cartone animato. Il 18 ottobre del 1967 usciva, infatti, sugli schermi americani Il libro della giungla, attesa versione animata tratta molto liberamente dalla raccolta di racconti di Rudyard Kipling.
Al progetto, come di consueto fin dai tempi di Biancaneve, aveva lavorato “papà” Walt, scegliendolo e seguendolo scrupolosamente in ogni dettaglio. Ma la sua morte era sopraggiunta circa un anno prima dell’inizio della distribuzione del nuovo film in America, il 15 dicembre 1966: sarebbe stata così la prima creazione animata del mitico studio a uscire orfana del fondatore. I mercati e gli osservatori ragionevolmente tremavano: se il film non avesse riscosso il successo arriso a tutti i precedenti capolavori e di conseguenza gli incassi fossero diminuiti, così come l’attenzione e la fedeltà degli spettatori, l’animazione della Disney avrebbe rischiato la chiusura. Ma ciò non accadde: quella giungla animata – un “safari musicale”, come venne descritto il film – conquistò ancora una volta il pubblico, totalizzando 142 milioni di dollari, al valore dell’epoca, nei soli Stati Uniti. (more…)
Tag:roy e.disney
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dicembre 31, 2009
Un amore nato a New York
di André Aciman
Le strade. La folla. I vecchi cinema. E le orme dei film. Passeggiata sentimentale di uno scrittore innamorato di una metropoli eterna ma provvisoria
Ogni tanto non mi va di tornare a casa. Esco dall’ufficio, o da una festa notturna, o da un locale nel quale mi sono fermato a prendere un caffè nel pomeriggio e istintivamente mi ritrovo a fare una lunga passeggiata. Non c’è nessuno in particolare che io mi auguri di incontrare, per quanto mi piacerebbe imbattermi in un amico e sentirmi proporre di fare quattro chiacchiere davanti a una birra o un caffè. New York City, alla vigilia dell’anno 2010. La città, quando ti prendi un giorno di ferie o ti alzi all’ora sbagliata, o scendi alla fermata sbagliata, e ti concedi di girovagare per strade sconosciute e all’improvviso ti imbatti in un cinema che nemmeno sapevi che esistesse e non resisti alla tentazione di entrarvi. La città di uno scrittore; la città di uno che frequenta spesso i cinema; la città delle notti bianche; una metropoli elegante, fredda, moderna, con edifici altissimi dalle pareti di vetro che, nell’arco di pochi secondi, può trasformarsi in un piccolo quartiere con i suoi casalinghi odori di specialità etniche che invadono le viuzze d’acciottolato risalenti a un centinaio di anni fa e parlano di tempi che nessuno ricorda e la maggior parte inventa. Cose che non siamo abbastanza sicuri di non aver inventato noi.
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Tag:andrè aciman, new york
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dicembre 31, 2009
Che il crimine, di per sé, riesca a esercitare immediata attrazione sul pubblico è un’idea che comporta tutti i rischi e i pregiudizi del luogo comune: a interessarci, semmai, è il modo in cui il male e le sue delittuose epifanie vengono sceneggiate sotto i nostri occhi. Lo possono dimostrare, a loro modo, sia l’ampio e sempre crescente spazio oggi concesso in una qualsiasi libreria al settore dei gialli, sia l’interesse tutt’ora manifestato verso le opere di Sir Arthur Conan Doyle, che quest’anno sono state riproposte in ben due occasioni: in un primo momento, con l’edizione – giunta alla terza ristampa – di Tutto Sherlock Holmes (traduzione di Nicoletta Rosati Bizzotto, Newton Compton, pp. 1244, 14,90 euro) e in seguito con la pubblicazione di Sherlock Holmes. Tutti i romanzi (traduzione di Luca Lamberti, Einaudi, pp. 681, 19 euro). Al contrario di quanto afferma Margherita Oggero nella prefazione a quest’ultimo volume, le «ragioni del successo» di Sherlock non risultano però «inspiegabili»: se è vero che non dipendono tanto dalla misteriosa efferatezza dei delitti rappresentati, né dalle pur straordinarie qualità dell’investigatore invitato a decifrarli, si possono tuttavia rintracciare nel calibrato bilanciamento dei congegni narrativi, capaci di appianare alcuni urgenti problemi tecnici. (more…)
Tag:conan doyle
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dicembre 31, 2009

Più sorprendente d’Adriano Celentano, che nel film
Mani di velluto produce vetro a prova di scassinatore, grazie a un dettaglio imprevedibile: uno sputo dentro la fornace. L’ingrediente segreto delle vernici prodigiose che Antonio Stradivari stendeva sui suoi celeberrimi violini si direbbe più banale ancora, perché semplicemente… non c’è. A questa conclusione inattesa è arrivato un gruppo di ricercatori francesi con collaboratori in Germania, e l’ha pubblicata sulla rivista tedesca «Angewandte Chemie». I due capifila sono Jean-Philippe Echard e Loïc Bertrand, e il primo lavora al Musée de la Musique di Parigi, dove sono conservati cinque strumenti – quattro violini e una viola d’amore – che Antonio Stradivari fabbricò in un arco di quasi trent’anni, fra il 1692 e il 1720, e quindi si collocano nella piena maturità della sua tecnica costruttiva.
Fra i più celebri liutai della tradizione cremonese, fiorita a metà del Cinquecento con Andrea Amati, egli esercitò il suo mestiere dal 1665 circa fin quando morì nel 1737. La magia dei suoi strumenti, che non si limita al rendimento acustico, ma affascina anche l’occhio, ha incuriosito gli scienziati. La chimica non poteva restare a lungo fuori del cimento, e infatti sulle finiture di Stradivari i chimici cominciarono a indagare già all’inizio dell’Ottocento. Per un paio di secoli le difficoltà si sono tuttavia rivelate insormontabili, e hanno portato a ipotesi contraddittorie. Alcuni studiosi avevano segnalato la presenza occasionale di sostanze inorganiche, come il vermiglione ottenuto dal minerale cinabro, che chimicamente è solfuro mercurico, o la pozzolana, roccia che prende nome da Pozzuoli e si forma in eruzioni vulcaniche esplosive. (more…)
Tag:antonio stradivari, violini
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dicembre 31, 2009
È destino di tutti i profeti rimanere inascoltati. Dopo l’11 settembre 2001 è accaduto anche a Oriana Fallaci, «Cassandra» che parlava con passione, con rabbia e con molta ragione, e che pur sapendo di parlare al vento, lo faceva con tutta se stessa. Lo faceva in modo diretto, chiaro, coraggioso. Troppo. E infatti nessuno – o quasi – l’ha seguita. Nessuno delle élite, si intende, perché la «gente» invece ha intuito immediatamente che Oriana aveva parecchie ragioni dalla sua parte, anche se scomode, anche se scorrette. Gli intellettuali, i politici, i maître à penser per lo più l’hanno bollata come «pazza», invasata, xenofoba, razzista: hanno detto che istigava all’odio, che era una fascista, una guerrafondaia. L’hanno attaccata, incriminata per vilipendio all’islam, hanno fatto di lei un facile bersaglio politico e un oggetto di pessima satira. Quando diceva: state attenti, questa «civiltà» è troppo diversa da noi, non esiste un islam moderato, l’Europa e l’Occidente sono troppo arrendevoli, il terrorismo non finirà, anzi crescerà – quando diceva tutto questo, chi avrebbe dovuto non l’ha presa sul serio. I risultati? A quasi dieci anni da quell’11 settembre tutto è come prima, o peggio. Eppure bastava ascoltare le sue parole. Queste, ad esempio. Tutte tratte dai suoi libri, pubblicati da Rizzoli.
di Oriana Fallaci
Sono anni che come una Cassandra mi sgolo a gridare «Troia brucia, Troia brucia». Anni che ripeto al vento la verità sul Mostro e sui complici del Mostro cioè sui collaborazionisti che in buona o cattiva fede gli spalancano le porte. Che come nell’Apocalisse dell’evangelista Giovanni si gettano ai suoi piedi e si lasciano imprimere il marchio della vergogna. Incominciai con La Rabbia e l’Orgoglio. Continuai con La Forza della Ragione. Proseguii con Oriana Fallaci intervista sé stessa e con L’Apocalisse. I libri, le idee, per cui in Francia mi processarono nel 2002 con l’accusa di razzismo-religioso e xenofobia. Per cui in Svizzera chiesero al nostro ministro della Giustizia la mia estradizione in manette. Per cui in Italia verrò processata con l’accusa di vilipendio all’Islam cioè reato di opinione. Libri, idee, per cui la Sinistra al Caviale e la Destra al Fois Gras ed anche il Centro al Prosciutto mi hanno denigrata vilipesa messa alla gogna insieme a coloro che la pensano come me. Cioè insieme al popolo savio e indifeso che nei loro salotti viene definito dai radical chic «plebaglia-di-destra». E sui giornali che nel migliore dei casi mi opponevano farisaicamente la congiura del silenzio ora appaiono titoli composti coi miei concetti e le mie parole. Guerra-all’Occidente, Culto della- Morte, Suicidio-dell’Europa, Sveglia-Italia-Sveglia. (more…)
Tag:islam, occidente, oriana fallaci
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dicembre 31, 2009
La minorità storica della donna ha un’eccezione: il cristianesimo
La condizione della donna, scriveva Simone de Beauvoir, è stata molto immiserita dall’avvento del cristianesimo. Quest’idea, diffusa con insistenza da una parte del mondo femminista, dalla stampa, dalle rivistine in vista sul tavolo del parrucchiere, da molti testi scolastici, ha ormai radici piuttosto profonde ed è quindi un luogo comune accettato spesso anche all’interno del mondo cattolico, spesso ignaro della propria storia. Su Wikipedia, l’enciclopedia in Internet consultata da milioni di persone, alla storia delle donne sono dedicate poche righe. Nulla sulla condizione femminile, umiliante a dire poco, nell’antica Roma, o in Grecia, o sotto l’islam, o nell’Induismo, sia in passato sia oggi.
