Archive for marzo 2010
marzo 31, 2010
“DAGOSPIA MI ACCUSA D’ESSERE OSSEQUIENTE CON BERLUSCONI SOLO PERCHÉ L’HO SEMPRE RACCONTATO CERCANDO D’INTERPRETARLO” – “L’OBIETTIVO DEL TG1 È FAR ARRIVARE I DISCORSI DEL CAPO DELLO STATO AL TARGET PIÙ LARGO POSSIBILE” – “GLI EDITORIALI? HO IL GUSTO DI DIRE LA MIA. NON MI SONO MAI AUTOCENSURATO”…
Da anni Augusto Minzolini non stacca mai il cellulare e risponde a tutti. A partire dalle 22.30 il direttore del Tg1 comincia a scremare le chiamate, per sfinimento. Dunque il fatto che soltanto il 18 dicembre 2009 siano riusciti a intercettare una sua telefonata è da considerarsi di per sé un evento di portata storica.
Quella volta Minzolini raccontava al suo vecchio amico Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, la lunare trasferta del giorno prima in procura a Trani: un’inutile sfacchinata per essere interrogato circa le presunte pressioni esercitate dall’American Express al fine d’impedire che i media si occupassero di un’inchiesta sulle carte di credito revolving. (Da notare che il suo telegiornale fu l’unico a dare la notizia). Mal gliene incolse, perché l’interrogatorio era stato secretato dal pubblico ministero Michele Ruggiero. Che ora ha indagato il direttore del Tg1 per violazione del segreto istruttorio.
La telefonata si chiudeva con un’efficace sintesi di Bonaiuti: «Quindi una stronzata». E Minzolini che confermava: «Ma sì, soltanto che però ti fa capire che siamo in un paese di folli, guarda, proprio di folli…». Trascorsi tre mesi, il giornalista non ha cambiato idea: «Quella frase è il più bell’editoriale che abbia mai scritto» dice a “Panorama”.
L’ufficio nella sede Rai di Saxa Rubra è una serra tropicale a clima costante. «Benedetto uomo, mangia solo banane e ananas per mantenersi in forma, ci credo che poi ha sempre freddo» sussurra materna una segretaria. Una confidenza da licenziamento, ma il più abile retroscenarista d’Italia apprezzerà. (more…)
Tag:augusto minzolini
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marzo 31, 2010
Marc Garlasco, l’inviato di human rights watch si firmava “Heil Hitler”
Tira una brutta aria nel quartier generale di Human rights watch (Hrw) a Manhattan, che contende ad Amnesty International il primato e i finanziamenti nella battaglia per i diritti umani. E l’imbarazzo della celebre Ong ha un nome di origine italiana: Marc Garlasco. E’ stato per anni il principale esperto militare dell’organizzazione, inviato in tutti i teatri di guerra, dall’Afghanistan a Gaza. Di giorno, Garlasco rispondeva ai giornalisti, accusando americani e israeliani delle peggiori nefandezze. Di notte, l’esperto si trasformava in “Flak88”, il suo nickname nei forum nazistoidi. Garlasco era un accanito collezionista di cimeli hitleriani.
E’ stato un blogger a notare come l’esperto militare scrivesse su Amazon recensioni entusiastiche di libri sul Terzo Reich. Come simbolo in rete, Garlasco aveva adottato una svastica. Flak88 è un nome in codice per un’arma tedesca e il corrispondente numerico di “Heil Hitler”. Assidue erano le sue frequentazioni nei siti internet che inneggiano alla Wehrmacht (suo nonno aveva vestito la divisa della Luftwaffe). Il governo israeliano di Netanyahu aveva accusato più volte Hrw di parzialità. (more…)
Tag:human rights watch, marc garlasco
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marzo 31, 2010
Per gentile concessione dell’editore, proponiamo la prefazione e il capitolo conclusivo di “Italy, Vatican State”, il nuovo saggio di Michele Martelli, firma di MicroMega, che l’editore Fazi pubblica in questi giorni.
Un atto d’amore di fronte al degrado
di Ferruccio Pinotti
Un atto d’amore. Italy, Vatican State, il nuovo libro di Michele Martelli, autore dell’eccellente Quando Dio entra in politica (2008) e di Senza dogmi. L’antifilosofia di Papa Ratzinger (2007), oltre che di altri brillanti saggi, è innanzitutto un atto d’amore per un’Italia repubblicana sempre più pesantemente privata dei suoi fondamenti democratici, cioè laici; asservita a lobby occulte e palesi, guidata da leader sempre più proni al volere delle gerarchie vaticane. Un atto d’amore di altissimo valore civile, condotto con lo spessore dello studioso e con la passione dell’intellettuale impegnato.
Nell’affascinante percorso disegnato in Italy, Vatican State, il filosofo ci conduce alle radici del problema dei problemi della nazione italiana: l’essere da sempre «cortile di casa» del potere forte per eccellenza, il Vaticano; strumento e base di partenza di una strategia non solo interna ma internazionale, raffinata e adattiva rispetto alle sfide dei tempi.
Un quadro a tinte fosche? Niente affatto. Martelli, nella sua prosa fluida e ironica, colta e piacevole, descrive con grande efficacia i passaggi che hanno condotto alla preoccupante situazione attuale.
«Che cosa è stata la Chiesa/Stato pontificio per l’Italia? Lasciamo rispondere per noi Machiavelli e Guicciardini: un flagello, la principale causa della nostra tradizionale frammentazione e divisione politica e della corruzione dei nostri costumi. E che cosa è stata invece per dissidenti, critici, liberi pensatori, razionalisti ed eretici d’Italia e d’Europa? Una terribile macchina repressiva, nera dispensatrice di infelicità e di morte. Ne sapevano qualcosa ebrei, catari, dolciniani, hussiti, valdesi, ugonotti, libertini, giansenisti e via angosciosamente enumerando. Quasi tutti sottoposti a scomuniche, espropri, torture, carceri, roghi, oppure sterminati con pogrom, stragi e massacri indiscriminati. Per opera di tribunali ecclesiastici e (in)civili, o di “eserciti crociati” e di sante “armate di Cristo”», scrive Martelli.
Grazie al Vaticano e alla complicità di leader politici pronti a svendere pezzi di democrazia faticosamente conquistati, l’Italia è infatti divenuta laboratorio politico per aggregazioni altamente discutibili, quanto a metodi e obiettivi. L’opera, tuttora in atto, di demolizione del tessuto civile del paese prospetta così anche nell’oggi un’Italia neo-medievale, arretrata, che perde colpi non solo in termini di libertà di stampa e di espressione, ma di diritti considerati normali in tutti i paesi avanzati.
La distruzione della laicità ben descritta e analizzata in queste pagine si accompagna a una trasformazione inquietante, che non esita a usare metodi e figure di dubbia moralità. E tutto questo avviene perché il sistema dei controlli e dei contrappesi, tipici delle democrazie liberali pienamente realizzate, in Italia rischia di essere a poco a poco annullato, sminuzzato, fatto a pezzi, distrutto.
Ne deriva un micidiale mix, un gorgo terribile per uscire dal quale – come suggerisce l’autore del volume – non resta altro che un ritorno forte alla laicità, un’educazione alla laicità permanente che coinvolga soprattutto le giovani generazioni, alle quali questo libro idealmente si rivolge e a cui va proposto come testo formativo.
Perché è vero che, come scrive Martelli in una bellissima sintesi intellettuale, «Senza laicità, la democrazia è una scatola vuota».
I sette principi irrinunciabili del laicismo
di Michele Martelli
La Costituzione è la mia Bibbia Civile. In quei 139 articoli si trova tutto quello che è necessario – Carlo Azeglio Ciampi
Stato laico e legislazione civile
«Della democrazia la laicità non è che il sinonimo»[1]. Lo Stato laico, come si è visto, non è che lo Stato liberaldemocratico. I pilastri su cui esso si regge sono essenzialmente quattro: la divisione dei poteri, l’alternanza maggioranza-minoranza, la libertà individuale (a condizione che non danneggi la libertà altrui), l’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Il suo opposto è lo Stato teocratico, forma estrema e senile del dispotismo. Come lo Stato/Chiesa vaticano. Dove il papa (l’ultimo sovrano assoluto della storia, in coppia col re wahabita dell’Arabia Saudita) regna da autocrate, riunendo in sé i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), e ignorando il principio del Governo della maggioranza e il rispetto della libertà e dell’eguaglianza individuale. (more…)
Tag:italy vatican tate, laicità, michele martelli
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marzo 31, 2010
di Gaetano Vallini
Arrivò a contare quasi diciotto milioni di uomini e, nella più sanguinosa delle guerre della storia, per un certo periodo riuscì a occupare mezza Europa. Ciononostante, quella che è considerata una delle più spietate ed efficienti macchine da combattimento mai approntate finì per soccombere in una totale disfatta. La Wehrmacht, l’esercito voluto da Adolf Hitler in sfregio alla pace di Versailles, fu molto più che una poderosa forza armata. Vincolata com’era a un giuramento di fedeltà al führer prima ancora che alla patria, attraverso i suoi vertici si abbrutì in quell’umiliante sottomissione, divenendo strumento della dittatura nazista e complice di una folle guerra di distruzione e di un inumano progetto di purificazione razziale.
