Il Sahara in mano ad Al Qaeda

I resti di un Boing 727 nel deserto del Mali usato per il trasporto di cocaina dal Sudamerica

Dalla Mauritania al Niger, passando dal Mali e dall’Algeria: il deserto africano ormai è controllato dai fondamentalisti islamici che lo usano per i traffici di droga e per i sequestri di persona. Crollato il turismo, perfino i Tuareg hanno paura

 Philippe Dudouit, da “L’Espresso

L’oasi di Djanet, profondo sud del Sahara algerino e non lontana dal confine col Niger, era considerata ormai uno dei pochi posti sicuri del deserto. Era. Fino al 2 febbraio scorso quando un gruppo di uomini armati, probabilmente appartenenti all’Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico) hanno rapito Maria Sandra Mariani, 53 anni, di San Casciano Val di Pesa (Firenze). Sono spariti fra le dune ed è stata arrestata una delle guide della donna (un complice? il basista?).

Fine dell’illusione che ci sia anche solo un fazzoletto di quella terra dove gli occidentali si possono avventurare senza rischi. I segnali che anche questa è diventata un’area pericolosa si erano già avuti l’8 gennaio, quando due turisti francesi, Vincent Delory e Antoine de Leocour, erano stati sequestrati in un ristorante di Niamey, la capitale del Niger, e uccisi 24 ore dopo durante un conflitto a fuoco tra terroristi e l’esercito che li voleva liberare sempre al confine tra Algeria e Niger.

È diventato un luogo ostile, il Sahara, l’elenco dei sequestri è lungo senza distinzioni di nazionalità: italiani (prima della Mariani, i coniugi Cicala, liberati nell’aprile scorso dopo quattro mesi di prigionia), francesi, spagnoli, austriaci, tedeschi. E lungo un perimetro che comprende ormai l’intero deserto. Tanto che la Francia, presidente Sarkozy in testa, ha tracciato una lunga linea rossa “sconsigliata” che si estende dalla Mauritania al Niger, passando per il Mali e l’Algeria: 3 mila chilometri di larghezza.

Anche i tuareg che lo abitano da sempre ormai lo temono se Ibrahim, ex ufficiale dell’Alleanza democratica per il cambiamento, seduto in una casa di Kidal, in Mali, conclude amareggiato: “Non si può andare laggiù, significa morte”. E indica su una cartina una zona rocciosa dove agisce lo zoccolo duro dell’Aqmi. Eppure i tuareg hanno sempre attraversato il Sahara in tutte le direzioni senza chiedere il permesso a nessuno. Per lungo tempo hanno accompagnato ogni anno decine di migliaia di turisti nei luoghi più suggestivi del deserto.

Per lungo tempo, quelle zone sono state attraversate dalla carovana di automobili, motociclette e camion della Parigi-Dakar. Tutto finito. Ma c’è chi si oppone. “Perché tutti i bianchi se ne vanno? Non è proprio quando un amico è ammalato che bisogna fargli visita?”, chiede un tuareg ad Agadez, in Niger. Le ong, i tour operator abbandonano. Restano solo le decine di compagnie industriali che estraggono uranio o petrolio. Il gruppo francese Areva, che ha rimpatriato i suoi dirigenti a Niamey, manterrà comunque 4.600 persone nella base di Imouraren. Investiranno 1,2 miliardi di euro per produrre 5 mila tonnellate di uranio all’anno a partire dal 2014-2015.

Come dice il tuareg, la regione è malata. E Al Qaeda è uno dei sintomi. Il flusso annuale dei turisti nella regione è passato da 100 mila visitatori a quasi nessuno, vale a dire una perdita annua tra i 50 e i 75 milioni di dollari. Privati delle principali fonti di reddito, i giovani possono ancora rivolgersi a un’industria in pieno sviluppo: il contrabbando. Da decenni l’immensità degli spazi favorisce il traffico di sigarette, cannabis, benzina, armi leggere e migranti, ma da qualche anno c’è una materia prima molto più redditizia: il passaggio di droga pesante.

