A cento anni dalla storica trasvolata della Manica di Louis Blériot

imagesDalla Francia all’Inghilterra bucando un muro di nebbia

 

Cento anni fa, il 25 luglio 1909, Louis Blériot, un francese di Cambrai, attraversò la Manica in monoplano. Un’impresa storica. Un evento cruciale per la conquista dell’aria. Meno di sei anni prima, il 17 dicembre 1903, Orville Wright, spalleggiato a terra dal fratello Wilbur, a Kill Devil Hills in North Carolina, aveva compiuto il primo volo a motore. Tre giorni prima di quella data Wilbur, dopo un breve volo, era franato al suolo. Ma, infine, al quarto tentativo, Orville riuscì a volare per 59 secondi, coprendo 200 metri, prima di un atterraggio violento in cui si ruppe il supporto del timone di profondità. Oggi il Flyer dei fratelli Wright si può ammirare nella galleria Milestones of Flyght della Smithsonian Institution di Washington.
In Europa il primo volo a motore fu compiuto nel 1906. I francesi Léon Levavasseur, costruttore degli aerei Antoinette, i fratelli Voisin, fondatori della prima fabbrica di aeroplani, e i fratelli Farman, con lo scultore Léon Delagrange, presero la guida del movimento nel vecchio continente. Il volo era affascinante e pericoloso. Il 17 settembre 1908 il tenente Thomas Selfridge, decollato con Orville Wright a Fort Myer in Virginia, fu la prima vittima di un incidente aereo.
Il volo, però, era seducente. Dopo gli show di Wilbur Wright in Europa, nel 1908, si trasformò in evento alla moda. Nel luglio del 1909 l’attenzione si concentrò sulla Manica. Lord Northcliffe, proprietario del “Daily Mail”, per promuovere le vendite del suo giornale, mise in palio un premio di mille sterline per chi fosse riuscito ad attraversare la Manica in aeroplano.
Tre uomini scesero in lizza. Il conte de Lambert, che era stato istruito da Wilbur Wright, e possedeva, appunto, due biplani Wright. Hubert Latham che pilotava un elegante Antoinette iv, favorito dai bookmakers. Louis Blériot, che volava su un Blériot xi con motore Anzani.
Latham arrivò per primo sulla costa, ma fu inchiodato al suolo dal maltempo. Il 19 luglio colse uno sprazzo di sereno e alle 6,42 decollò da Calais. Superò la nave di scorta, ma poi il motore s’inceppò. Latham atterrò sul mare. I soccorritori, che pensavano di cercarne i miseri resti, lo trovarono che fumava una sigaretta sull’aereo, che magicamente galleggiava sulle onde. Fu il primo ammaraggio della storia.
L’aereo di Blériot arrivò a Calais sullo stesso treno del secondo “Antoinette” di Latham. La competizione divenne serrata. Il conte de Lambert, in un volo di prova, s’infortunò e restò tagliato fuori. Infuriava il maltempo. Ma, nelle prime ore di sabato 25 luglio, il vento calò e, prima dell’alba, Blériot fece un giro di prova attorno a Calais. Alle prime luci, ossia alle ore 4,35, Blériot decollò. Non aveva bussola, né orologio, né carta. Il tempo era minaccioso. Blériot si buttò nel muro di nebbia.
Latham, nel vederlo decollare, pensò ad un volo di prova. Quando, però, lo vide scomparire nella nebbia, tremò. Blériot nella nebbia si affidò all’intuito. Dopo dieci minuti quel velo bianco si squarciò e la costa inglese comparve per un momento. Blériot, però, si accorse di andare in una direzione sbagliata. Corresse la rotta e lottò controvento. Finalmente uscì dalla nebbia e vide sulla scogliera Charles Fontaine, cronista de “Le Matin”, che, vicino al castello di Dover, sventolava il tricolore per indicargli il luogo d’atterraggio. Blériot, superata la scogliera, scese da un’altezza di venti metri e atterrò pesantemente. Il carrello si sfasciò. L’elica si ruppe. Ma Blériot entrò nella storia. Aveva impiegato trentasei minuti ad attraversare la Manica a una media di 64 chilometri orari.