Dopo anni di silenzio, il dibattito su cosa fu la Wehrmacht è stato infuocato in Germania, dove ci si è confrontati su questioni rilevanti: fino a che punto le forze armate regolari tedesche furono coinvolte nei crimini del Terzo Reich? In quale misura presero parte attiva alla pianificazione e alla realizzazione di azioni belliche contro la popolazione civile e persino alla deportazione e allo sterminio di milioni di ebrei? Perché si fecero coinvolgere nei crimini contro l’umanità? Che cosa sapevano i soldati delle atrocità compiute sotto la bandiera con la croce uncinata? Sono le stesse domande cui ha cercato di dare una risposta Guido Knopp nel libro Wehrmacht (Milano, Corbaccio, 2010, pagine 325, euro 24) nel quale lo storico e giornalista ripercorre la storia dell’esercito del führer soprattutto attraverso le testimonianze di quanti ne fecero parte, dai generali ai semplici soldati. (more…)
Tag:germania, seconda guerra mondiale, wehrmacht
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marzo 31, 2010
L’impossibilità di fare futuro oltre il berlusconismo. Mentre la Lega vince imponendo la sua prassi
di Pietrangelo Buttafuoco
In principio fu la scoperta degli Hobbit, dopo di che gli altri cominciarono a scoprire “il noi” contenuto nella parte di mondo chiamata “destra”. Un modo di stare insieme secondo un alfabeto fatto di saghe, epiche, maghi, minuscoli guerrieri, foreste infestate di orchi e fiammeggianti sovrani della luce. Stupidaggini, forse. Proiezioni adolescenziali, magari. E tutto ciò fu rubato dalle pagine di Tolkien pur di non perpetuare il rancore di una pesante eredità: la sconfitta militare e un Dopoguerra eterno annodato al collo peggio di un cappio da cui penzolare nella certezza inamovibile dell’inutilità di stare al mondo. Figurarsi quanto utile, invece, per la destra, era quel tentativo di stare nella scena politica. Qualcuno ci lasciava la pelle. Era ancora il tempo in cui c’era il regime e l’arco costituzionale. Si faceva la lotta al sistema.
Non era più sufficiente risolverla con la colla e il secchio dell’attacchinaggio. Bussava alle spalle della giovinezza – Giovinezza! – il mito più che capacitante di farla finalmente estetica, la battaglia politica: e giù con i Campi Hobbit, allora. (more…)
Tag:destra, pietrangelo buttafuoco
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marzo 31, 2010
Il primo rettore del college della «nuova Cambridge» puritana era un lestofante che la fece fallire subito
Ben 75 premi Nobel sono usciti dalla Harvard University, considerata l’Ateneo più prestigioso del mondo. La scuola della gente che conta. Ci hanno studiato fior di politici, John Adams, Theodore Roosevelt, Franklin Roosevelt, fino a John Kennedy e George W. Bush. Anche l’attuale inquilino della Casa Bianca Barack Obama porta il marchio di Harvard, così come il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il presidente messicano Calderon e quello colombiano Uribe. Pochi sanno, però, che all’inizio l’Harvard College fu teatro di un clamoroso scandalo e rischiò di chiudere i battenti dopo appena un anno di attività. Tutta colpa del suo primo rettore, un lestofante che rubò perfino le rette degli studenti. Quando scoprirono i furti e gli incredibili abusi, i rigorosi puritani del Massachusetts capirono di aver commesso una grave imprudenza affidando il neonato College alle cure di un giovanotto di soli 27 anni, Nathaniel Eaton, che era appena arrivato dall’Inghilterra con la fama di grande erudito.
IL MAYFLOWER E WINTHROP – Erano gli anni della grande migrazione inglese verso il Nuovo Mondo. Nel 1620 avevano compiuto per primi la traversata dell’Atlantico i famosi padri pellegrini a bordo della mitica Mayflower. Si erano semplicemente andati a rifugiare in un angolo remoto dove praticare la loro religione e vivere in pace. Ma dieci anni dopo, nel 1630, prese avvio con uno spirito ben diverso la vera ondata dei colonizzatori. Gente che non si accontentava di un rifugio lontano, ma coltivava l’ambizione di cambiare il mondo. La guidava un avvocato di 42 anni, John Winthrop. I padri pellegrini erano poveri e umili. I compagni di Winthrop erano persone colte e benestanti. Abbandonavano l’Inghilterra per non sottostare ai precetti di una religione che essi giudicavano iniqua e sgradita a Dio. Winthrop si sentiva investito di una missione cruciale per l’avvenire dell’umanità intera. Lui e i suoi compagni di viaggio dovevano offrire l’esempio di una nuova way of life. Alla partenza esortò a tenere un comportamento irreprensibile perché «saremo come una città sulla collina, gli occhi di tutti saranno su di noi». Dovevano dimostrare che il re Carlo I Stuart aveva sbagliato a perseguitare i puritani. Far vedere come, fuori dell’Inghilterra, una comunità abituata a vivere in linea coi principi biblici era benedetta e poteva prosperare. L’emigrazione rientrava in un piano divino di lotta del bene contro il male. In questa chiave, il puritanesimo va letto come una rivolta contro l’Europa intera, la terra del papismo, la culla di una falsa religione, il trasloco al di là dell’Atlantico doveva segnare il trionfo di una nuova forma di civiltà. Winthrop è un personaggio gigantesco ma quasi dimenticato. Lo hanno definito «il primo grande americano», il Mosè che guidò il popolo della Bibbia sulle acque dell’Atlantico verso la nuova Terra promessa. (more…)
Tag:università harvard
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marzo 30, 2010
In Israele l’economia è fiorente, ma politicamente non esiste più una prospettiva per il futuro – scrive il giornalista israeliano Nehemia Shtrasler
La Pasqua ebraica non è una festività che ci obbliga a farci un esame di coscienza. Non è lo Yom Kippur. Ma rappresenta l’Esodo dall’Egitto: un passaggio dalla schiavitù alla libertà. Celebra l’unificazione del popolo ebraico. E così, alla vigilia della festività, dobbiamo riflettere sul perché “questa notte è diversa da tutte le altre”. Abbiamo davvero fatto progressi verso la libertà negli ultimi 62 anni?
Esaminiamo questo interrogativo guardando ai due aspetti principali delle nostre vite: quello politico e quello socioeconomico.
Quando si tratta di politica, sembrerebbe che l’approccio della sinistra abbia vinto. La destra ha accettato il vecchio concetto della sinistra dei “due stati per due popoli”. È un fatto che anche il primo ministro Benjamin Netanyahu stia ripetendo lo stesso ritornello che una volta era proposto solo dallo scrittore pacifista Uri Avnery.
Ma questa è astuzia in pieno stile Netanyahu. Egli ha rubato lo slogan della sinistra per scopi propagandistici, e non si sogna neanche per un istante di metterlo in atto. Netanyahu continua a costruire nei sobborghi arabi di Gerusalemme Est, compresi Sheikh Jarrah e Silwan. Continua ad espandere i quartieri ebraici a nord di Gerusalemme. Per giunta appoggia in segreto l’incessante attività edilizia in Cisgiordania, nonostante il cosiddetto congelamento temporaneo degli insediamenti. (more…)
Tag:israele
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marzo 30, 2010
Caro Giuliano, certo che si fa un abuso di galera preventiva. Lo si fa a tappeto, per un pregiudizio inveterato, per abitudine, per distrazione, nei confronti della massa senza nome di detenuti tipici, schiuma della terra. Lo si fa a ragion più voluta nei confronti delle persone di rango e reddito medioalto che di tanto in tanto un’onda anomala travolge provvisoriamente. Allora entrano in gioco vanità e pubblicità, predilezioni politiche – che non vuol dire partitiche, e possono anche essere il colpo al cerchio e alla botte che passi per equanimità – e aspirazioni di carriera. L’abuso della galera preventiva è di norma frutto di un cinismo senza ambizioni, di routine. E’ il caso più penoso e meno grave. Non sanno quello che fanno, e comunque non se lo chiedono. Fanno come tutti o quasi, lasciano che passi il tempo che li separa dalla sera, dalla promozione e dalla pensione. (more…)
Tag:adriano sofri, piccola posta
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marzo 29, 2010
UN TIPINO PIO CHE ha abusato sessualmente di seminaristi minorenni, ha concepito figli illegali e RUBATO QUATTRINI MA godeva della protezione di Papa Wojtyla E soprattutto di quella del suo segretario, don Stanislao – E IN DIRETTA TV VA IN SCENA IL DOLORE PER GLI ABUSI DI 40 ANNI FA IN UN ISTITUTO DI VERONA…
Franca Giansoldati per “Il Messaggero”
Dall’incredulità, all’imbarazzo, dallo sgomento, alla terribile presa di coscienza. E’, sicuramente, il mea culpa più sofferto e importante del momento quello che, dopo quattro anni di indagini e accertamenti da parte della Santa Sede, arriva dai Legionari di Cristo.
Vista l’aria che tira i vertici di questa congregazione religiosa di diritto pontificio nata nel 1941 in Messico, con una lettera aperta a tutti i membri del movimento hanno riconosciuto che il loro fondatore, il sacerdote Marcial Maciel Degollado (1920-2008), ha abusato sessualmente di alcuni seminaristi minorenni, ha concepito figli illegali e compiuto altri gravi comportamenti, tra cui, pare, illeciti finanziari. (more…)
Tag:legionari di cristo, maciel degollado, preti pedofili
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marzo 29, 2010
L’ultima volta che ha parlato in pubblico è stato un po’ più borioso e insolente del solito persino con i suoi amici di sempre. Ha detto l’altro giorno: “Siamo al crepuscolo del berlusconismo”.
E ha annunciato l’altro giorno: “Dopo le elezioni regionali noi ripartiremo con il Partito del Sud”. Dopo le elezioni regionali ripartirà da dove era partito anche l’altro governatore della Sicilia: da un sospetto di mafiosità. E’ il destino che tocca a tutti i potenti dell’isola, i troppo potenti e prepotenti.