L’unica frecciata velenosa è dedicata al cristianesimo, con accuse invereconde, neppure supportate dalla citazione di fonti. Si legge: “Una delle più grandi (sic) discriminazioni nei confronti della donna è operata dalla chiesa cattolica… Questo atteggiamento è confermato dai vari concili ecclesiastici: a Macon, a Laodicea, ad Aquisgrana, a Trento si discute ‘se la donna appartenga al genere umano’ e ‘se la donna abbia un’anima!’”. Così il lettore medio impara che per secoli, sino al Concilio di Trento, sino al XVI secolo, la chiesa avrebbe messo in dubbio l’anima delle donne, quindi la loro dignità, e non di rado, purtroppo, finisce per crederci. Perché più grossolane sono, le menzogne, più trovano proseliti e ottengono fortuna secolare.
Lo storico francese Jean Pierre Moisset, nella sua “Storia del cattolicesimo” (Lindau), ricorda come questa calunnia così ridicola fu proposta per la prima volta dal calvinista Pierre Bayle, nel suo “Dizionario storico e critico, nel XVII secolo”. Essa, nota il Moisset, fu avidamente ripresa, ampliata e propagandata come vera da molti polemisti anticattolici, nonostante la sua patente assurdità. Ma come erano andati i fatti? Al II concilio di Macon, nel 585 d.C., un vescovo aveva detto ai suoi confratelli che la “donna non poteva essere chiamata uomo” (“dicebat mulierem hominem non posse vocari”). Il problema, spiega Moisset, era di ordine linguistico: “Era il caso di applicare alla donna il termine generico homo, che designa l’essere umano, o bisognava chiamarla femina o mulier? Dal momento che l’evoluzione del latino parlato tendeva ad assimilare homo (essere umano) a vir (essere umano di sesso maschile), l’oratore chiedeva che si prendesse atto del nuovo uso, riservando homo all’essere umano di sesso maschile. Gli altri vescovi non erano di quell’avviso e hanno risposto che bisognava cercare di esprimersi, oralmente e soprattutto per iscritto, in buon latino, di conseguenza era giusto continuare a chiamare homo la donna”. (more…)
Tag:cristianesimo, donna
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dicembre 31, 2009
Se vi sono rimasti ancora 37 euro (meno, con lo sconto) vi consiglio di regalare, ad altri o a voi stessi, il volume di 927 pagine che contiene l’opera omnia di Abdulah Sidran col titolo “Romanzo balcanico” (Aliberti editore). Sidran è nato nel 1944 a Sarajevo, è un poeta e uno scrittore, in prosa e per il teatro. E’ lo sceneggiatore di film come “Papà in viaggio di affari” e “Ti ricordi di Dolly Bell?”. Durante la guerra Kusturica lasciò Sarajevo per luoghi più felici e fedi più protette, e perfino per la Belgrado che lo premiò con la direzione di un festival. Sidran, e altri come lui, restarono, difesero quello che si poteva difendere, a cominciare dalla memoria, bevvero per riscaldarsi e presero nota di come si comportano gli umani e le loro città quando il mondo finisce. Il libro è un monumento a Sidran e al paese che ha amato e rimpianto e custodito, frutto di anni di lavoro del suo amico e curatore italiano Piero Del Giudice. Vi hanno collaborato decine di scrittori e fotografi e storici e traduttori e compagni di viaggio, ricucendo attorno ai testi di Sidran la trama strappata della storia della Jugoslavia, fino ai nostri giorni e alla sua lunga notte. E’ allegro e amaro, ed è formidabile. Viene da dire che un lavoro così presuppone una gran fiducia fatta al futuro. Forse. Senz’altro è prova di un intelligente e resistente amore per il passato. “Dev’essere che qualcosa di grosso e importante e bello in quell’idea ci sia stato. E tutta questa cazzata della Jugoslavia dev’essere stata senz’altro una cosa buona. Ma chi allora siamo Noi, che cosa siamo allora accidenti questi Noi, tartarughe, rane, maiali o mascalzoni. Se le cose sono così come evidentemente sono, per il mondo intero forse sarebbe meglio che noi semplicemente non ci fossimo. Così anche noi finalmente potremmo tirare un sospiro di sollievo”.
Il Foglio
Tag:adriano sofri, piccola posta
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dicembre 31, 2009
Fassino: silenzio reticente della classe politica al suo discorso alla Camera
FABIO MARTINI
ROMA
Piero Fassino che da giovane dirigente del Pci, non criminalizzò mai il Psi di Craxi, ora può sobriamente citarsi: «Sette anni fa, in un libro che in alcuni passaggi sembrò eretico, provai ad uscire dagli opposti manicheismi nei confronti di Craxi. Continuo a pensare che dipingerlo come un criminale sia una caricatura sciocca e inaccettabile. Così come descriverlo come la vittima di una congiura».
In Craxi ci sono i prodromi di Berlusconi o restò un uomo di sinistra?
«Non ci sono dubbi. Craxi è stato un politico della sinistra, nel solco della storia del socialismo riformista. Ha rivitalizzato il Psi, ha intuito prima di altri quanto l’Italia avesse bisogno di una modernizzazione economica ed istituzionale, su questo sfidò due grandi forze come la Dc e il Pci ed avvertendo il rischio di non farcela, non sfuggì alla tentazione di un alleanza con i poteri forti, come la P2 di Gelli, terreno sul quale è maturata la degenerazione e la corruzione». (more…)
Tag:bettino craxi, piero fassino
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dicembre 31, 2009
AVRAHAM B. YEHOSHUA |
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Nelle ultime settimane i rabbini appartenenti alla corrente religiosa nazionalista, e soprattutto quelli a capo delle colonie e delle accademie talmudiche della Giudea e della Samaria (i territori occupati palestinesi), si sono schierati in prima linea nell’opposizione alla decisione del governo israeliano di congelare le colonie per dieci mesi.
Alcuni di loro hanno diramato appelli ai soldati, ex studenti delle accademie talmudiche, perché rifiutino di eseguire l’eventuale ordine di evacuare gli insediamenti, sfidando così le decisioni del governo relative alla possibilità di riprendere il negoziato di pace con i palestinesi in vista di una creazione di un loro Stato. Tra i rabbini stessi, apparsi di frequente sugli schermi televisivi sia in gruppo sia singolarmente, vi sono dissensi sul modo di esprimere la loro protesta e quella dei loro allievi. Ma sia gli estremisti che i moderati sono uniti nell’impegno religioso di mantenere la sovranità ebraica su tutto il territorio dell’Israele biblico. (more…) |
Tag:israele, rabbini, territori occupati
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dicembre 30, 2009
L’ultima volta che Radovan Karadzic aveva parlato con i media serbi, la Bosnia era ancora in fiamme, mentre tragicamente calava il sipario sull’ultimo grande conflitto in terra d’Europa.
Dopo quasi quindici anni, l’ex leader della Repubblica Srpska ha affrontato con il quotidiano di Belgrado Vecernje Novosti gli anni della guerra e il controverso accordo verbale secondo cui l’allora inviato speciale Usa Richard Holbrooke gli avrebbe garantito l’immunità se avesse accettato di lasciare la vita pubblica sparendo dalla scena politica. Mentre Holbrooke, però, ha sempre negato l’esistenza di un tale accordo, Karadzic sostiene che la proposta venne fatta in presenza di almeno una decina di testimoni.
‘Holbrooke sa che non sono un criminale’. Il quotidiano di Belgrado non ha specificato se l’intervista è avvenuta per telefono, attraverso uno scambio epistolare o se un inviato della testata si sia recato fisicamente nella cella del Tribunale dell’Aja dove Karadzic si trova dal luglio del 2008, in seguito alla sua cattura avvenuta a Belgrado. L’ex leader serbo bosniaco, che deve rispondere di 11 capi d’accusa tra cui due di genocidio, quando fu arrestato nella capitale serba si faceva chiamare Dragan Dabic e aveva fatto crescere una lunga barba bianca per meglio nascondere i lineamenti del suo volto. Stando alle sue parole, non avrebbe goduto di una rete di protezione che lo nascondesse dagli investigatori: “Il miglior nascondiglio – dice Karadzic – è stato l’essersi comportato da cittadino esemplare”. Perché, a quanto pare, in 13 anni nessun ufficiale gli avrebbe mai chiesto le generalità. Andando nel merito degli anni della guerra, Karadzic difende il suo operato, dicendosi convinto che lo stesso Holbrooke non lo ha mai considerato un criminale: “Altrimenti non avrebbe mai accettato di trattare con noi in maniera così profonda e rispettosa”. (more…)
Tag:radovan karadzic
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dicembre 30, 2009
di Luca Kocci, da adistaonline.it
“Non si intende disconoscere lo sforzo compiuto dalle istituzioni ecclesiastiche o da singoli cattolici per sottrarre, con tutti rischi del caso, moltissimi ebrei ad una barbarica persecuzione, offrendo una via di scampo a chi probabilmente era destinato alla morte. Ma va affermato con altrettanta chiarezza, senza con questo voler dare un giudizio morale che non è compito dello storico, che non ci fu alcun intervento pubblico di Pio XII contro la Shoah”. Daniele Menozzi, docente di Storia contemporanea alla Scuola normale superiore di Pisa ed in particolare esperto del papato del ‘900, spiega ad Adista i rapporti fra papa Pacelli e le dittature nazi-fasciste e dà un’interpretazione delle beatificazioni, realizzate o solo annunciate, dei pontefici dell’ultimo secolo.
I “silenzi” di Pio XII sulla Shoah sono presunti o reali? Cosa dice la ricerca storica?