“Il canale è stato sorvolato! L’Inghilterra non è più isolata”. Così titolavano i quotidiani britannici il giorno seguente. In realtà la traversata aerea della Manica era già stata compiuta da un mezzo più leggero dell’aria:  l’aerostato. Ciò era avvenuto il 7 gennaio 1785 per merito del pilota francese Jean Pierre Blanchard accompagnato dal passeggero americano John Jeffries.
Tornando a Blériot, atterrò di domenica e trovò poche persone ad attenderlo, ma non mancò l’interessamento di un doganiere che gli rilasciò, dopo interrogatorio, una dichiarazione da cui risultava che mister Luigi Blériot era arrivato da Calais quale capitano di una nave chiamata “Monoplano” e che poteva ritenersi che egli non aveva contratto, durante il  viaggio,  nessuna  malattia contagiosa.
Fu un’impresa temeraria. Il monoplano di Blériot era rudimentale. Pesava solo trecento chili. Lungo 8 metri, alto 2,7, aveva un’apertura alare di 7,8 metri. La fusoliera era una trave portante in legno rinforzata da cavi. Le ali erano leggere e vulnerabili, assicurate da cavi al carrello e all’abitacolo. Non riprendeva il modello dei fratelli Wright. Il sistema di decollo ed atterraggio era autonomo, ossia c’era il carrello, sistema che non era stato applicato dai Wright, che, nei loro esperimenti di volo, avevano avuto bisogno di binari e di una speciale catapulta per poter decollare. Inoltre Blériot per primo spostò i timoni di profondità e direzione nella parte posteriore del velivolo; una struttura che si trova tuttora su quasi tutti gli aerei. Il motore Anzani a 3 cilindri radiale da venticinque cavalli, raffreddato ad aria, era un semplice motore da motocicletta. Era stato sviluppato dall’ingegnere Alessandro Anzani, un ciclista di Gorla, che, trasferitosi a Parigi, aveva lasciato la bici per le moto. Il Bleriot xi ebbe, in ogni caso, una carriera folgorante. Fu, infatti, il primo velivolo comprato dall’esercito francese e il primo ad essere impiegato durante numerose operazioni militari.
L’impresa suscitò un entusiasmo incredibile. Dal 22 al 29 agosto, nei dintorni di Reims, si disputò la Grande Semaine de l’Aviation de la Champagne, con 23 piloti e 9 differenti aeroplani. Ebbe un successo strepitoso nonostante il maltempo e gli incidenti. L’aereo di Blériot, un monoplano Type xii, prese fuoco, ma il pilota si salvò. Nella prova di altezza Latham raggiunge i 155 metri, una quota mai toccata fino ad allora. Due settimane dopo, in Italia, ci fu la seconda rassegna, il Circuito Aereo Internazionale di Brescia. Perfino Kafka, con i fratelli Brod, Puccini e D’Annunzio andarono a vederlo. “Il Corriere della Sera” mandò Luigi Barzini, l’inviato leggendario della Pechino-Parigi, che scrisse pezzi memorabili. C’era anche Anzani con un aereo Avis Voisin. Solo a tempo scaduto riuscì a volare per un chilometro ad un’altezza di cinque metri, poi ricadde lontano dalle tribune.
D’Annunzio chiese, premette, si prodigò. Volle volare. Il primo tentativo con Glenn Curtiss fu un disastro. Il secondo con Mario Calderara ebbe successo. Volò per dieci minuti. Quando scese, era in estasi. Disse:  “Ci si sente lievi, eterei, trasfigurati”. Il volo è sogno.
Nel 1929, a vent’anni della sua impresa,  Blériot sorvolò nuovamente La Manica con lo stesso apparecchio, ormai diventato un esemplare da museo.

Maria Maggi

http://www.vatican.va/news_services/or/or_quo/text.html#12

Tag:

Lascia un commento