Dopo Totò Cuffaro anche Raffaele Lombardo entra nel labirinto del “concorso esterno”, telefonate ambigue, relazioni pericolose, amicizie fatali. Proprio lui che si vantava di non volere stringere la mano a nessuno, che non era come quel Totò vasa vasa che si mischiava con tutti a battesimi e matrimoni e prime comunioni in ogni paese e in ogni borgata della città. Proprio lui che ci teneva alla fama di gelido, uno che non dava confidenza a nessuno tanto da sembrare un robot pieno di manie e di fobie. Era la sua forza in una Sicilia che cambia ma che non cambia mai. E si sentiva forte Raffaele Lombardo, fortissimo, l’incontrastato signore dell’isola. E anche tanto protetto nella sua Catania, ridotta a un feudo dove controllava pure l’aria che si respira, un califfo. E però, proprio da Catania, è arrivato il colpo mortale: le accuse d’intrattenere rapporti con gli eredi dei Santapaola, i peggiori mafiosi mai visti nella Sicilia che sta a oriente. (more…)
Tag:raffaele lombardo
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marzo 28, 2010
Il bilancio è in attivo ma l’azienda manda in pensione decine di giornalisti
di Alfredo Faieta
Milano – L’editoria è in crisi, o sono gli editori che reagiscono in modo scomposto a una fase transitoria dell’economia? E’ questo l’argomento di cui più si discute in questi giorni nei corridoi delle redazioni di testate che fanno capo al gruppo Mondadori. Negli ultimi mesi all’interno delle redazioni di grandi e piccole case editrici crescono tensioni per la decisione di molte società, e in prima linea ci sono i grandi gruppi del settore, di ricorrere allo stato di crisi per poter alleggerire le redazioni spesso tramite prepensionamenti che spesso sono percepiti come licenziamenti in tronco o traumatici svecchiamenti del personale.
Hanno fatto ricorso allo stato di crisi gruppi come Itedi-La Stampa, la prima a chiedere il decreto, il gruppo L’Espresso, Rcs Mediagroup, Il Sole 24 Ore, dov’è in atto una rivolta dei giornalisti contro la decisione di prepensionare una trentina di redattori grazie allo stato di crisi chiesto per due anni, in presenza di rumors circa la volontà del direttore del quotidiano Gianni Riotta di procedere contestualmente a nuove e mirate assunzioni. Rcs e Sole hanno però chiuso il 2009 in profondo rosso con i conti, con perdite nette rispettivamente per 130 e 52 milioni di euro circa, giustificando la necessità di procedere a una ridefinizione degli organici. (more…)
Tag:case editrici, licenziamenti, mondadori
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marzo 28, 2010
Da qui non si scappa neanche sulle ali della fantasia. Perché se mai si riuscissero a saltare le grate coperte di lamiera, i cancelli, le spirali di filo spinato e le guardie armate in divisa blu del carcere di Ansar, ci sarebbero sempre, insormontabili, i valichi chiusi e i confini bloccati della Grande Prigione di Gaza: la “gabbia a cielo aperto”, dove un milione e mezzo di palestinesi vivono rinchiusi da quando Hamas ha preso il potere nella Striscia.
Ansar, un accozzaglia di prefabbricati ed edifici diroccati nel cuore della città, ospita 380 detenuti, tutti “definitivi”, privati anche della speranza dell´appello. Per molti di loro un´inaspettata opportunità d´evasione si presentò, un anno fa, durante l´Operazione Piombo fuso: la vecchia prigione centrale venne distrutta dall´aviazione israeliana e i reclusi ne approfittarono per fuggire. Ma dopo qualche settimana, tutti tornarono in cella. (more…)
Tag:gaza, hamas
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marzo 28, 2010
Caro Giuliano, lasciami tornare sulla questione lessicale. La mia protesta contro etichette come pro-vita o antiabortista, che implicano avversari pro-morte e abortisti, non è una trovata recente, e anche qui ne ho scritto da anni. Ma questo non importa, mi importa di più la sostanza. Io sono stato, quanto e probabilmente molto più di te, uno stronzo nei miei personali comportamenti rispetto all’aborto. Ne sono pentito e pieno di rimpianti. Naturalmente questo è più facile oggi, quando sono venute meno le tentazioni. Però si tratta di ripensamenti pentimenti e rimpianti piuttosto antichi, ormai. Detto questo, non accetto di dirmi abortista, e mi offendo se me lo sento dire. (more…)
Tag:adriano sofri, piccola posta
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marzo 27, 2010
di Gianfranco Ravasi
“Ponzio, ti ricordi di Gesù il Nazareno che fu crocifisso non so più per quale delitto? Ponzio Pilato aggrottò le sopracciglia, si portò la mano alla fronte come chi vuole ritrovare un ricordo. Poi, dopo qualche istante di silenzio: Gesù – mormorò -, Gesù il Nazareno? No, non ricordo”. Così Anatole France nel racconto Il procuratore della Giudea (1902) fa reagire un Pilato, ormai pensionato, alle sollecitazioni dell’ex collega governatore di Siria. Nella sua memoria si era spenta l’eco di quel processo che anche Tacito aveva evocato in poche righe del libro xv dei suoi Annali: “I Crestiani (…) prendevano nome da Cristo che era stato condannato al supplizio ad opera del procuratore Ponzio Pilato sotto l’impero di Tiberio” (44, 2-5). Anche uno storico conterraneo e di poco posteriore a Gesù, Giuseppe Flavio, ci ha lasciato nel XVIii libro della sua opera, Antichità giudaiche, una significativa menzione di Cristo, se mettiamo tra parentesi le probabili glosse cristiane posteriori che quel paragrafo ha ricevuto: “In quello stesso tempo visse Gesù, uomo saggio se pure conviene chiamarlo uomo. Egli compiva opere straordinarie, insegnava a coloro che desideravano accogliere con gioia la verità e convinse molti giudei e greci. Egli era il Cristo. Dopo che Pilato, dietro accusa dei capi del nostro popolo, lo condannò alla croce, coloro che lo avevano amato non vennero meno. Egli apparve loro il terzo giorno di nuovo vivo, avendo i divini profeti detto queste cose su di lui e moltissime altre meraviglie. E ancora fino ad oggi non si è estinta la tribù dei cristiani che da lui prende nome” (63-64).
Né Pilato, né Giuseppe Flavio o Tacito avrebbero immaginato che quell’atto processuale, celebrato in una sperduta provincia dell’Impero romano, avrebbe segnato indelebilmente la storia dell’umanità. Come ha scritto lo studioso inglese Samuel S. G. Brandon nel suo Processo a Gesù (1968), quella sentenza fu “la più importante della storia dell’umanità. Nessuna azione giudiziaria intentata contro una persona è conosciuta da un numero altrettanto grande di persone. Gli effetti del processo di Gesù nella storia umana sono incalcolabili”. I più celebri casi giudiziari, come quello contro Socrate svoltosi ad Atene nel 399 prima dell’era cristiana o quello che nel 1431 mandò al rogo Giovanna d’Arco o quello aperto dall’Inquisizione contro Galileo nel 1633, impallidiscono di fronte alle due sbrigative sessioni processuali, durate meno di 24 ore e celebrate davanti al Sinedrio e al procuratore romano, che mandarono alla pena capitale quel predicatore ambulante di Galilea di nome Gesù di Nazaret attorno agli inizi degli anni 30. (more…)
Tag:gesù di nazaret, processo
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marzo 27, 2010
Perché Berlusconi è da studiare a scuola
di Sergio Luzzatto
Fra le cose che più stanno facendo discutere della bozza di riforma Gelmini dei licei, sono i programmi di storia: soprattutto per quanto attiene alla storia del Novecento. Secondo le Indicazioni nazionali consultabili sul sito del ministero (nuovilicei.indire.it), la didattica di storia dell’ultimo anno sarà interamente occupata dal XX secolo, «dall’analisi delle premesse della Prima guerra mondiale fino ai nostri giorni».
A dire il vero, si tratta di un battage comunicativo più che di una vera riforma dell’esistente. In effetti, da oltre un decennio l’insegnamento del quinto anno di liceo è centrato sulla storia del Novecento: fin da quando – negli anni Novanta – il ministro Luigi Berlinguer dispose in tal senso, per rimediare a una pratica didattica che tendeva a indugiare sull’Ottocento e tutt’al più sulla prima metà del Novecento, penalizzando la storia post 1945. Oggi, la bozza di riforma Gelmini ribadisce lo spirito della riforma Berlinguer. (more…)
Tag:programmi di storia, scuola
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marzo 27, 2010
A quarant’anni dalla morte, torna di scena Russell. Il Tribunale Russell per la Palestina, per la precisione. Riesumazione di un organismo che in tutta la sua storia si è sempre e solo occupato di “misfatti” dell’occidente: Vietnam, Cile, Brasile, e ora Palestina. A differenza di quell’altro Tribunale permanente dei popoli creato da Lelio Basso che, pur strettamente collegato all’esperienza del Tribunale Russell ed essendo anch’esso prevalentemente antioccidentale, ha però a onor del vero trovato anche un po’ di tempo per trattare il Tibet, l’operato del regime di Menghistu in Eritrea, l’intervento dell’Armata rossa in Afghanistan. Ma Bertrand Arthur William Russell, terzo conte Russell, ordine al merito del Regno Unito, fellow della Royal Society, premio Nobel per la Letteratura del 1950, filosofo, epistemologo, logico, matematico, storico, politologo, teorico del socialismo, pacifista, critico sociale, era uno che scrisse 67 libri in 98 anni di vita, tra cui uno che si intitolava “Elogio dell’ozio”, e il cui messaggio era: “Io penso che in questo mondo si lavori troppo, e che mali incalcolabili siano derivati dalla convinzione che il lavoro sia cosa santa e virtuosa”. E allo stesso modo di chi legge una frase del genere stenterebbe ad attribuirla a un personaggio che in realtà lavorò da matto come pochi, così anche il ricordo del vecchietto che negli anni Sessanta scriveva appelli contro il blocco a Cuba, marciava contro la guerra in Vietnam e istituiva appunto un tribunale di quel tipo, ha fatto dimenticare l’altro Russell che appena nel 1948 aveva proposto di fare un attacco nucleare preventivo contro Stalin. (more…)
Tag:bertrand russell
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marzo 27, 2010

Se vogliamo scoprire la mente di Hitler, dobbiamo penetrare la spessa cortina di testimonianze superficiali che la nascondono; il carattere ripugnante che ne formava l’espressione – e che non esiste forza del pensiero in grado di compensare – e gli inaffidabili intermediari che l’hanno commentata. Dobbiamo andare dritti alle parole di Hitler: non certo quelle delle sue lettere e dei suoi discorsi – che, per quanto preziose, sono troppo pubbliche, troppo ufficiali al nostro scopo; dobbiamo invece rivolgerci alle sue conversazioni private, le sue «conversazioni tenute a tavola». La conversazione che si fa a tavola, come i quaderni di appunti, rivela la mente di un uomo in modo molto più completo, più intimo, che qualsiasi discorso formale. Tutte le conversazioni riportate in questo libro ebbero luogo alla Wolfsschanze o al Wehrwolf. Esse si tenevano durante i pasti, talvolta a pranzo, altre volte a cena, ancor più spesso in occasione del pasto più socievole: la lunga successione di tè e pasticcini – che di solito si protraeva ben oltre la mezzanotte – che concludeva una giornata di lavoro. Poi Hitler si dilungava. Conversatore appassionato, pare che egli, con la sua voce e con i suoi occhi – sebbene fosse una voce aspra e gli occhi fossero freddi – ammaliasse i suoi ascoltatori: nelle conversazioni informali, a differenza che nell’oratoria formale, il suo tono era fresco, flessibile, a volte persino allegro. Ovviamente si trattava per lo più di monologhi – anche se Hitler gradiva le interruzioni che lo stimolavano – e naturalmente spesso si ripeteva. Nondimeno, pare che la cerchia dei suoi intimi – infatti soltanto i suoi intimi, e qualche occasionale e fidato ospite, presenziavano a queste funzioni – lo ascoltasse con piacere. Nei suoi monologhi, gli ospiti vedevano tutta la mente del Führer: i dettagli autobiografici – e non documentati – della sua giovinezza, la storia segreta del glorioso Kampfzeit, la terribile ma stimolante filosofia grazie alla quale aveva già realizzato tre quarti del suo vasto programma e ora – così sembrava – stava per realizzare il resto.