Pio XII è intervenuto solo a livello diplomatico, facendo presente al governo di Hitler che la Santa Sede non condivideva le persecuzioni contro gli ebrei, ma non ha mai assunto una posizione pubblica di condanna durante la guerra. Nel magistero pontificio del periodo bellico la parola “ebreo” non viene mai usata. Pio XII la pronuncerà solo molti anni dopo, a guerra finita, per dire che non si poteva fare nulla di più di quello che è stato fatto, in una sorta di autoassoluzione. Non è esatto affermare, come alcuni fanno, che fu l’opera teatrale di Rolf Hochhuth, Il Vicario, a dare inizio alla “leggenda nera” circa i silenzi del papa: di questi silenzi si aveva la consapevolezza, anche in Vaticano, già a partire dal periodo bellico. Faccio due esempi: c’è una testimonianza di Angelo Roncalli, futuro Giovanni XXIII, che nei suoi Diari, scrive: “Papa Pacelli mi chiede che impressione facciano i suoi silenzi”. Inoltre, negli anni ‘50, quando vengono ripubblicati i discorsi di Pio XII, l’allocuzione tenuta al Sacro Collegio nel dicembre 1940 subisce una significativa modificazione: il termine “non ariani” presente nel testo originale viene sostituito con l’espressione “di stirpe ebraica”. Non mi pare solo la manifestazione della volontà di eliminare una testimonianza di acquiescenza al linguaggio del razzismo fascista dell’epoca, ma l’espressione della consapevolezza di un “silenzio” cui si voleva retrospettivamente rimediare. (more…)
Tag:beatificazione, dittature nazifasciste, pio xii
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dicembre 30, 2009
di Gaetano Vallini
“Dimenticati dalla patria siamo un gregge senza nome”, annotava nel suo diario Guido Baglioni, prigioniero nel campo di Deblin-Irena, nella Polonia occupata. Quella dei militari italiani deportati dai nazisti dopo l’8 settembre 1943 è una storia ancora poco conosciuta dal grande pubblico. Ignorati allora da una patria divisa in due, e per decenni anche in seguito da una nazione che voleva rinascere in fretta senza i fantasmi del passato, i soldati del Regio esercito finiti nei lager sono diventati oggetto di ricerca storiografica approfondita solo di recente. Eppure non si tratta di una vicenda minore, visto che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone e le loro famiglie. Dopo l’armistizio, infatti, i militari italiani disarmati dai tedeschi vennero posti di fronte a una scelta: continuare la guerra sotto le insegne nazifasciste o essere deportati nei campi di prigionia. La maggior parte – si calcola circa 650.000, tra i quali 30.000 ufficiali, di cui 200 generali – decisero di non aderire alla Repubblica di Salò, rifiutandosi di combattere al fianco delle truppe tedesche. (more…)
Tag:badoglien, lager nazisti
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dicembre 30, 2009
Dà fuoco alle polveri ma non brucia. Solleva polvere ma non inquina. Un po’ come quelle avvertenze che si leggono sui prodotti a rischio, le battute su Renata Polverini si sprecano.
Anche se gliele fanno, però, come accadeva fin dall’asilo, rigorosamente dietro le spalle.
Primo: perché lei appena si gira, sempre che le vada di voltarsi e di salutare prima di congedarsi, mette a posto tutti con uno sguardo. O con uno dei suoi sorrisi (che poi sono dello stesso genere dello sguardo). Secondo: perché lei adesso, anche se nonsisabeneperché (o forse lo si sa fin troppo bene) è una che conta. Forse non conterà troppi iscritti nel suo sindacato, l’Ugl (su questo punto torneremo fra poco), ma conta dove, dati i tempi che corrono, importa contare. Cioè nei salotti televisivi buoni che hanno sostituito le sale da tea di una volta. Nelle feste comandate, intendendo per tali non Natale e Pasqua, ma quelle che si danno tra piazza Navona e piazza Affari. Ai tavoli di consultazione e davanti a una telecamera con vista. Insomma lei, la nuova Renata d’Italia, c’è. Sempre. Ed è una sicurezza. Perché rappresenta un po’ la pasticceria finissima. Ovvero la sicurezza di un tempo, nei salotti buoni di un tempo. Quarantasette anni compiuti il 14 maggio, figlia di una delegata della Cisnal da cui ha appreso, fin da giovanissima, la passione e l’impegno per il sindacato, si è ritrovata a guidare, prima donna in Italia a ricoprire tale incarico, a 44 anni, l’Ugl. Acronimo che nulla a che vedere con la gioventù del littorio (pur essendo l’organizzazione sindacale della nuova destra), ma che sta per Unione generale del lavoro. (more…)
Tag:renata polverini
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dicembre 30, 2009
Intervista a Giuliano Amato
«Non l’ho certo scoperto ora, ma ai tempi in cui ero al governo… La politica italiana si genuflette la domenica davanti alle icone della cultura, ma si guarda bene dall’impegnare se stessa e le risorse per qualcosa che, ai suoi occhi, elettoralmente non significa granché perché non influenza i grandi numeri come facevano il sindacato e i partiti organizzati. La cultura, insomma, agli occhi del potere è meritevole di salamelecchi a non finire. Ma, tutto sommato, è ritenuta marginale».
Giuliano Amato è da dieci mesi alla presidenza dell’Enciclopedia italiana e traccia, nel suo meraviglioso studio nel cinquecentesco palazzo Mattei Paganica, un primo bilancio di un’esperienza che «è una via di mezzo tra una favola e una storia piena di ansie». Vedremo perché. Ma intanto, presidente, cosa dovrebbe fare la politica per la cultura italiana? «La cultura certo non dev’essere “assistita”, ma deve zampillare autonomamente, soprattutto nelle realtà locali. Per la mia generazione il Minculpop è sigla che ha tuttora un brutto significato… Ma lo Stato dovrebbe assicurare una quota essenziale di denaro pubblico per mantenere dignitosamente il patrimonio culturale di cui è costituzionalmente titolare: biblioteche pubbliche e universitarie, musei, quei teatri rimasti di sua proprietà». Infine, circa il capitolo politica, Amato chiude un conto personale: «Quando si polemizzò sul Dizionario biografico gli interventi della politica furono sgraziati, maldestri, disinformati, perciò caduti nel dimenticatoio senza conseguenze. Ricordo un’interrogazione parlamentare fondata sul principio che la cultura non tollera le ragioni del profitto. Trovai l’argomento particolarmente pertinente». (more…)
Tag:giuliano amato, treccani
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dicembre 29, 2009
di Paolo Mieli
È noto che ci fu un’epoca che durò alcuni secoli, quelli precedenti e quelli immediatamente successivi all’anno Mille, in cui i rapporti tra ebrei e musulmani furono assai diversi (e migliori) degli attuali. Un’epoca approfondita poco meno di una trentina di anni fa da un fondamentale studio di Bernard Lewis in un libro, Gli ebrei nel mondo islamico, che la Sansoni ha ripubblicato nel 2003 con un acuto saggio introduttivo di Fiamma Nirenstein. Lewis faceva riferimento a un campo aperto nel 1833 da Abraham Geiger con un volume dal titolo Che cosa ha accolto Maometto dall’Ebraismo? in cui si attirava l’attenzione del lettore sulla presenza di elementi biblici e rabbinici nei primi testi islamici «con l’ovvia implicazione che, per dirla con semplicità, si trattava di prestiti ebraici all’Islam». A quella lunga stagione si richiamano coloro che sostengono la non irreversibilità delle tensioni di oggi e appare significativo che adesso gli storici tornino sull’argomento per cercare di approfondirlo e trarne qualche, più o meno implicita, lezione. È il caso di Michael Brenner, docente di Storia e cultura ebraica all’Università di Monaco, di cui Donzelli manda in libreria, nella pregevole traduzione di Paolo Scopini, la versione italiana della Breve storia degli ebrei che, al suo apparire nel 2008, ha conosciuto grande fortuna in Germania. Perché questo interesse per la vicenda del popolo del Vecchio Testamento? Osserva Brenner che la Bibbia ebraica è il libro di maggior successo ma anche il più influente della letteratura mondiale e che la storia della sua fortuna è tanto più stupefacente se consideriamo che non fu scritta da uno dei popoli più importanti dell’antichità come gli egizi, gli assiri, i persiani o i babilonesi, bensì «da una nazione piccola, che nel corso della sua storia fu dominata da tutti i popoli citati». Una considerazione legislazione ostile agli ebrei». Inoltre gli ebrei nei confronti delle autorità islamiche «disponevano fin dall’inizio di riconosciute autorità spirituali centrali nel quadro di un’autoamministrazione sovraordinata alle singole comunità (gli esilarchi babilonesi e i gheonim, capi delle scuole superiori, autorità corrispondenti anche in Egitto e in Spagna), mentre nell’Europa cristiana le autonome comunità ebraiche vivevano fin dall’antichità l’una accanto all’altra e non erano rappresentate da nessuna autorità sovraregionale». (more…)
Tag:ebraismo, islam
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dicembre 29, 2009

La fine del 2009 ha visto un susseguirsi di attacchi contro media e dissidenti del regime del presidente Kurmanbek Bakiev. Ultimo caso, martedì scorso quello del giornalista
Gennady Pavljuk, morto in un ospedale di Alma-Ata dopo una settimana di coma. Pavljuk aveva lavorato per le edizioni kirghize delle muscovite
Komsomolskaya Pravda ed
Argumenty i fakty. Il 16 dicembre è stato scaraventato, mani e piedi legati, da un appartamento al sesto piano. Lo stesso giorno a Biškek, il reporter dell’agenzia russa
BaltInfo news,
Aleksandr Evgrafov è stato assalito da due uomini in uniforme. Gli aggressori erano latori di un chiaro messaggio: “non scrivere brutte cose” sul Kyrgyzstan. Ancora una settimana prima, quattro sconosciuti hanno picchiato e derubato nelle scale della propria abitazione il professor
Aleksandr Knyazev a Biškek
. Abbandonando la scena uno degli assalitori ha gridato “questo è per la tua politica!”. Knyazev è una figura molto conosciuta di commentatore politico che ha spesso criticato la politica estera dell’attuale governo. Lo stesso giorno,
Bolot Zhanuzakov, già a capo del Consiglio nazionale di Sicurezza ai tempi del predecessore di Bakiev, Askar Akaev, è stato ricoverato in seguito ad un’aggressione.
(more…)
Tag:giornalisti, kyrgyzstan, media
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dicembre 29, 2009
La fortuna dell’Unità è avere uno scrittore fuori linea che non vede complotti ovunque
Nella rubrica a pagina tre dell’Unità Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore, appassionato di politica ma solo come osservatore e votante, scrisse a proposito di sinistra e antiberlusconismo: “Siamo costretti a stare sempre insieme con forcaioli, violenti, reazionari, comici diventati messia, gente che starà bene soltanto quando vedrà tutti in galera, altri che fanno una satira di serie C e altri ancora che mandano mail a tutto il mondo con barzellette su Berlusconi o sull’altezza di Brunetta”. Piccolo dice al Foglio che la sinistra, nell’eterna lotta a Berlusconi, ha commesso negli anni due errori gravi: “La derisione, che fa in modo che non si prendano seriamente Berlusconi e molti suoi ministri, e impedisce una reale opposizione politica, anzi abbassa il livello perché ci si appaga con le barzellette. E la somiglianza forzata, lo stare insieme con gente che hai sempre sentito lontana”. Insomma: uniti anche se non ci si piace granché, rassegnati all’ammucchiata per giusta causa. (more…)
Tag:francesco piccolo, l'unità
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dicembre 29, 2009
Nazista e squadrista, nel ’38 favorì la fuga a Londra del professore ebreo padre della psicoanalisi
MARIO BAUDINO
Il dottor Anton Sauerwald non era ignoto ai cultori di Sigmund Freud, almeno da quando sono stati pubblicati in Inghilterra, all’inizio degli anni 90, i diari e gli appunti privati stesi dal padre della psicoanalisi negli ultimi anni, fino alla morte avvenuta a Londra nel settembre del ‘39. Ma era una figura molto controversa. Un nazista, medico e squadrista, uno con il grilletto facile e forse, come scrisse Max Schur, il medico curante di Freud, anche un nazista affetto da senso di colpa. Dopo l’irruzione delle truppe tedesche in Austria, era diventato il custode e il liquidatore della «Società psicoanalitica», il quartier generale del verbo freudiano a Vienna. Finita la guerra fu processato, e Anna Freud testimoniò in suo favore. Poi calò il sipario, e il dubbio restò: era stato un angelo o un diavolo custode?
Ora, dall’Inghilterra, arriva la risposta di uno storico, che ha pubblicato uno studio assai particolareggiato su quei giorni. In The escape of Sigmund Freud (La fuga di Sigmund Freud) David Cohen ricostruisce ora per ora il momento più drammatico del piccolo clan viennese, dando ampio risalto alla figura di Sauerwald. Con ottimi motivi: il personaggio è piuttosto interessante. Nazista della prima ora, aveva studiato medicina, legge e chimica, e all’Università di Vienna era stato allievo di un docente, Josef Herzig, molto legato a Freud. Il suo compito, nel ‘38, era semplice: doveva sovraintendere al passaggio della Società psicoanalitica in un nuovo istituto centrale voluto dal nazismo, escludendone naturalmente tutti i membri ebrei; e doveva anche occuparsi dei beni dei Freud, ormai notevoli dato il successo della psicoanalisi, che in base alle leggi naziste erano considerati illecitamente acquisiti. (more…)
Tag:anton sauerwald, sigmund freud
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dicembre 28, 2009
L’immigrazione irregolare, per sua stessa natura, sfugge ai tentativi di misura e rilevazione. Tuttavia, esistono banche dati che permettono di analizzare alcuni aspetti del fenomeno. Per esempio i dati del Naga descrivono l’inserimento di persone senza permesso di soggiorno nel mercato del lavoro milanese e lombardo. E ne evidenziano gli alti livelli di istruzione, con tassi di occupazione e di partecipazione superiori a quelli lombardi. Nonostante le difficoltà della loro permanenza in Italia, sono una forza lavoro decisa e dinamica. Ma quali prospettive hanno?
L’immigrazione irregolare è uno dei temi “caldi” del dibattito mediatico e politico in Italia. Il fenomeno, per sua stessa natura, tende a sfuggire ai tentativi di misura e rilevazione. Il che permette al dibattito e alle decisioni politiche di avere luogo senza alcun legame con un’analisi rigorosa dei fatti, e di fondarsi, invece, su indebite generalizzazioni, evidenza aneddotica e pregiudizi. Se è vero che le fonti di informazione sull’immigrazione irregolare non abbondano, molti suoi aspetti possono tuttavia essere conosciuti e analizzati. Basta sapere, e volere, cercare. (1)
LA BANCA DATI NAGA
Il Naga è un’associazione milanese che dal 1987 offre supporto legale e sanitario agli immigrati non in regola col permesso di soggiorno. (2) Nel solo 2008 ha raccolto informazioni socio-demografiche su quasi 4.400 immigrati che si sono rivolti per la prima volta all’associazione per ricevere assistenza sanitaria. Si tratta di una banca dati unica e particolare, che presenta evidenti questioni di selezione e rappresentatività del campione. Ciononostante, la sua analisi permette di approfondire importanti aspetti dell’immigrazione irregolare. Per esempio, i dati Naga descrivono dettagliatamente l’inserimento nel mercato del lavoro milanese e lombardo degli immigrati clandestini. (more…)
Tag:clandestini, lavoro, lombardia, milano
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dicembre 28, 2009
Il candidato Emiliano ammette: “Divisi perderemo”
Nichi Vendola è candidato. Michele Emiliano, il sindaco di Bari, ieri ha sciolto tutte le riserve possibili: è in campo per la presidenza della Regione Puglia. Michele contro Nichi, la sinistra spaccata, la Primavera pugliese nel cestino.
Sindaco Emiliano, in Puglia il centrosinistra si avvia allegramente verso il suicidio?
Certo, se uno si sveglia una mattina e dice io sono candidato comunque, a prescindere dalle decisioni dei partiti che lo devono sostenere, incurante dei sondaggi che lo danno sconfitto, è chiaro che si va verso il suicidio politico.
Quell’uno è Nichi Vendola?
Chi se no? È lui che con un un atteggiamento da kamikaze dice a tutti i partiti della nuova coalizione che vogliamo costruire o mi seguite oppure c’è il baratro. Così non va, questa non è politica. Io ho deciso di prendermi le mie responsabilità proprio per fermare i kamikaze. Sia chiaro: il Pd pugliese non può consegnare il proprio futuro politico nelle mani di Vendola. Siamo determinati, bisogna smetterla di farsi ricattare. (more…)
Tag:michele emiliano, nichi vendola, puglia elezioni
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dicembre 28, 2009
Perfino la bomba. Una stupida bomba anarchica, fortunatamente non esplosa, all’Università Bocconi. E un clima che volge al peggio. Con un premier sporcato dal sangue, un matto in mezzo e l’Italia che ancora una volta si divide: i “cattivi ” al potere e i “buoni” nella malinconia narcisistaPanorama incontra un Roberto Saviano sinceramente scosso di averle tutte le ragioni per raddrizzare le gambe ai cani, ma di non poterlo fare. per tutto quello che accade in questo finale d’anno intinto nell’odio.
La responsabilità della parola è forte: la sua lo è per la diffusione che ha raggiunto. E questa conversazione con l’autore di Gomorra fa seguito a un’intervista di Panorama a Roberto Maroni, il ministro dell’Interno che ha fatto quartiere a Caserta, giusto per imporre la presenza dello Stato in quella che fino a ieri era terra di nessuno. O ancora oggi?
La parola a Saviano.
Maroni ha fatto la sua recensione a Gomorra nel modo più lusinghiero: scatenando il fuoco contro la camorra. Cos’altro resta da fare per far sì che il suo libro diventi inattuale?
Maroni ha il merito di avere iniziato un’azione indubbiamente più forte di quanto sia stato fatto in precedenza. E sul fronte antimafia è uno dei migliori ministri degli Interni di sempre. Mi riferisco in primo luogo al Casertano, finora quasi ignorato dall’intervento statale centrale. Dico però che è solo l’inizio, perché nel Casertano c’è ancora molto da fare. I due latitanti più importanti sono ancora liberi, Michele Zagaria e Antonio Iovine; aziende legate alle organizzazioni continuano a fare affari; il ciclo del cemento e dei rifiuti è ancora nelle loro mani. Basta parlare con i responsabili della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, e non solo. Il lavoro di Maroni è stato ed è fondamentale, però non pensiamo neanche lontanamente che si sia sconfitta la camorra. È un inizio, insomma, ma non basta. Il problema è un altro. Questo governo agisce, e spesso con successo, soprattutto a livello di ordine pubblico. In primo luogo con gli arresti. Potere mostrare i camorristi e i mafiosi arrestati diviene prova dell’efficacia della lotta alla mafia. Ma questo governo non ha approntato strumenti per colpire il punto nevralgico delle organizzazioni criminali: la loro forza economica. (more…)
Tag:roberto saviano
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dicembre 28, 2009
Piazza Duomo, Duomo, Duomo fasullo, Duomo statuetta, d’uomo, altezza d’uomo. Blob ha giocato molto su questi slittamenti di senso «perché è un’immagine che condensauninsieme di senso impressionante».
Ma ora il corpo del capo ferito si manifesta, un po’ metafisicamente, con la voce...