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Tag:adolf hitler
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marzo 27, 2010
L’Osservatore Romano pubblica oggi la traduzione in italiano della lettera ‘Ad exsequendam ecclesiasticam legem’ del 18 maggio 2001, indirizzata a tutta la gerarchia cattolica dalla Congregazione per la Dottrina della Fede
GIACOMO GALEAZZI |
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Con la lettera Ad exsequendam ecclesiasticam legem del 18 maggio 2001 a tutta la gerarchia cattolica, la Congregazione per la Dottrina della Fede dava notizia delle norme sui delitti più gravi (“delicta graviora”) riservati alla medesima congregazione. Del testo latino della lettera, pubblicato in “Acta Apostolicae Sedis” (93, 2001, pp. 785-788), diamo la traduzione italiana tratta dall'”Enchiridion Vaticanum”. Per l’applicazione della legge ecclesiastica, che all’articolo 52 della Costituzione apostolica sulla curia romana dice: “[La Congregazione per la dottrina della fede] giudica i delitti contro la fede e i delitti più gravi commessi sia contro la morale sia nella celebrazione dei sacramenti, che vengano a essa segnalati e, all’occorrenza, procede a dichiarare o a infliggere le sanzioni canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio” (1), era necessario prima di tutto definire il modo di procedere circa i delitti contro la fede: questo è stato fatto con le norme che vanno sotto il titolo di Regolamento per l’esame delle dottrine, ratificate e confermate dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, con gli articoli 28-29 approvati insieme in forma specifica (2). (more…) |
Tag:chiesa cattolica, congragazione dottrine per la fede, osservatore romano, pedofilia
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marzo 27, 2010
di Marco Travaglio
Nell’inchiesta di Milano sulla fuga di notizie della famigerata telefonata Fassino-Consorte, c’è tutta la tragicommedia della politica italiana. Il leader del centrosinistra, nel luglio 2005, confabula al telefono con un chiacchierato assicuratore, tifando smodatamente per una scalata bancaria illegale a cui dovrebbe essere non solo estraneo, ma contrario (invece alterna il “noi” e il “voi”, confondendo i Ds e l’Unipol, e non fa una piega quando Consorte gl’illustra i trucchi adottati per controllare la maggioranza di Bnl senza lanciare l’Opa obbligatoria per legge). Il leader del centrodestra, mentre tuona ogni due per tre contro le intercettazioni, riceve in casa sua per Natale il nastro con quella di Fassino e Consorte, ne coglie al volo la portata ricattatoria e sputtanatoria in vista della campagna elettorale e promette a chi gliel’ha donato “l’eterna gratitudine della mia famiglia.
Una settimana dopo Il Giornale della sua famiglia riceve la bobina in pacco anonimo e la sbatte in prima pagina col titolo “Abbiamo una banca?”. Fassino, che alla notizia di sue chiamate intercettate aveva detto di non aver nulla da temere e di pubblicarle pure, appena ne viene pubblicata una strilla al complotto: dimostrando così che aveva molto da temere, almeno sul piano politico-mediatico-morale, e che col suo tifo da stadio si era reso ricattabile e aveva messo in pericolo la sua coalizione. Anche senza prevedere che Consorte fosse ascoltato, nell’estate 2005 era arcinoto che il patron di Unipol si muoveva in festoso concerto con personaggini del calibro di Fiorani, Ricucci, Gnutti e Coppola, i furbetti del quartierino legati a filo doppio a Berlusconi. (more…)
Tag:ds, giovanni consorte, intercettazioni telefoniche, piero fassino, scalata bnl, unipol
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marzo 27, 2010
In un momento difficile per la dinastia Mubarak e con i Fratelli musulmani che acquistano sempre maggiore spazio politico, la successione alla guida della moschea-università al Azhar è decisiva per le sorti dell’Egitto e dell’islam sunnita. L’elezione ha un’importanza cruciale negli equilibri interni al Cairo, perché l’imam è consulente del governo sulla religione e fin dagli anni Cinquanta è di nomina governativa. Le sue fatwe hanno eco in tutto il mondo. Al posto del defunto e venerato Mohamed Sayyed Tantawi, il presidente egiziano Hosni Mubarak ha nominato suo successore alla guida della più prestigiosa istituzione teologica dell’islam sunnita il rettore in carica, Mohamed Ahmed al Tayyeb. Francofono formatosi alla Sorbona di Parigi, il nuovo capo di al Azhar non indossa i tradizionali abiti egiziani, ma eleganti completi scuri. (more…)
Tag:mohamed ahmed al tayyeb, moschea al azhar
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marzo 26, 2010
Fra i gruppi e i movimenti islamici del Pakistan, ma anche all’interno dell’apparato statale civile e militare, vi sono diversi gradi di sostegno e di simpatia nei confronti dei Talebani, anche se non vi è un aperto appoggio e una dichiarata adesione ai loro metodi – scrive l’analista pakistano Hasan al-Askari Rizvi
Gli attacchi terroristici dell’8 e del 12 marzo a Lahore non fanno che ricordarci come il terrorismo continui a minacciare l’ordine e la stabilità interna del Pakistan. Questi attacchi dimostrano anche che i terroristi non sono solamente presenti nelle città, ma hanno anche sviluppato una fitta rete, a scapito del governo e del popolo pakistano.
L’ultimo grande attacco terroristico a Lahore ha avuto luogo il 7 dicembre 2009, quando due bombe sono esplose in un mercato, uccidendo almeno 70 persone. La pace a cui si è assistito a Lahore nel corso degli ultimi tre mesi ha creato la falsa impressione che il peggio fosse passato. Gli incidenti più recenti mostrano che la cacciata dei terroristi dalla valle di Swat e dalla maggior parte del Sud del Waziristan li ha certamente indeboliti, ma la loro minaccia rimane allarmante.
Un’operazione di sicurezza eseguita congiuntamente dall’esercito, dalle forze aeree e dalle forze paramilitari, è riuscita a porre fine al controllo territoriale del regime talebano nello Swat / Malakand e nella maggior parte del Sud del Waziristan. La maggior parte dei Talebani sopravvissuti all’attacco sono fuggiti sulle montagne, in Afghanistan e in altri centri tribali. Quando le forze di sicurezza iniziarono le loro operazioni nei centri di Bajaur, Khyber, Orakzai, Kurram, alcuni Talebani si trasferirono nelle aree abitate del Pakistan, in particolare in alcune grandi città. (more…)
Tag:pakistan, talebani, terrorismo islamico
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marzo 26, 2010
CHI È L’UOMO CHE SI STA PRENDENDO (PER UNA STERLINA) UNA BUONA FETTA DI OPINIONE PUBBLICA INGLESE (“INDEPENDENT” E “EVENING STANDARD”) – E’ “LIBERAL”, BANCHIERE, DEPUTATO, MECENATE, E TYCOON DEI MEDIA – CONTESTA PUTIN E FREQUENTA BROWN, LA FAMIGLIA REALE E LE STAR, MA FINO AL 1992 ERA UNA SPIA DEL KGB A LONDRA – E SE INVECE FOSSE IN MISSIONE PER CONTO DEL SUO EX COLLEGA PUTIN, CONQUISTANDO AVAMPOSTI DI OPINIONE PUBBLICA IN OCCIDENTE?….
Anna Zafesova per “la Stampa”
Al suo primo grande party in terra britannica – una raccolta fondi per bambini leucemici nella tenuta della famiglia di Lady Diana – si sono presentati Salman Rushdie, Elle Macpherson, Quincy Jones e una manciata di membri della famiglia reale. Alle sue cene di charity vengono Elton John, Naomi Campbell e l’idolo dei russi rampanti, la baronessa Thatcher.
Se i liberal inglesi ieri hanno tirato un sospiro di sollievo per le sorti economiche del loro giornale preferito, “The Independent”, acquistato insieme al supplemento domenicale per la simbolica cifra di una sterlina dall’oligarca russo Alexandr Lebedev, non dovrebbero nemmeno preoccuparsi troppo per la sua immagine.