«Nella voce sola c’è unaintensità molto più potente. Il rapporto interamente vocale, non dico sia automaticamenteingannevole, maè di pervasività prodigiosa. L’immagine ha un grande potenziale di seduzione ma, al tempo stesso è più facile accorgersi di essa. Mentre la parola senza immagine è meno facile da ricostruire e da smontare, da parte nostra come spettatori ». (straordinaria, e verificabile in questi giorni anche in tv, la dimostrazione chapliniana del rapporto totalmente ambiguo tra corpo voce massa immagine individuo nel Grande Dittatore).
C’è anche un buon rapporto fra Berlusconi e il direttore del Tg1…
«Questi elementi sovrapolitici o sottopolitici, nel senso di sovrastrutturali o di sottospecie politica, sono i meno interessanti perché si riconoscono subito. Più curioso e avvitato, da sempre, il manifestarsi del fortissimo potenziale seduttivo radiofonico annunciato e trasmesso in tv, senza prova visiva della situazione ma neanche del possibile inganno. Sentire le voci è sempre un sentire, può essere malattia, schizofrenia,masenti. Le visioni sono friabili, di ordine più raro». (more…)
Tag:enrico ghezzi, silvio berlusconi
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dicembre 28, 2009
La palma dell’avvoltoio ai due fondi inglesi che hanno chiamato in giudizio la Liberia, l’oscar a Erika B., bancaria dei poveri. Le pagelle del secondo anno terribile.
di Vincenzo Comito, da sbilanciamoci.info
E’ tempo di bilanci anche per il settore finanziario, che, durante il 2009, come già durante l’anno precedente, non è stato certo avaro di novità molto importanti, anche se nell’insieme piuttosto sgradevoli. In questo breve scritto vogliamo prendere in considerazione e idealmente premiare e punire quelle persone e quelle istituzioni che hanno maggiormente contribuito, nel bene e nel male, a farne un anno per così dire “emozionante”.
Distingueremo i grandi eventi da quelli più modesti, compilando quindi due distinte classifiche di merito.
Partiamo dagli accadimenti di portata ridotta, anche se comunque significativi. Ci sembra che la palma per l’istituzione più cattiva del mondo abbia trovato nell’anno per lo meno un serio contendente nella figura di due fondi avvoltoio anglosassoni, Hamsah Investments e Wall Capital. Bisogna ricordare, a questo proposito, che tale tipo di operatori finanziari acquista a basso prezzo sui mercati finanziari internazionali qualche tranche di debito dei paesi poveri in difficoltà finanziaria e poi cerca in tutti i modi di incassare le somme dovute, guadagnandoci sopra. I due fondi sono registrati, come quasi tutte le istituzioni di questa categoria, in qualche paradiso fiscale e quindi non è possibile sapere alcunché di significativo sul loro conto. (more…)
Tag:finanza mondiale
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dicembre 28, 2009
Come a rafforzare il concetto di primigenio radicamento e conseguente pieno diritto ad abitare questa terra, alcuni cristiani caldei d’Iraq sostengono che gli artefici del primo, importante esperimento di melting pot, inevitabilmente foriero di problemi geopolitici, siano stati proprio gli Assiro-Caldei, antichi abitanti dell’Iraq, quando deportarono a Babilonia in massa gli ebrei (597-587 a.C), costringendoli all’esilio e all’assimilazione di usi e tradizioni religiose, ma anche favorendo contaminazioni in entrambe le direzioni. La questione investe i campi teologico, spirituale, storico, archeologico e, ovviamente, non la si vuole affrontare in questa sede.
Di certo vi è che fede, identità, geografia e politica si avvolgono inestricabilmente in Iraq e la questione dell’appartenenza a un popolo diventa terribilmente complessa. Nel caso dei cristiani, in cerca di una legittimazione etnica come quelle concesse a Curdi, Sunniti, Sciiti, Yazidi, Turcomanni e Armeni, ma anche territoriale, la situazione, se possibile, si aggroviglia ulteriormente.
Con il regime di Saddam Hussein i cristiani avevano imparato a convivere, protetti anche dalla pesante presenza di Tareq Aziz, cristiano caldeo, al governo. L’arrivo degli americani a Baghdad e la fine della dittatura sono coincisi con l’inizio di un incubo per i seguaci di Gesù, piombati nel baratro della persecuzione. Eserciti locali o bande al libro paga di gruppi sunniti o sciiti imperversano, come è noto, su tutto il territorio iracheno. Molti di questi rivolgono la propria criminale attenzione in special modo ai cristiani. Dal 1 agosto 2004, – prima bomba anti-cristiana contro la chiesa di Sant’Elia a Baghdad – al novembre scorso – uccisione del sedicenne armeno Rami Khatchik e distruzione della chiesa di Sant’Efraim a Mosul – una serie micidiale di attentati si sono succeduti in molte città e villaggi, portando il computo dei morti a oltre i 1.200, per tacere dei feriti, i rapimenti, gli allontanamenti forzati, estorsioni e minacce di ogni tipo. (more…)
Tag:cristiani, iraq
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dicembre 28, 2009

Mezzo secolo è trascorso senza Albert Camus, senza i suoi giudizi pungenti, provocatori e stimolanti, che ci pungolano e ci pungono sul vivo. In tutto questo tempo il corpus di libri, articoli e tesi dedicati all’autore di
L’Etranger,
La Peste,
La Chute e
Le Premier Homme non ha smesso di lievitare.
Questia, la «biblioteca on line di libri e periodici» più consultata dai docenti universitari, il 1° ottobre 2009 elencava 3171 titoli, tra cui 2528 libri dedicati al suo pensiero e al posto che occupa nella storia delle idee; Google Books, sito web ancora più popolare, ne contava 9953. La maggior parte degli autori finisce per porsi la stessa domanda: quale sarebbe stata la posizione di Camus di fronte al mondo – il nostro – che si è instaurato dopo la sua morte prematura? Quali sarebbero stati i suoi giudizi, i consigli, le intimazioni che non ha avuto il tempo di offrirci e che ci mancano così ferocemente?
Una sola domanda, tante risposte: tante risposte diverse… Non c’è da meravigliarsi. Camus diceva: «Tutta l’arte di Kafka sta nell’obbligare il lettore a rileggere». Perché? Perché le sue rivelazioni, o l’assenza di rivelazioni, suggeriscono spiegazioni, ma «che non vengono rivelate chiaramente» e che, per essere chiarite, richiedono che la storia sia riletta «da una nuova angolazione».
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Tag:albert camus
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dicembre 28, 2009
Pensano perché sono un pensatoio, sparano perché sono un think tank, fanno o vorrebbero fare il futuro perché sono quelli di Farefuturo. Macinano idee, triturano ideologie, piantano i paletti culturali e politici dell’indefinito e indefinibile recinto della destra. La fondazione voluta da Gianfranco Fini con l’obiettivo dichiarato di «ripensare il centrodestra in prospettiva europea», è un animale dall’immenso prurito che ogni giorno si danna per grattare via le ultime crosticine di autoritarismo e rendersi autorevole. Qualche volta ci riescono, qualche volta no, ma sempre e comunque riescono a fa parlare di sé. Parafrasando Jovanotti, che crede in una grande chiesa che passa da «Che Guevara, Madre Teresa, Malcolm X, Gandhi e San Patrignano», i Fini-boys scartano miti, adottano modelli, abbracciano eroi e riciclano idoli. E così, jovanottianamente, esaltano Lady Oscar e smorzano i Pokemon; demoliscono «Natale a Beverly Hills» e candidano al Nobel il web; glorificano Balotelli e strapazzano Amauri; magnificano Fabio Fazio e Roberto Saviano e s’inebriano per le bracciate stile libero di Federica Pellegrini e le sbroccate stile-zero di Ferdi Berisa, concorrente del Grande fratello 9. Mettici un po’ di politicamente corretto, di neo terzomondismo, di individualismo chic e di modernismo hi-tech e la marmellata è pronta. (more…)
Tag:farefuturo
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dicembre 28, 2009
Un ex seminarista di Qom diventato scrittore in America ci spiega perché Khamenei vede nero
C’è un detto che dal ’79 cattura la doppia morale degli iraniani. “Prima della rivoluzione si beveva in pubblico e si pregava in privato, ora preghiamo in pubblico e beviamo in privato”. Da sei mesi a questa parte le regole sono saltate. In Iran si urla quello che prima si sussurrava. I bassiji seguitano a usare i manganelli, moltiplicano le contromanifestazioni, inaugurano presidi nelle scuole, ma i contestatori non si arrendono, sovvertono le ricorrenze del regime e gridano “mercenari”, mentre stivali lucidi li pestano in una nebbia di lacrimogeni. Non ci sono molti dati razionali a cui aggrapparsi.