Il nuovo proprietario non è certo un borgataro moscovita trapiantato a Londongrad, le sue maniere sono impeccabili, le sue frequentazioni invidiabili e se il suo passato conserva zone d’ombra si tratta comunque di un mistero che da queste parti è sempre stato considerato chic: oggi banchiere, deputato, mecenate, fino al 1992 Lebedev era un agente del Kgb, che lavorava a Londra come spia. (more…)
Tag:alexandr lebedev
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marzo 26, 2010
Venticinque anni fa le Br uccidevano l’economista che infranse il tabù della scala mobile. Il figlio lo ricorda
MARCELLO SORGI
La madre non sapeva come dirlo al figlio. Tre giorni prima giocavano insieme a pallone nel parco sotto casa, a Villa Paganini, e tre giorni dopo: «Sai, Luca, c’è una cosa terribile che devi sapere. Papà è morto». Non aveva avuto cuore neppure di spiegargli, subito, che il padre era stato ammazzato dalle Brigate rosse. E non aveva creduto ai suoi occhi e alle sue orecchie quando Luca, stordito, senza piangere, dopo un lunghissimo attimo di silenzio, le aveva risposto qualcosa come: «Dobbiamo andare avanti. Le nostre vite devono continuare».
Davanti alle immagini del film che ha dedicato alla vita del padre, ancora non si spiega quella reazione il giovane storico Luca, figlio dell’economista Ezio Tarantelli caduto proprio venticinque anni fa sotto il piombo brigatista. A metà Anni Ottanta, l’Italia era nel fuoco dello scontro sul taglio della scala mobile, il sistema automatico di adeguamento dei salari all’inflazione che proprio Tarantelli aveva contribuito a riformare e che divise il Paese a metà. «Forse – chiarisce – il colpo che avevo subito era così forte che sul momento ho cercato di rimuovere l’accaduto. Non solo il delitto, ma perfino mio padre. Un padre molto impegnato e molto amato, con cui avevo appena festeggiato il mio tredicesimo compleanno. Poi a poco a poco ho sentito risorgere dentro di me il desiderio di conoscerlo meglio e di ritrovarlo. Anche per questo ho fatto questo documentario, in cui sono andato a cercare tutti i suoi amici per farmi raccontare com’era». (more…)
Tag:brigate rosse, ezio tarantelli
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marzo 25, 2010
PAOLO VI LO CHIAMÒ IN VATICANO – FU L´ULTIMA PERSONA A VEDERE VIVO PAPA LUCIANI – WOJTYLA LO PROMOSSE MAESTRO DELLE CELEBRAZIONI – UNA CARRIERA MACCHIATA DA PETTEGOLEZZI (GAY?), SOSPETTI (GAY?) e VELENI (GAY?) – LA SUA PROMOZIONE VESCOVILE FU UN ESCAMOTAGE PER ALLONTANARLO DA ROMA…
Orazio La Rocca per “la Repubblica”
Con le dimissioni del vescovo John Magee, lo scandalo dei preti pedofili irlandesi ha colpito un personaggio che ha servito ben tre papi. Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II, accanto ai quali è stato dal 1969 al 1987 col delicato ruolo di segretario aggiunto. In questa veste fu il primo testimone ad entrare, la mattina del 29 settembre 1978, nella camera da letto di papa Luciani constatandone la morte.
Ma qualcuno in Vaticano, ogni volta che si parla della fulminea fine del Papa dei 33 giorni, non può fare a meno di sollevare la diretta responsabilità proprio di monsignor Magee. La sera precedente il decesso di Giovanni Paolo I, aveva assistito al primo collasso del Pontefice avvenuto poco prima della cena delle ore 20, ma ritenne opportuno non chiamare il medico, giudicando il malore del Pontefice «un semplice calo di pressione dovuta ad affaticamento».
Luciani fu anche costretto a mangiare un po´ di minestra. Ma poi, la mattina successiva, una suora, vedendo che il Pontefice non era uscito dalla camera, lo chiamò allarmata. E a Magee non restò altro che entrare nella camera da letto e vedere il corpo del Papa privo di vita, col capo reclinato sul cuscino e tra le mani un libro sull´America Latina. Luciani era morto intorno alle 23 della notte. Ma nessun medico gli era stato vicino. (more…)
Tag:vescovo john magee
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marzo 25, 2010
Da trentadue anni lavoro su quanto ho sbagliato nelle mie entusiastiche corrispondenze da Teheran sulla Rivoluzione iraniana guidata dall’ayatollah Khomeini, pubblicate sul quotidiano Lotta Continua e trasmesse da Radio Popolare di Milano. Ne ripropongo una cernita, in presa diretta col passato.Un errore soltanto non ammetterò mai, anche se oggi va di moda affermare che fu tale: la Rivoluzione contro lo scià Reza Pahlevi non soltanto era giusta, ma indispensabile. Il regime dello scià era autoritario, antidemocratico e feroce (fonti attendibili calcolano 100 mila oppositori imprigionati, quattromila torturati, cinquemila uccisi, spesso senza processo, e non meno di otto-diecimila vittime della repressione delle manifestazioni nel 1978-79), ma era innanzitutto un regime rigido. Era, essenzialmente, un regime stupido. Era talmente infarcito di corruzione e ferocia da essere incapace della minima flessibilità riformista, della minima manovra politica che, fatta per tempo, l’avrebbe salvato. Un regime che non comprese che il suo progetto modernista era fallito, che aveva coinvolto solo un’esile patina di privilegiati, ma non era condiviso da un popolo rimasto profondamente islamico.Un regime che a fronte del contraccolpo provocato dalla fortissima contrazione dei consumi, dopo il boom del prezzo del petrolio del 1973, e del disagio sociale conseguente, seppe soltanto mettere in campo l’esercito a sparare sulla folla. Un regime che non sapeva cosa fosse la politica e che la confondeva con il comando imperiale. Un regime che lavorò con la sua rigidità feroce e sanguinaria ad allargare il consenso popolare nei confronti di Khomeini, anche nei settori più laici e filoccidentali della società iraniana. (more…)
Tag:iran, israele
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marzo 25, 2010
Misteri, segreti e delitti a sedici anni dall’agguato di Mogadiscio in cui morirono i due giornalisti Rai
Luigi Grimaldi
Il principale accusatore di Hashi Omar Hassan, l’unico condannato per l’uccisione della giornalista Ilaria Alpi e dell’operatore tv Miran Hrovatin (avvenuta a Mogadiscio il 20 marzo del ’94), rischia di finire sotto processo a Roma per il reato di calunnia: si sarebbe prestato a un complotto per incastrare un innocente. Il provvedimento è stato disposto lo scorso 17 marzo dal Gip romano Maurizio Silvestri, nei confronti di Ali Rage Ahmed detto “Gelle” e riapre diversi capitoli di esplosiva importanza. Nel frattempo a Trapani e a Palermo una nuova indagine ancora top secret sta prendendo corpo e riunifica tre casi giudiziari rimasti altrettanti misteri: gli omicidi di Mauro Rostagno, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, Vincenzo Li Causi. (more…)
Tag:ilaria alpi, miran hrovatin
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marzo 25, 2010

L’Italia era pronta a sostenere il riarmo dell’Inghilterra contro la Germania, all’inizio della seconda guerra mondiale. Sembrerebbe esercizio di fantapolitica sostenere che la collusione tra il Duce e la “perfida Albione” giunse al punto da intavolare trattative segrete per favorire il riempimento degli arsenali inglesi. Eppure, clamorose conferme di queste prove d’intesa con Londra, avviate da Mussolini dopo la dichiarazione di non belligeranza da parte italiana, nel settembre 1939, emergono dai dossier inediti dell’allora ministro degli Scambi e valute (cioè del Commercio estero), Raffaello Riccardi, che fu protagonista di questi negoziati. Tali documenti sono conservati alla Wolfsoniana di Genova, e resi accessibili per la prima volta dal collezionista e miliardario di Miami Mitchell Wolfson. La verità rimossa torna a galla svelandoci fino a che punto l’Italia si spinse per vanificare gli esiti di una guerra scatenata da Hitler e dalla Gran Bretagna, e frutto di opposti oltranzismi. Dietro questo scenario si stagliano due gigantesche e ingombranti figure della storia: la mascella volitiva di Mussolini e l’uomo con sigaro, Churchill. Benito e Winston, nemici riluttanti, antagonisti innaturali spinti nel baratro di un conflitto che forse si sarebbe potuto evitare.
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Tag:benito mussolini, winston churchill
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marzo 25, 2010
Il grande inviato di guerra Fisk racconta la storia del Paese mediorientale, diviso all’interno e occupato dagli stranieri. E salva il nostro eroico contingente
Sembra che in questi ultimi tre anni il Libano abbia preso a crescere, economicamente parlando, a un ritmo frenetico. Beirut è tornata a essere una capitale del piacere e degli affari, il suo porto commerciale è pieno, quello turistico vede ormeggiate le barche più lussuose, le pubblicità invitano a godersi la vita al massimo e a ogni istante. Ancora nel 2006 lì piovevano le bombe israeliane dell’operazione Grappoli d’ira e la capitale ripiombava in quella che nell’ultimo trentennio è stata la sua condizione naturale: sangue e distruzione. È un popolo ostinato il popolo libanese, eroico nella tenacia con cui si piega e sopporta l’insopportabile. Il martirio di una nazione (il Saggiatore, pagg. 848, euro 35) è il saggio che Robert Fisk le ha dedicato e che esce ora in edizione italiana, libro complesso nel suo essere storia e cronaca, analisi geopolitica, riflessione sul mestiere giornalistico e sul mestiere delle armi, scritto da quello che per il New York Times è «il più famoso inviato di guerra del mondo».
Ancora oggi negli alberghi, nei salotti borghesi, nelle baracche dei campi profughi ritrovi sotto forma di stampe gli acquerelli che nella prima metà dell’Ottocento l’artista inglese David Roberts dedicò a Tiro e ai templi di Baalbek, a Sidone e alle montagne dello Shuf. Rappresentano la visione idilliaca di un mondo violento dove l’impero ottomano esercitava ancora il suo dominio, ma le potenze europee già andavano erodendolo anno dopo anno, fino a ridisegnarne i confini all’indomani della Grande guerra. Il Libano che geograficamente conosciamo nacque allora, ritagliato dai francesi su una minoranza cristiano-maronita che era insieme garante e sovrana della maggioranza drusa musulmana. Nel secondo dopoguerra, il protettorato francese lasciò il posto a una nazione indipendente in cui la condivisione del potere fra le due comunità poggiava dunque su un compromesso, sino ad allora tutelato da una potenza militare straniera e ora elevato a dottrina di Stato: come tale, fragile.
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Tag:esercito italiano, libano, robert fisk
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marzo 25, 2010
Il suo orizzonte non è più Largo Fochetti, ma il Palazzo di Vetro, laggiù a New York. Roberto Saviano, di appello in appello, si è allargato da Repubblica all’Onu. L’ultimo (in ordine cronologico) invito alla società civile, “Per un voto onesto servirebbe l’Onu”, sulla necessità di elezioni regolari, ha già chiamato alla firma più di trentamila persone. Saviano aveva semplicemente scritto un articolo accorato: “E io non ho paura a dirlo: è necessario che il nostro paese chieda aiuto. Lo dico e non temo che mi si punti il dito contro, per un’affermazione del genere”. Ma ogni cosa coraggiosa scritta da Saviano diventa ormai spontaneamente appello planetario, o almeno gruppo su Facebook. Ogni parola di Saviano si trasforma nella causa giusta sotto cui mettere una firma: gesto gratificante e riposante insieme, soprattutto azione collezionabile (“Quanti ne hai tu?”, “Ah, ho perso il conto, in questo paese ogni giorno bisogna firmare un appello”). (more…)
Tag:roberto saviano
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marzo 25, 2010
Ho letto che anche l’Accademia di Belle Arti di Milano deve traslocare, abbandonando la gloriosa sede di Brera. A sovrintendere al trasloco c’è ora Caterina Bon Valsassina, già direttrice dell’Istituto Centrale per il Restauro a Roma – oggi visitato dall’ufficiale giudiziario incaricato di eseguire lo sfratto – e la coincidenza mi ha incuriosito, benché le due situazioni non siano probabilmente comparabili. Direttore dell’Accademia milanese e studenti sono contrari allo spostamento. Non so quali siano le ragioni degli uni e degli altri. Ma anche ammesso che studenti e docenti sentano semplicemente il trasferimento da un luogo così centrale e proverbiale e carico di storia come una perdita di rango, tendo a simpatizzare con loro. L’Accademia di Belle Arti – in quella di Firenze insegnai a lungo, e mi piaceva – è una specie di territorio libero, almeno fino a che programmi e regolamenti non spengano nei giovani la bella voglia che li ha portati lì. Perciò mi viene naturale di paragonarla alla galera – di cui fui ospite così a lungo, e non mi piaceva – in cui si va con tutt’altro spirito, e si studia l’arte di sopravvivere. Però che San Vittore sia svuotato e il carcere trasferito fuori mano, sebbene sappia che i suoi locali sono pessimi, non mi sembra una bella notizia. Impenetrabili ottuse e ostili come vogliono essere, le prigioni sono pur sempre riconosciute da chi ci passa attorno. Si vedono, si deve spiegare ai bambini che cosa sono, non si può far finta che non esistano, e che non si sappia che cosa ci succede dentro. Così, la vita civile ha molto da perdere dalla cancellazione dalla scena urbana delle belle arti e degli zoo per umani.
Il Foglio
Tag:adriano sofri, piccola posta
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marzo 25, 2010
Roberto Saviano torna con un libro e un dvd dal titolo “La parola contro la camorra”. Ne anticipiamo un brano. Le organizzazioni criminali temono i libri, i discorsi e i pensieri
SPESSO mi si chiede come sia possibile che delle parole possano mettere in crisi organizzazioni criminali potenti, capaci di contare su centinaia di uomini armati e su capitali forti. E come è possibile – questa domanda mi viene ripetuta spessissimo, soprattutto all’estero – che uno scrittore possa mettere in crisi organizzazioni capaci di fatturare miliardi di euro l’anno e di dominare territori vastissimi?
È complicato dare una sola risposta e, in verità, l’unica risposta che mi viene in mente, la più plausibile è che sia proprio la diffusione della parola a mettere paura. Non è lo scrittore, l’autore, non è neanche il libro in sé, né la parola da sola, che riesce ad accendere riflettori e per questo a mettere paura. Quello che realmente spaventa è che si possa venire a conoscenza di determinati eventi e, soprattutto, che si possano finalmente intravedere i meccanismi che li hanno provocati. Quel che spaventa è che qualcuno possa d’improvviso avere la possibilità di capire come vanno le cose. Avere gli strumenti che svelino quel che sta dietro. E soprattutto avere la possibilità di percepire determinate storie come le proprie storie. Non più come storie lontane, non più come vicende geograficamente distanti, ma come facenti parte della propria vita. Allora ciò che più temono le organizzazioni criminali non è soltanto la luce continua che gli viene posta addosso, ma soprattutto che migliaia, forse milioni di persone in Italia e nel mondo, possano sentire le loro vicende e il loro destino come qualcosa che riguarda tutti. (more…)
Tag:roberto saviano
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marzo 25, 2010
Via i «detriti» burocratici, ma restano norme confuse e deliranti. I decreti del governo equivalgono a 124 tomi
L’aspirante dannunziano Roberto Calderoli ha fatto un miracolo: denunciata la presenza di 29.100 leggi inutili, ne ha bruciate in un bel falò 375.000. Fatti i conti, lavorando 12 ore al giorno dal momento in cui si è insediato, più di una al minuto: lettura del testo compresa. Wow! Resta il mistero dell’ingombro di quelle appena fatte. Stando al «Comitato per la legislazione» della Camera, i soli decreti del governo attuale hanno sfondato la media di 2 milioni di caratteri l’uno: 56 decreti, 112 milioni di caratteri. Per capirci: l’equivalente di 124,4 tomi di 500 pagine l’uno. Dicono le rappresentanze di base dei vigili del fuoco che quella del ministro è stata «una sceneggiata degna del Ventennio». E c’è chi sottolinea che i roghi di carta, in passato, hanno sempre contraddistinto i tempi foschi. Per non dire delle perplessità sui numeri: se la relazione della commissione parlamentare presieduta da Alessandro Pajno e più volte citata da Calderoli aveva accertato «circa 21.000 atti legislativi, di cui circa 7.000 anteriori al 31 dicembre 1969», come ha fatto lo stesso Calderoli a contarne adesso 375.000?
Al di là le polemiche, tuttavia, resta il tema: fra i faldoni bruciati ieri nel cortile di una caserma dei pompieri (lui avrebbe voluto fare lo show a Palazzo Chigi ma Gianni Letta, poco marinettiano, si sarebbe opposto…) c’erano soltanto antichi reperti burocratici quali l’enfiteusi o anche qualcosa di più recente? Prendiamo l’articolo 7 delle norme sul fondo perequativo a favore delle Regioni: «La differenza tra il fabbisogno finanziario necessario alla copertura delle spese di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), numero 1, calcolate con le modalità di cui alla lettera b) del medesimo comma 1 dell’articolo 6 e il gettito regionale dei tributi ad esse dedicati, determinato con l’esclusione delle variazioni di gettito prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria nonché dall’emersione della base imponibile…». Il ministro Calderoli concorderà: un delirio. Il guaio è che non si tratta di una legge fatta ai tempi in cui Ferdinando Petruccelli della Gattina scriveva «I moribondi del Palazzo Carignano». È una legge del governo attuale, presa mesi fa ad esempio di demenza burocratese da un grande giornalista non certo catalogabile fra le «penne rosse»: Mario Cervi. Direttore emerito del Giornale berlusconiano. Eppure c’è di peggio. (more…)
Tag:leggi inutili, roberto calderoli
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marzo 24, 2010
“Nella lite sugli insediamenti, chi sono i veri amici di Israele?”, si è chiesto qualche giorno fa, dalle pagine del Washington Post, Stephen M. Walt, professore di Relazioni Internazionali all’Università di Harvard, in merito alla crisi scoppiata fra Washington e Tel Aviv a seguito dell’annuncio israeliano di un piano edilizio per la costruzione di 1.600 abitazioni a Gerusalemme Est.
La disputa ha suscitato un intenso dibattito negli Stati Uniti, fra coloro che hanno valutato positivamente la reazione dell’amministrazione Obama e coloro che l’hanno invece aspramente criticata, ritenendola indegna di uno stretto alleato di Israele.
Su posizioni molto critiche nei confronti di Obama si sono schierati l’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC) – la principale e più potente lobby filo-israeliana negli USA – ed altri gruppi fra cui l’ Anti-Defamation League, a cui bisogna aggiungere un consistente blocco di membri del Congresso, non solo repubblicani ma anche democratici.
A sostegno della posizione adottata dalla Casa Bianca si sono schierati gruppi filo-israeliani pacifisti come J Street e Americans for Peace Now. Degna di nota è anche la posizione espressa dal generale David Petraeus, attualmente a capo dello U.S. Central Command (la cui area di responsabilità copre tutto il Medio Oriente, fino all’Asia centrale, con l’esclusione di Israele e dei Territori palestinesi). Petraeus ha affermato che la sicurezza delle truppe americane in Medio Oriente è messa in pericolo dal conflitto israelo-palestinese.
Questo conflitto alimenta sentimenti anti-americani, secondo Petraeus, a causa di quello che viene percepito in Medio Oriente come un atteggiamento parziale degli Stati Uniti a favore di Israele. Il generale americano ha affermato che la collera suscitata nei paesi arabi dall’irrisolta questione palestinese rende più facile ad al-Qaeda e ad altri gruppi estremisti il compito di reclutare nuovi seguaci, e permette all’Iran di avere maggiore influenza nel mondo arabo. (more…)
Tag:israele, palestina
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marzo 24, 2010
SEMBRA IL TITOLO DI UN POLIZIOTTESCO ANNI ’70, INVECE È IL NUOVO LIBRO DI ALFIO CARUSO: LA SANTA ALLEANZA TRA COSA NOSTRA E I POTERI ECONOMICI CORROTTI NEL CUORE FINANZIARIO DEL NORD (CHE TEMEVANO LE INDAGINI DEL GIUDICE SICILIANO) – FALCONE UCCISO DALLA MAFIA, APPOGGIATA DALL’ENTITÀ ESTERNA; VIA D’AMELIO, VOLUTA DALL’ENTITÀ ESTERNA, APPOGGIATA DALLA MAFIA…
Felice Cavallaro per il “Corriere della Sera” 18 marzo 2010
È un pugno allo stomaco alla Milano degli affari, di grandi gruppi industriali che si sono ritrovati a braccetto con gli straccioni armati di lupara, ma straricchi, accolti all’ ombra della Madunina sin dagli anni Settanta da chi avrebbe riciclato soldi di lordi traffici. Restituendo linfa vitale a una mafia pronta ad alzare il tiro, a puntare sempre più in alto, ad accordarsi, a condizionare con i suoi tentacoli chi, infine, avrebbe dato l’avallo o addirittura commissionato le grandi stragi di Cosa Nostra, da Capaci a via D’ Amelio, da Roma a Firenze e Milano.