I prossimi due mesi Moharram e Sahar, sono centrali nel calendario sciita e offriranno ai ribelli suggestioni, luoghi e date che di per sé evocano la rivolta. La morte del grande ayatollah Montazeri caricherà questi giorni speciali di ulteriori significati, anche se la protesta resta frammentata, Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi sono leader accidentali, l’apparato di sicurezza è poderoso e la copertura internazionale tiepida. Eppure qualcosa di impalpabile sta cambiando, l’asticella del politicamente corretto continua a scivolare in avanti. “I bastioni del regime stanno tremando”, titola perentorio l’Economist. (more…)
Tag:iran, khamenei
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dicembre 27, 2009
E’ morto trent’anni fa, ignorato dal regime russo. Ma tutti sapevano che avrebbe vinto lui
Nessun giornale sovietico aveva dato la notizia della morte, avvenuta nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1980, di Vladimir Vysockij, attore del teatro Taganka, cantautore, noto ubriacone. Era uscita solo una riga, quasi invisibile, su un giornale della sera, Vecernaja Moskva. E anche radio e tv, ovviamente, zitte: il defunto non era un esempio di virtù socialista. Eppure due giorni dopo, in una Mosca resa irreale dalle Olimpiadi (il governo aveva espulso tutti i non residenti, tutti i pendolari, tutti gli “elementi antisociali”), una folla immensa di centomila persone si mise in fila, una fila di nove chilometri, per rendere l’estremo omaggio all’uomo che era entrato nel cuore di un paese intero. Fu la più grande manifestazione spontanea di tutta la storia dell’Urss. Ancora oggi, a ormai trent’anni da quel giorno, il fenomeno Vysockij continua a destare curiosità e passioni senza precedenti, di cui sono segno tangibile la sterminata bibliografia, le molte trasmissioni televisive a lui dedicate, le rivelazioni giornalistiche, le testimonianze di chi lo ha conosciuto e quei fiori sempre freschi che adornano la sua tomba al cimitero Vagankovskoe. Lo stesso Vladimir Putin, il 25 luglio del 2005, venticinquesimo anniversario della morte, ha voluto commemorarlo personalmente. E il 26 gennaio 2008, settantesimo della nascita, caso più unico che raro, Pervyj Kanal, la rete più popolare della televisione russa, gli ha dedicato la programmazione dell’intera giornata, dalle prime ore del mattino fino a notte inoltrata. (more…)
Tag:vladimir vysockij
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dicembre 27, 2009
Per la sua imponenza fisica e per i suoi modi (“Dico sempre quello che penso e penso sempre quello che dico”) Galtier aveva amici fedeli e fedelissimi nemici. Gli intellettuali dei salotti e delle case editrici non apprezzavano i suoi comportamenti rabelaisiani, le cene ricorrenti, soprattutto in un famoso ristorante sul canale della Villette, a base di generose porzioni di carne fornite dai vicini mattatoi, dei migliori bordeaux e di storielle, battute e canzoni satiriche in coro. Dopo cena, tutti in balera a Belleville. Era la buona vita e il buon pensiero in quanto contrapposti alla vita e al pensiero cosiddetti perbene. Tra i numeri speciali non potevano mancare titoli dedicati, “La bonne vie” nel settembre del 1925, “Le bien-manger” a dicembre. Non potevano mancare numeri speciali sulle manie del bel mondo, come quello intitolato “Deauville” dedicato alla spiaggia in Normandia, in quegli anni di gran moda. Ma gli speciali erano dedicati più spesso ai grandi avvenimenti artistici parigini che, nella prospettiva del Crapouillot, non erano le piccole mostre elitarie delle avanguardie, ma i grandi salon. Nessun giornale dedicò tanta attenzione critica (quattro speciali) alla Esposizione internazionale delle arti decorative del 1925, la manifestazione che diede il nome allo stile déco.
Come ogni Natale Galtier-Boissière offriva alla sua grande passione per i bei libri un “paradiso del bibliofilo”, un numero speciale, pubblicato anche in edizione di lusso, originale e limitata. Puntuale, un “Paradis des bibliophiles”, particolarmente lussuoso, uscì anche il Natale del 1930, ma il clima politico e sociale era cambiato. I testimoni hanno raccontato spesso dello sconvolgimento che la grande crisi portò nei modi della vita artistica e culturale parigina. Quasi da un giorno all’altro finirono le feste favolose offerte dagli artisti di Montparnasse e la città si velò d’ansia. Il numero di gennaio del 1931 andò in edicola con una copertina forte: una grande profilo di soldato tedesco era circondato come una carta da gioco da due svastiche alternate a due falce e martello. Il titolo in caratteri cubitali diceva semplicemente e minacciosamente: “Les Allemands”. Lo strillo annunciava un grande reportage. Galtier-Boissière e Bernard Zimmer vi raccontavano la vita agitata di Berlino. Se ne vendettero più di cinquantamila copie. In novembre, sulla falsariga, uscì “Les Anglais”. L’ambasciatore britannico si adombrò, il numero fu sequestrato di fatto, senza che nessuna autorità si accollasse la responsabilità dell’iniziativa. A difendere Galtier-Boissière si mossero la Lega dei diritti dell’uomo e il Partito comunista. (more…)
Tag:francia, le crapouillot
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dicembre 27, 2009
Nel giro di due anni i disoccupati dell’area-Ocse sono quasi raddoppiati: nei trenta paesi più «sviluppati» del pianeta c’erano 32 milioni di persone senza lavoro alla fine del 2007, mentre oggi sono 57 milioni, una cifra mai raggiunta dopo il 1945. Come si affronta un’emergenza di questo genere? L’ideologia dominante fa ancora riferimento ai quadri elaborati dalla scienza economica, com’è noto, da Ricardo in poi, una «scienza triste»: questo sapere è ancora più triste da quando la reazione neoliberista e neomarginalista degli anni Settanta-Ottanta del secolo scorso ha definito una soglia «naturale» di disoccupazione nel capitalismo maturo. Sotto quella soglia non si può scendere, ma la soglia dovrebbe essere teoricamente bassa: la crescita della disoccupazione reale sarebbe dunque «innaturale» e andrebbe imputata alle «rigidità» del mercato del lavoro. Ne segue una ricetta ampiamente sperimentata, la flessibilizzazione del mercato del lavoro, che tuttavia genera un aumento dei lavori a basso redditto, precari, insicuri, caratteristiche che tendono a generalizzarsi all’insieme del mondo del lavoro, non senza pesanti conseguenze sociali e persino economiche. Infatti se si abbassa il reddito dei «poveri laboriosi», che restano pur sempre la maggioranza della popolazione, crolla la loro capacità di spesa e con essa i consumi e quindi la «domanda». (more…)
Tag:disoccupazione, lavoro, maria grazia meriggi
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dicembre 27, 2009
Amato e odiato, criticato e idolatrato, sempre in testa alle classifiche. Negarne il talento è opera di malafede. Ma nell’ultima fatica non funziona quasi niente. Più che un calvario esistenziale, ‘emmaus’ sembra il bignami del cattolicesimo visto dall’ottica di un ateo che ritiene i credenti poco più che giovani marmotte tonte – sembra poi che in ogni pagina l’autore ci dica: guardate quanto ce l’ho lungo…
Andrea Scanzi per www.lastampa.it/_
Parlare di Alessandro Baricco significa infognarsi. All’apparenza lo scrittore torinese non piace a nessuno. Gli esperti, i critici, i sapienti (soprattutto di sinistra), dicono che è uno scrittore finto: fumo e niente arrosto. Quindi vade retro. Quelli di destra, poi, non ne parliamo. Il Giornale, anche di recente, lo ha devastato. E Libero, con toni oggettivamente esilaranti, ne ha messo alla berlina l’atavica tendenza narcisa e autocelebrativa.
Nessuno il coraggio di dire, pubblicamente, che Baricco qualche dote ce l’ha. E che – vendite alla mano – piace a molti. Quindi, forse, non è poi così illeggibile (anche se la tendenza è ritenerlo poco più che un Moccia di sinistra).
E’ un po’ come quando c’era Craxi: lo votavano tutti, ma se ne fosse trovato uno col coraggio di dire che lo votava.
Baricco non è Craxi (ah sì?), ma il meccanismo è quello. Oltretutto lui ci mette del suo. Debordante di sé, uno e trino, uomo di teatro e regista, ubiquo e sentenziante. Ogni tanto scrive un editoriale su Repubblica, generando puntualmente un dibattito che finisce sempre così: il suo gineceo esala “Ooooh quanto sei fico e bravo”; di rimando, i detrattori rispondono di tornare a specchiarsi tra un boccolo o l’altro. (more…)
Tag:alessandro baricco
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dicembre 27, 2009
La (discutibile) analogia proposta da Luttwak
SILVIA RONCHEY
Supponiamo che la dirigenza strategica della maggiore potenza militare mondiale, dopo sette anni di iniziative belliche destinate a produrre esiti incresciosi, sia investita da un’ondata globale di discredito.
Supponiamo che un consulente strategico di questo governo, non necessariamente il più influente ma fra i più mediaticamente esposti e culturalmente duttili, pubblichi, per esorcizzare il danno, un saggio che sia insieme popolare e tale da incutere soggezione. Supponiamo che costui decida di parlare del presente attraverso il passato – tradizione consolidata tra i consulenti strategici, a partire da Machiavelli – e a questo scopo profonda una dottrina coltivata en amateur da decenni: un esercizio di erudizione di più di 500 pagine, in cui prenda a parlare non più dell’impero romano, su cui a suo tempo ha scritto un libro molto discusso, ma di un impero studiato da pochi e conosciuto da ancora meno: l’impero bizantino. (more…)
Tag:edward luttwak, impero bizantino, stati uniti
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dicembre 27, 2009
di Carlo Bonini
Ci vorrà tempo per arrivare in fondo alla storia di Umar Faruk Abdul Muttallab, il martire di Natale che avrebbe dovuto incendiare i cieli americani riuscendo lì dove, 8 anni fa, aveva fallito Richard Reid. Per capire se è vero che il micidiale Tetranitrato di Pentaetrite (Petn) infilato in un preservativo è stato confezionato in Yemen.
Per capire se è vero che la strage sarebbe stata concepita proprio in Yemen, o altrove. Per sapere se era solo, come avrebbe continuato a ripetere in queste prime ore, o se al contrario, come l’intelligence americana e inglese ritengono, questo ragazzo nigeriano, figlio di un banchiere di Lagos (il padre è Alhaji Umaru Mutallab, ex presidente della United Bank of Africa e della First Bank nigeriana) e, fino al 2008, studente di ingegneria a Londra, abbia contato su una qualche rete di contatti in Europa. È un fatto, tuttavia, che pure in un quadro ancora in movimento quanto accaduto a Detroit sia, per usare le parole di una qualificata fonte della nostra intelligence, “una pessima notizia da qualunque parte la si voglia vedere”. A cominciare dalle premesse. (more…)
Tag:al qaida, attentatori, terrorismo
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dicembre 26, 2009
NELLA TRASGRESSIVITÀ DI MASSA OGGIDÌ TANTO DILAGANTE E IMPERANTE E IMPELAGANTE, LE PUTTANE DIVENTERANNO ALTERNATIVE? E LE MOGLI? CONTROCORRENTE? E I FIGLI? CONTROMANO? E LE FIGLIE? CONTROVENTO? E I TRANS? ANTICORPI? Con mogli consapevoli che dicono “va con loro” ai mariti inquieti?…
Alberto Arbasino per La Repubblica
1 – LA GAGLIARDA PORCHERIA ANALE-POPOLARE DE ‘L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’
«Ci troverete dentro non meno di tredici accoppiamenti carnali, perché i personaggi vengono sempre seguiti non solo nella stanza da letto, ma fin dentro il letto!». E le tre donne della giuria tossiscono improvvisamente tutte insieme con le mani davanti agli occhiali.
Si era (mezzo secolo fa) nell´aula prima dei Law Courts londinesi. Boiseries scure, stucchi bianchi, luce indiretta dal lucernario tondo. Seggioloni maestosi con lo stemma reale impresso in oro sullo schienale di cuoio nero; e la spada (non le bilance) della Giustizia sopra il seggio del “Justice”, che spiega la nuova legge ai dodici giurati piccoli borghesi decenti e seri. Bisogna provare che una pubblicazione avvenga davvero nel pubblico interesse; e considerare un libro nel suo complesso, senza limitarsi a considerare oscena qualche riga avulsa dal contesto.
Due domande, quindi: il libro si ritiene osceno, tenuto conto di tutti i fattori? Se si risponde di no, qui finisce il processo, con una assoluzione per tutti. Se sì, la pubblicazione può essere giustificata dal pubblico interesse? (more…)
Tag:alberto arbasino
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dicembre 26, 2009
Nato nel 1915 come giornale di guerra, per anni rivaleggiò con il Canard Enchaîné grazie a un direttore-padrone geniale e a prestigiosi collaboratori. In odio a case editrici e intellettuali per bene
In apertura di un nuovo processo per diffamazione a carico di Jean Galtier-Boissière nella sua funzione di direttore del Crapouillot, il giudice di turno fece notare che in quella circostanza era improprio parlare come al solito di ennesimo processo, essendo quella esattamente la centesima volta che il suddetto Galtier-Boissière, più noto nel suo ambiente come Venerato Direttore, era citato a giudizio. Il brillante avvocato del Venerato Direttore non perse l’occasione per una battuta: “Signor giudice, come si può non celebrare una ricorrenza così significativa?”. Il giudice, uomo di spirito, aderì. Il procedimento fu archiviato. Tanto condannare Galtier-Boissière per diffamazione era un’impresa: il Venerato Direttore ai suoi collaboratori concedeva di parlare di chi e di cosa credevano, ma esigeva che verificassero i fatti con il massimo scrupolo.
Cento processi in quarantanove anni di direzione di un giornale come il Crapouillot, che aveva nell’anticonformismo una bandiera, non erano poi molti.
Il caporale di fanteria ventiquattrenne Jean Galtier-Boissière aveva concepito e fondato il Crapouillot nel 1915, nella trincea di Neuville-Saint-Vast, nell’Artois, dove i poilus, i fanti francesi, rassegnati al coraggio e disposti al sacrificio, ma non al silenzio, avevano vanificato il sogno tedesco della guerra lampo. Crapouillot, che nel francese civile vuol dire rospetto, nel gergo militare era un nome di un tozzo mortaio, particolarmente efficace per fare danni e morti nelle trincee. I giornali di guerra erano numerosi e anche eleganti. In Francia per esempio c’era la Baïonette, con sontuose illustrazioni a colori che mostravano signore seducenti vestite secondo i dettami del grande sarto Paul Poiret (il quale partecipava peraltro allo sforzo bellico disegnando uniformi per l’esercito) o addirittura, in copertina, una specie di Giovanna d’Arco in armatura luccicante che sotto i pennacchi di piume di struzzo sfoggiava un sorriso da mannequin di maison de mode. Sorrideva, ma a chi? Ai poilus nel fango o agli imboscati rimasti a casa ad arricchirsi? Anche i giornali nati in trincea si erano proposti fino ad allora di distrarre i soldati, di fare credere loro che la vera guerra non era quella che vivevano giorno dopo giorno, ma quella che era rappresentata nelle illustrazioni popolari, raccontata dai reportage dal fronte, cantata dai poeti e dagli chansonnier patriottici. (more…)
Tag:francia, giornali, le crapouillot
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dicembre 26, 2009
Marietti 1820. p 225 euro 24
Benazir Bhutto, il cui terzo anniversario della morte ricorre in questi giorni (è stata uccisa il 27 dicembre 2007 in un attentato suicida a Rawalpindi), è stata la prima donna a capo di un paese a maggioranza islamica: premier del Pakistan. Due mandati – dal 1988 al 1990 e dal 1993 al 1996 – che fecero di lei un personaggio miliare nella storia della Umma, la comunità di fedeli musulmani sparsi per il mondo.Benazir Bhutto è stata l’apripista dell’era moderna, eppure non è il primo esempio in assoluto nella millenaria storia dell’islam. Ne è convinta Fatima Mernissi, sociologa e femminista marocchina di Fez tra le più importanti del panorama musulmano e tra le più note in Occidente, dato che i suoi testi li scrive in francese, essendosi laureata in Scienze politiche alla Sorbona di Parigi. (more…)
Tag:fatima mernissi, le sultane dimenticate
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dicembre 25, 2009
di Capossela-Cervetti
In una stanza di un regno a due passi, c’era un bambino che disegnava dei tasti bianchi e neri su una tavola di legno con i suoi due compagni immaginari. Egli infatti tanto desiderava uno strumento per suonare che se l’era disegnato: era un grande organo fantastico per dare musica a tutte le sue fantasie. E così, si rivolgeva ai suoi due amici, il gigante e il mago, interrogandosi: «Come potrò mai suonare per davvero un organo della meraviglia?». Questi, interpellati, subito uscirono dal sacco e il gigante, sempre protettivo e premuroso, così gli spiegò: «Caro… non ti preoccupare…lascia fare! Ci penso io…! Conosco bene la persona che fa al caso tuo. Ho alloggiato a lungo da lui, dopo che mi mangiai il mio regno. Devi sapere che nella tundra sconfinata del grande nord c’è una piccola cittadina chiamata “la grande Ustiuc”. Lì è una casetta di legno solo in apparenza. In realtà è la residenza di Gelo – il Ded Moroz – un meraviglioso palazzo di ghiaccio che solo alle persone di buon cuore è dato di vedere». «Come hai detto che si chiama?». «Ded Moroz, si chiama!». «E se gli scrivo la lettera poi lui la riceve?». «Eh sì. E vedrai che troverà anche il modo di esaudire il tuo desiderio». Si destò allora il mago e molleggiandosi sulle ginocchia, esclamò entusiasmandosi: «Troppo v’loceeeee…Sì, si… tanti regali… scrivi, scrivi che lui porta da “on la montana”, una montana di regali. Tutti arrivare qui come per magia magia magia – TA.DA!»…E sparì con il solito vecchio trucco, facendo cadere il bambino addormentato all’istante nel sogno di un grande strumento illuminato, un organo delle meraviglie che risuonasse della magia fiabesca dell’inverno perduto, dato che erano oramai molti anni che non si vedeva più un fiocco di neve. (more…)
Tag:babbo natale, natale, vinicio capossela
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dicembre 25, 2009
La storia dei settanta contadini pugliesi che negli anni Venti diventarono ebrei e nel 1948 emigrarono in Israele
Sannicandro, oggi San Nicandro, è una cittadina pugliese, un paesotto del Gargano che poco ha di urbano a tutt’oggi, figuriamoci alla fine degli anni Venti del secolo scorso, quando vi iniziò un’avventura straordinaria, quella che portò una settantina dei suoi abitanti a diventare ebrei, ad attendere molti anni di potersi convertire formalmente all’ebraismo e infine a trasferirsi in Israele, subito dopo il 1948. Erano, quelli successivi alla Prima guerra mondiale, anni percorsi da fermenti politici e religiosi di ogni tipo anche nel sud, profondamente modificato dalle migrazioni di tanti suoi figli in America. Diffusi ed attivi nel proselitismo erano i protestanti, in particolare i movimenti pentecostali. Il protagonista di questa vicenda, unica nella lunga storia dei rapporti tra mondo cristiano e mondo ebraico, è un bracciante analfabeta, Donato Manduzio, tornato invalido dalle trincee della Grande guerra. In ospedale ha imparato a leggere e a scrivere e, costretto alla quasi immobilità, passa il tempo immerso nelle letture. Letture disparate, spesso casuali. Quando un vicino gli regala una Bibbia avuta da un predicatore pentecostale – una Bibbia in italiano, nella traduzione di Lutero – Manduzio vi si immerge totalmente, scoprendo che nel testo biblico non si faceva parola né della Trinità né del Papa né di Gesù e che vi si narrava invece di un popolo perduto in paesi lontani a cui Dio apparve sulla montagna consegnando la “vera fede”. Intorno a lui cominciano a radunarsi amici, parenti, vicini. Il gruppo discute le parole lette da Manduzio, con ingenuità e curiosità, senza preconcetti. (more…)
Tag:contadini pugliesi, ebraismo, sannicandro
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dicembre 24, 2009
Fabrizio Salvatori
Un grande striscione con su scritto “Bentornata Fiat”. Un anno e mezzo fa Kragujevac, cittadina industriale di 200mila abitanti a meno di cento chilometri da Belgrado, aveva almeno la speranza.