Così, anche la copertina del nuovo libro di Alfio Caruso da oggi in libreria, con un secco “Milano ordina, uccidete Borsellino” (Longanesi), scaraventa nel cuore della capitale economica del Paese una ricostruzione che, pur con una tesi esposta a critiche e obiezioni, mette a nudo quanto meno le leggerezze di chi ha tollerato il contagio. (more…)
Tag:di mafia, giovanni falcone, milano, paolo borsellino, stragi
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marzo 24, 2010
di Marco Malagola
Vent’anni fa moriva Sandro Pertini, il Presidente della Repubblica più amato dagli italiani, e attraverso una testimonianza tutta personale vorrei ricordarlo nella sua profonda umanità di servitore integerrimo e leale della Patria. Il mio incontro con lui avvenne in modo assolutamente casuale e imprevisto attraverso il filo del telefono.
Era la fine del maggio 1963; in quegli anni lavoravo in Segreteria di Stato e l’improvviso aggravarsi delle condizioni di salute di Giovanni XXIII aveva suscitato la trepida e preoccupata attenzione di tutto il mondo. Fra le tante telefonate dalle differenti voci e provenienze, mi incuriosì il fatto che ogni giorno, immancabilmente, avvertivo il timbro di una voce maschile inconfondibile, e sempre la stessa, dal tono fermo e accorato, che chiedeva informazioni delle condizioni di salute del Papa. Si arrivò al pomeriggio del 3 giugno 1963. E ancora quella stessa voce a chiedere notizie. Dovetti purtroppo rispondere a quell’anonimo signore che il bollettino medico del mattino non offriva alcuna speranza. Infatti Giovanni XXIII moriva qualche ora dopo. Ma quella voce si rifece ancora viva per ringraziare chi, nei giorni prima, gli aveva puntualmente fornito le informazioni desiderate. Lo sconosciuto signore chiese chi ero. L’accontentai precisando, prima di tutto, che non ero affatto un «monsignore», ma un semplice frate francescano. «Bravo! Che bello, io amo san Francesco!». (more…)
Tag:sandro pertini
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marzo 24, 2010
Esce la prima versione italiana integrale del romanzo da cui il regista trasse il capolavoro con De Niro Morte, amicizia, donne: l’educazione criminale di quattro ragazzi che volevano conquistare l’America
Facciamo come Noodles. Mettiamoci comodi sul divano e cominciamo a «tirare». Magari non una pipa di oppio, ma un romanzo, che è cosa più salutare. S’intitola The Hoods, perché hood è la contrazione di hoodlum, cioè gangster, bandito. I gangster di cui parla il libro li conosciamo tramite C’era una volta in America, il capolavoro di Sergio Leone datato 1984 molto liberamente (e mirabilmente) tratto da qui. Oggi The Hoods, con il titolo che lo ha reso complice e mandante dell’omonima opera colossale, vera pietra miliare della storia del cinema, esce per la prima volta in italiano in edizione integrale (Mattioli 1885, euro 20, pagg. 428, a cura di Benedetto Montefiori – la prima edizione statunitense risale al ’52).
A scriverlo, ovviamente, fu uno del ramo, un piccolo Plutarco di strada che inanellò una serie di vite parallele e malavitose. Si chiamava Harry Goldberg, ma firmò con il cognome, meno giudeo e più anonimo, di Gray. Il cineasta romano s’innamorò perdutamente di quei malavitosi romantici, dei loro ammazzamenti e delle loro bevute, delle loro ragazze e dei loro cappotti stazzonati. E filtrando il tutto, aspirandolo come una boccata di sigaro Corona, assaporò l’ebbrezza proustiana di riannodare i fili del tempo perduto. (more…)
Tag:c'er una volta in america, harry goldberg, sergio leone
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marzo 24, 2010
Stampò 134 milioni di sterline, Goebbels voleva colpire gli anglo-americani con i soldi
Adolf Burger era rinchiuso in una baracca di Auschwitz e si è salvato la vita perché le SS gli affidarono una missione: stampare così tante sterline false da far saltare la banca d’Inghilterra. Tra le mille storie tragiche dell’Olocausto, quella di questo ebreo di Bratislava è una delle più paradossali.
Racconta la sua storia in un’autobiografia pubblicata in Italia dalla casa editrice «Nutrimenti». Titolo: «L’Officina del Diavolo». In 400 pagine (prezzo 19,50 euro) ricorda che a Bratislava faceva un lavoro onesto, lo stampatore-tipografo. Ma arrivarono i nazisti, e lui finì insieme alla moglie Gisela ad Auschwitz. Lei finirà su per il camino, come si diceva in quei giorni. Lui riesce a resistere fino alla primavera del 1944, quando i nazisti, dopo i rovesci in Africa e la sconfitta di Stalingrado, iniziano a temere la sconfitta. (more…)
Tag:adolf burger, auschwitz, mazismo, ss, sterline false
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marzo 23, 2010
Tutti i fornitori e i consulenti della Camera dei deputati per il 2010. Numeri finora sconosciuti quelli divulgati nella conferenza stampa a Montecitorio organizzata dai Radicali su “I conti segreti della Camera”. Qualche esempio? Solo per locazioni di immobili si spendono oltre 50 milioni di euro l’anno. Il capitolo informatica, poi, costa al palazzo oltre 10,7 milioni fra manutenzione, servizi di interconnessione a internet, assistenza postazioni di lavoro informatiche, servizi di videoproiezione, abbonamento a banche dati tecniche, automazione della rassegna stampa e via dicendo. Ai quali si aggiungono, fra le altre spese, i soldi legati alla gara in corso per composizione, stampa, consegna, conservazione, raccolta, elaborazione in formato elettronico, trasmissione e inserimento dati su siti web di atti e documenti. Per un conto ulteriore di 9,65 milioni di euro. E, ancora, fra noleggio e autonoleggio di auto si spendono oltre 557mila euro. Per i corsi d’inglese a deputati e personale 590mila euro. Ci sono 15mila euro per fornitura di targhe, cartelli e simili. A sollevare il velo sui numeri meno noti della Camera la radicale eletta deputato nelle file del Pd, Rita Bernardini, che ha presentato i dati con Mario Staderini, Antonella Casu, Marco Pannella e Diego Galli. La lista è ora online sul sito boninopannella.it/trasparenza. (more…)
Tag:camera dei deputati, sperpero, spreco denaro pubblico
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marzo 23, 2010
Alcuni brani dalle critiche televisive di Emanuele Pirella apparse su “L’espresso” nella seconda metà degli anni Novanta
Carramba, Raffaella ci fa piangere
L’espresso numero 45 del 07-11-1996
Caramba, che linda sorpresa! Non c’è spettacolo migliore in tutte le televisioni latine. Né in Spagna, né in Sudamerica, olé. Ed è proprio con uno squillante “olé” che Raffaella Carrà comincia sabato sera, su Raiuno, alle 20 e 30 il suo “Carramba che sorpresa”. È per farci capire che Maastricht è lontana e che Santa Fé è vicina, olé. Lei, muy guapa, si presenta vestita di nero e di rosso. Parla del suo gancio, ma noi si capisce gancho. Sarà perché canta di un certo Pedro, el mejor de todo, a Santa Fé. E vengono alla mente certi fumetti di serie B, su Pedrito el drito, un gaucho de Santa Fé.
Chitarre e fisarmoniche per tanghi e mazurche a segnalare l’irruzione, nell’arena, di cugini mai visti giunti dal Venezuela, dall’Argentina, dal Messico. Tra il pubblico viene colta, come sempre, una signora che ha fratelli e sorelle sparsi in Francia, negli Stati Uniti e in Argentina. Da dove verranno mai quelli che si presentano un po’ intontiti nello studio? Ma dall’Argentina, perbacco. Ci devono essere interi jumbo di parenti pronti a rollare dalle piste di Buenos Aires. «Alzi la mano chi ha parenti in Argentina» intima la carrambosa Raffaella.
Sono le ore più umide di tutto il palinsesto. Le telenovelas lacrimose di Retequattro sono, al confronto, un esempio di racconto aspro e minimale. Qui ogni abbraccio tra parenti, scossi dai singhiozzi, ci rammenta che le guance sono due e su ciascuna va stampato un bacio, smack smack. La commozione spudorata è latina e il commercio svergognato dei sentimenti più privati è delle televisioni del Sud del mondo. Lo strazio delle famiglie disastrate nell’emigrazione dai paesi poveri è raccontato con cinici riassuntini: papà è morto di crepacuore, i figli in tenera età erano otto, la mamma si è risposata con un signore che accettava un figlio solo e allora Peppino è emigrato in Messico a due anni, Carmelo a quattro anni in Guatemala, Pippo in Argentina ad otto, Giuseppe, Tommaso e Antonio in Cile a dodici. Eccoli qui, settanta anni dopo, grazie al mio gancho: olé e besame mucho!
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Piangere piangere piangere è una buona promessa in un momento nel quale i tentativi di far ridere ridere ridere svaniscono nei disastri di Lino Banfi o nella gran baraonda di Fiorello. Piangere come si piange in Argentina o in Messico, senza pudori, senza ritegno, a puro fine di lucro. E magari, annodarci sopra la lotteria di Capodanno, cinque miliardi, come nelle disperate estrazioni nella caccia della buena suerte di tutta l’America del Sud. (more…)
Tag:emanuele pirella
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marzo 23, 2010
4,5 milioni di disoccupati e 4mila licenziati al giorno. Dopo 14 anni di crescita doppia rispetto agli altri paesi europei, la crisi fa traballare il «modello Spagna». Il governo socialista risponde aumentando l’Iva e già prepara tagli alla spesa pubblica per 50miliardi. I popolari minacciano rivolte di piazza ma hanno armi spuntate
Mamma mia che tonfo. Nel giro di due anni la Spagna di José Luis Rodríguez Zapatero è passata dagli altari alla polvere. La crisi globale esplosa nella seconda metà del 2008 è arrivata un po’ in ritardo in Spagna. Ma quando è arrivata è stata uno tsunami. E ora il paese e il suo leader, osannati da destra e da sinistra, si ritrovano alle corde. Ricacciati indietro dopo gli anni della bonanza economica e politica. Quando il Fmi e la finanza internazionale innalzavano peana al social-liberismo del governo del Psoe (non nuovo peraltro, aveva già cominciato Felipe González, fu sua nell’85 la prima riforma delle pensioni e nell’87 la legge sui fondi pensionistici privati). Quando la Spagna si era issata al rango di ottava potenza economica del mondo e Zapatero annunciava il riuscito sorpasso sull’Italia nel pil pro-capite e lanciava quello prossimo su Francia e Germania. E quando i gruppi per i diritti civili e la sinistra europea si spellavano le mani ad applaudire Zapatero per ottime ragioni e per contrasto con ciò che succedeva nei loro (nostri) paesi: ritiro dall’Iraq e dal Kosovo (ma non dall’Afghanistan), politica sull’immigrazione, matrimoni gay, parità di genere, laicismo…
«W Zapatero». Ma i diritti civili sono una cosa e l’economia («stupido») un’altra.
Il 9 marzo 2008 si votò qui in Spagna e i socialisti di Zapatero tornarono a vincere la partita con la destra del popolare Mariano Rajoy, sconfitta a sorpresa il 14 marzo 2004, quando si votò sull’onda emotiva della strage terrorista di tre giorni prima. Vinsero ma non stravinsero. (more…)
Tag:crisi economica, josè luis rodriguez zapatero, spagna
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marzo 23, 2010
Pubblichiamo l’anticipazione del libro. “Non solo coppe. Berlusconi e il Milan” del nostro Massimo Solani e di Francesco Luti, da giovedì in libreria (edizioni Limina).
Riccardo Kaká ha giocato 270 partite con la maglia del Milan. Novantacinque gol distribuiti lungo sei stagioni indimenticabili in cui col rossonero addosso ha vinto tutto: dallo scudetto alla Champions League, dalla Supercoppa al Mondiale per club, dal Fifa World Player al Pallone d’Oro. Abbastanza per diventare uno degli oggetti del desiderio dei club di mezza Europa. Il Manchester City era quasi riuscito a convincerlo già nel gennaio del 2009, ma alla fine “Riccardino” aveva puntato i piedi e detto no sia alle valigie piene di sterline della Premier League che ai progetti di mercato dei dirigenti rossoneri. Ai quali invece erano bastati pochi minuti per accettare senza rimpianti la maxi offerta di quasi 130 milioni di euro fatta dallo sceicco Al Mubarak. «Le bandiere non si vendono», ripeteva vent’anni prima Berlusconi di fronte alle lusinghe della Sampdoria che avrebbe voluto portare a Genova Franco Baresi. Ma siccome nel calcio come nella vita tutto ha un prezzo, anche Kaká può essere venduto. (more…)
Tag:milan, riccardo kakà, silvio berlusconi
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marzo 22, 2010
di Emilio Ranzato
“Sono nato in Giappone per caso”, diceva Akira Kurosawa. Come molti grandi artisti, anche questo insuperato maestro del cinema non è stato profeta in patria. Troppo lontana era la sua sensibilità da quella degli altri registi nipponici della sua generazione: Yasujiro Ozu, Kenji Mizoguchi, Mikio Naruse. Autori che si rivolgevano, ancorché spesso con toni aspramente critici, alla cultura del proprio Paese, e soprattutto alle sue cadenze stilistiche, votate tradizionalmente a una compostezza ieratica, a un’armonia essenziale. Kurosawa invece raccontava in modo spettacolare e spesso sperimentale storie ambientate sì in Giappone, ma con lo sguardo quasi sempre rivolto oltre i confini nazionali: dal neorealismo italiano ricreato nei primi film agli echi pirandelliani di Rashomon (1950), dal Dostoevskij de L’idiota (1951) al McBain di Anatomia di un rapimento (1963), dalle storie di samurai ispirate dichiaratamente al modello di John Ford e a tutto il western classico americano – che poi in fase di declino avrebbe scimmiottato proprio il suo I sette samurai (1954) con I magnifici sette (John Sturges, 1960), chiudendo non molto degnamente un cerchio di impollinazioni reciproche al contrario importantissime – allo Shakespeare rievocato in Il trono di sangue (1957), Ran (1985) e in quel trascurato ma geniale pastiche di motivi insieme scespiriani e pirandelliani che è Kagemusha (1980). (more…)
Tag:akira kurosawa
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marzo 22, 2010
I duemila marines americani e le truppe britanniche che hanno da poche settimane liberato il distretto di Nad Alì e la città di Marjah dai talebani hanno rinunciato per ora a distruggere le coltivazioni di oppio risparmiando i campi di papavero pronti per il raccolto. Dopo molte indiscrezioni in proposito la conferma è giunta dai reportage da Marjah del New York Times e del Miami Herald.
La decisione del comando alleato punta a guadagnare il consenso degli abitanti della zona, per lo più contadini che vivono al 70 per cento della coltivazione del papavero. Secondo un ufficiale citato dal New York Times, le truppe alleate hanno l’ordine di non distruggere le piantagioni mentre fonti sentite dall’agenzia Reuters sostengono che l’obiettivo è attendere l’imminente raccolto per comprare l’oppio direttamente dai coltivatori e distruggerlo. In questo modo si priverebbero i talebani della principale fonte di finanziamento senza mettere in difficoltà gli agricoltori ai quali verrebbero poi offerte colture alternative ma altrettanto redditizie. (more…)
Tag:afghanistan, oppio, talebani
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marzo 22, 2010
Pubblichiamo qui di seguito il capitolo di “Paraventi sacri. Il ‘ventennio’ della Chiesa cattolica dietro il ritratto dei suoi protagonisti” (Trapani, Di Girolamo editore, 2010, pp. 155, euro 13,50), dedicato al card. Tarcisio Bertone. Il libro, scritto da Valerio Gigante, redattore dell’agenzia di informazione politico-religiosa Adista e collaboratore di MicroMega, è costituito da una galleria di brevi ritratti, biografie rigorosamente “non autorizzate”, che tentano di ricostruire vicende e percorsi di una serie di esponenti della gerarchia cattolica alla ribalta delle cronache ecclesiali e politiche degli ultimi 20-25 anni, in Italia e non solo: “Il ventennio” della Chiesa cattolica di Wojtyla, Ratzinger, Ruini, e molti altri emerge così come dai tasselli di un puzzle, attraverso contributi che mettono a fuoco la lunga marcia (indietro) che ha portato la Chiesa cattolica uscita dal Concilio Vaticano II verso l’attuale stagione di intransigente conflitto con la modernità.
Tarcisio Bertone
UNA CARRIERA SOTTO VUOTO.
SPINTO DA RATZINGER
di Valerio Gigante
Il colmo, per il capo della diplomazia vaticana: essere stato nominato attraverso quello che è apparso a tutti gli effetti un pasticcio diplomatico. Ma alla fine, nonostante tutto, il risultato è stato incassato e la corsa alla Segreteria di Stato vaticana l’ha vinta lui: il card. Tarcisio Bertone.
Seppure da tempo voci insistenti lo pronosticassero in pole position per la successione al card. Angelo Sodano, la scalata di Bertone ai vertici della Curia – compiutasi nel giugno 2006 – è stata più difficile di quanto, apparentemente, potrebbe sembrare. Pare che la scelta del papa fosse stata fatta già diverse settimane prima, ma abbia dovuto attendere a lungo il gradimento della Curia: un dato che mostra quanto fossero forti le resistenze di alcuni settori del Vaticano alla nomina di Bertone. Principalmente, le resistenze venivano dalla cordata che fa capo al card. Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi, che alla successione di Sodano aveva a lungo (inutilmente) aspirato. Ma anche dal fatto che in Vaticano qualcuno non gradiva il fatto che Bertone, scardinando la tradizione, divenisse Segretario di Stato senza aver fatto alcun “tirocinio” diplomatico. (more…)
Tag:tarcisio bertone, valerio gigante
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Destra, ultima fermata
marzo 31, 2010di Pietrangelo Buttafuoco
In principio fu la scoperta degli Hobbit, dopo di che gli altri cominciarono a scoprire “il noi” contenuto nella parte di mondo chiamata “destra”. Un modo di stare insieme secondo un alfabeto fatto di saghe, epiche, maghi, minuscoli guerrieri, foreste infestate di orchi e fiammeggianti sovrani della luce. Stupidaggini, forse. Proiezioni adolescenziali, magari. E tutto ciò fu rubato dalle pagine di Tolkien pur di non perpetuare il rancore di una pesante eredità: la sconfitta militare e un Dopoguerra eterno annodato al collo peggio di un cappio da cui penzolare nella certezza inamovibile dell’inutilità di stare al mondo. Figurarsi quanto utile, invece, per la destra, era quel tentativo di stare nella scena politica. Qualcuno ci lasciava la pelle. Era ancora il tempo in cui c’era il regime e l’arco costituzionale. Si faceva la lotta al sistema.
Non era più sufficiente risolverla con la colla e il secchio dell’attacchinaggio. Bussava alle spalle della giovinezza – Giovinezza! – il mito più che capacitante di farla finalmente estetica, la battaglia politica: e giù con i Campi Hobbit, allora. (more…)
Tag:destra, pietrangelo buttafuoco
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