Dieci anni dopo i drammatici bombardamenti sulla Serbia. Dieci anni di povertà, malattie e disperazione. Dieci anni a tenere in piedi quella fabbrica, la Zastava, contro la quale la Nato aveva riversato tonnellate di bombe all’uranio impoverito perché – così sosteneva – in quel sito, che dava da mangiare alle famiglie di quasi quarantamila tute blu, in realtà si producevano armi. In realtà vennero quasi azzerati gli impianti di produzione auto e la centrale termica. (more…)
Tag:fiat, serbia
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dicembre 24, 2009
LA MIGLIORE PROMOZIONE IN UN MONDO INTOSSICATO DI PUBBLICITà? MANTENERE I SEGRETI – Sui film DI MORETTI, si staglia DA SEMPRE il mistero. Trame vaghissime, draconiane consegne ai collaboratori, silenzio preteso e proibizione di qualsiasi intervista – UN’ATTIDUNE CHE SCATENA UNA CACCIA SEMPRE Più GROSSA….
Malcom Pagani per “Il Fatto Quotidiano”
Tra segreti e bugie, Nanni difende i primi. Chi divide la quotidianità con Moretti non lo ignora. Rade parole, pudore, nessuna voglia di apparire o rivelare spunti narrativi. Difendere il film. Proteggerne l’ essenza. La partita a scacchi, in fondo, somiglia a un eterno deja-vù. Da un lato l’autore, dall’altro i parassiti della curiosità fine a se stessa. In mezzo, il buon senso. A Gabriel Garcìa Marquez, cui raccontare piaceva più che vivere, la rielaborazione era utile per l’invenzione.
A ogni incontro, una nuova storia. Così nei bar messicani, “Cent’anni di solitudine” e “Macondo” prendevano forme nuove, tavole sulle quali disegnare il depistaggio, l’inganno del momento, la fantasia. Da William Blake “Non cercare mai di dire il tuo amore/ l’amore che mai può essere detto” a Stanley Kubrick che all’ossessione della segretezza (il prìncipio della tirannia, secondo Robert Heinlein) sacrificò torme di impiegati colti a rivendere alla stampa frammenti e ricostruzioni di una sfuggente maniacalità, la creazione va di pari passo con la gelosia. (more…)
Tag:nanni moretti
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dicembre 24, 2009
Intervista. Dice di essere senza contratto, «mi hanno fatto fuori da tutti i giornali», intanto “Satiromantico” è il suo 50esimo libro. L’esordio da tipografo a “Paese Sera”, ora disegna per Feltri, «sarà feroce ma vende». Re incontrastato delle querele, D’Alema gli chiese 3 miliardi, «però mi ha condannato solo Caselli». Principe a “Panorama”, cofondatore di “Repubblica” con Scalfari, «un grande, tagliava Bocca e Pansa». Mauro? «Non mi difese e me ne andai». Di Pietro? «Voleva le vignette in anteprima».
In occasione dell’uscita del suo nuovo, feroce e bellissimo libro Satiromantico (Mondadori), incontro Giorgio Forattini nella sua bella casa romana nel quartiere Prati (vive a rotazione quindici giorni a Parigi, dieci a Milano e cinque a Roma). È una casa-museo piena di oli, acquerelli, incisioni di volti anonimi antecedenti all’invenzione della fotografia. Parliamo dei suoi grandi amori: Bosch, Bruegel, Tolouse-Lautrec, Seurat. «Sai una cosa?» mi confessa, «l’arte moderna non mi piace. Ma è possibile che un artista non sappia fare un disegno? Ti sembra normale?».
Ci sediamo nel suo studio caldo di colori. Sul tavolo c’è una vignetta – l’ennesima – contro Di Pietro gerarca.
E’ molto deluso, Forattini, perché dopo quasi quarant’anni Panorama è stata costretta, per via della crisi, a sospendere il suo contratto. «Sono un disoccupato. Ah, non ci credi? Guarda che dico sul serio. Sì, faccio qualche vignetta per Il Giornale, ma sono senza contratto. Sono un precario come te, anzi, a te almeno ti telefonano, a me invece non mi chiamano neanche». Non c’è verso di fargli capire che la sua precarietà è una precarietà di lusso, che lui è uno che con i suoi libri (l’ultimo appena pubblicato, Satiromantico, è il suo cinquantesimo libro) ha venduto milioni di copie (milioni veri, non finti). Niente. Forattini, il re senza rivali dei vignettisti italiani, vorrebbe quasi quasi farmi credere che sto meglio di lui. «Mi hanno fatto fuori da tutti i giornali. Ho anche accettato di fare le vignette per il Quotidiano nazionale. Però una volta dicevano che erano troppo dure, un’altra volta non le pubblicavano, e certe volte le mettevano piccole piccole, tre centimetri per sei. No amico mio! Il vecchio Forattini vuole spazio, le mie vignette le devi mettere in alto, a tre colonne! Ma scherziamo?». (more…)
Tag:giorgio forattini
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dicembre 24, 2009
Luciano Violante, molti, anche se non tutti, in queste ore dicono «partiamo dalla bozza Violante». Riforme insieme: si può?
«È l’unico testo uscito da una commissione senza voti contrari. Naturalmente va rivisto».
I punti cardine?
«Primo: la Repubblica è parlamentare; secondo: equilibrio tra i poteri dello Stato e indipendenza della magistratura; terzo: decisione politica veloce; quarto: il presidente del Consiglio e il suo governo devono poter realizzare il programma presentato agli elettori; quinto: rigorosi poteri di controllo da parte del Parlamento sul governo».
Riconosce a Berlusconi e al Pdl la volontà di dialogo in questo frangente?
«Lo spero, anche se ho visto, proprio sul Giornale, un intervento di Denis Verdini che mi sembrava non proprio incline al dialogo».
Ci sono dei falchi nei due schieramenti che gridano no all’«inciucio» nella sua accezione più negativa?
«Gli estremisti ci sono sia di qua che di là: all’interno dei due schieramenti prevalga l’intelligenza riformatrice. Occorre emarginare gli estremisti per fare le riforme di cui il Paese ha bisogno». (more…)
Tag:luciano violante, riforme
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dicembre 23, 2009
In un piccolo best seller i 250 scritti di gente celebre e più o meno burlona
Il testamento (diceva William Hazlitt) è l’ultima occasione che ognuno di noi ha di dimostrare la propria perfidia, e solitamente ne fa buon uso. La lettura di “Meglio qui che in riunione” – volumetto dove 250 italiani noti e ignoti scrivono da sé quel che vorrebbero leggere sulla propria tomba (a cura di Eugenio Alberti Schatz e Marco Vaglieri, Rizzoli) – invita alla parafrasi: “L’autoepitaffio è una preziosa occasione per dare sfogo alla propria vanità e quasi nessuno se la lascia scappare”. Già il titolo suona come una variazione sul celebre autoepitaffio dell’attor comico W.C. Fields (sue le battute “Uno che odia così tanto i cani e i bambini non può essere completamente malvagio” e “Primo premio una settimana a Philadelphia, secondo premio due settimane a Philadelphia”). Sulla sua tomba voleva fosse scritto: “Tutto sommato, preferivo Philadelphia”.
Tra gli interpellati che hanno accettato l’invito (altri hanno provveduto agli scongiuri, facendo perdere le loro tracce) spicca Marco Travaglio. “Brindate, brindate pure. Tanto ricomincio subito dall’altra parte” è il ghigno postumo vergato in vita, perfettamente in linea con un’esistenza spesa a scrutare verbali con il piglio del moralizzatore universale. Vince la gara di presunzione a pari merito con Achille Bonito Oliva, “scorpione ascendente scorpione” precisa la biografia: “Sono stato una spina nell’occhio dell’arte e della critica”. Francesco Saverio Borrelli adotta lo stile delle lapidi commemorative “la cittadinanza pose”, già oggetto di pubblico ludibrio nei “Viceré” di Federico De Roberto. Ecco il passo saliente del capolavoro, solo un po’ sforbiciato: “Con pungente rimpianto per la magia /delle abbandonate note /fu sospinto da eventi inattesi verso senile notorietà /alle cui ambigue lusinghe seppe senza sforzo /resistere resistere resistere”. (more…)
Tag:epitaffi
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Islam e Occidente, alla fine aveva ragione Oriana la “pazza”
dicembre 31, 2009di Oriana Fallaci
Sono anni che come una Cassandra mi sgolo a gridare «Troia brucia, Troia brucia». Anni che ripeto al vento la verità sul Mostro e sui complici del Mostro cioè sui collaborazionisti che in buona o cattiva fede gli spalancano le porte. Che come nell’Apocalisse dell’evangelista Giovanni si gettano ai suoi piedi e si lasciano imprimere il marchio della vergogna. Incominciai con La Rabbia e l’Orgoglio. Continuai con La Forza della Ragione. Proseguii con Oriana Fallaci intervista sé stessa e con L’Apocalisse. I libri, le idee, per cui in Francia mi processarono nel 2002 con l’accusa di razzismo-religioso e xenofobia. Per cui in Svizzera chiesero al nostro ministro della Giustizia la mia estradizione in manette. Per cui in Italia verrò processata con l’accusa di vilipendio all’Islam cioè reato di opinione. Libri, idee, per cui la Sinistra al Caviale e la Destra al Fois Gras ed anche il Centro al Prosciutto mi hanno denigrata vilipesa messa alla gogna insieme a coloro che la pensano come me. Cioè insieme al popolo savio e indifeso che nei loro salotti viene definito dai radical chic «plebaglia-di-destra». E sui giornali che nel migliore dei casi mi opponevano farisaicamente la congiura del silenzio ora appaiono titoli composti coi miei concetti e le mie parole. Guerra-all’Occidente, Culto della- Morte, Suicidio-dell’Europa, Sveglia-Italia-Sveglia. (more…)
Tag:islam, occidente, oriana fallaci
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