Prodotta in Sudamerica, la cocaina arriva in Guinea-Bissau e Guinea Conakry e deve poi attraversare il Sahara per raggiungere il mercato europeo. Le quantità di droga e il giro di soldi in ballo sono colossali. Per fare un esempio, in pieno deserto del Mali è stata ritrovata la carcassa di un Boeing 727 atterrato nel novembre 2009 per consegnare decine di tonnellate di cocaina, valore commerciale di centinaia di milioni di euro, e dopo la consegna i trafficanti hanno bruciato l’aereo senza rimorsi.

Anche il traffico di esseri umani rende bene. Per la traversata da Agadez, in Niger, alle frontiere libiche e algerine, bisogna contare 300 euro a testa. Un solo pick-up può portare una ventina di passeggeri e un camion anche più di centottanta. Durante il nostro reportage siamo incappati, in pieno deserto, in 32 clandestini che da cinque giorni aspettavano il ritorno dei loro trasportatori, perché i due 4×4 su cui erano stati caricati avevano avuto dei guasti. Tutti soffrivano per la fame, per la sete e per le risse scatenate dalla comparsa di una semplice sigaretta. Gli abitanti del luogo sono indispensabili ai contrabbandieri perché conoscono le piste e i punti di controllo, e un uomo di Kidal in Mali commenta così: “Prima, quando vedevamo apparire un veicolo in lontananza eravamo contenti e curiosi, adesso siamo assaliti dall’angoscia”.

Il banditismo è diventato un’industria se non addirittura l’unico datore di lavoro della regione. È in questo contesto che bisogna esaminare l’emergere del terrorismo islamico. In origine, l’Aqmi era il Gruppo salafista per la predicazione e il combattimento. Di origine algerina, nel 2006 si affilia ad Al Qaeda. Negli ultimi anni, alcune famiglie arabe del nordovest del Mali hanno fatto sposare le figlie con emiri dell’organizzazione, beneficiando perciò della loro protezione. È la prima tappa del loro insediamento locale. Poi, quando i ribelli tuareg hanno abbandonato le loro basi in seguito agli accordi di pace coi governi degli Stati sahariani, i salafiti ne hanno approfittato per occupare il territorio, con il conseguente rifiorire di attività dell’Aqmi dal 2008-2009. “Perché dovremmo combattere i salafiti? Lo abbiamo fatto in passato e tutto è diventato ancora più complicato”, obietta un vecchio ribelle tuareg. Anche se nella regione l’Islam è tradizionalmente moderato, il tasso di alfabetizzazione è minimo e quindi l’insediamento delle scuole coraniche ne risulta facilitato.

L’obiettivo iniziale di Al Qaeda del Maghreb era quello di costringere i governi, soprattutto quello francese, a ritirare i propri soldati dall’Afghanistan col ricatto dei sequestri dei suoi cittadini. Ma adesso i rapimenti di occidentali sono diventati una componente dell’economica locale. Nell’agosto scorso la Spagna, per esempio, ha versato otto milioni di euro per ottenere il rilascio di due spagnoli . Considerando che il gruppo terrorista conta solo qualche centinaio di uomini, il sistema è più che redditizio. Si tratta di una nuova evoluzione del terrorismo islamico: la sua deriva mafiosa.

In confronto alla protezione di cui godono le miniere di uranio o all’imponente spiegamento militare che fu usato per le rivolte dei tuareg, la lotta degli occidentali contro l’Aqmi sembra ridotta al minimo. La cooperazione dei servizi d’informazione di Mali, Niger, Algeria e Mauritania è definita dagli esperti come “un guscio vuoto”. Una mancanza di volontà politica che secondo certi osservatori mostra come le grandi potenze, Stati Uniti in testa, starebbero lasciando che la situazione si deteriori per giustificare un futuro intervento militare e impossessarsi delle risorse naturali. //

Senza spingersi a sostenere una simile teoria del complotto, alcuni abitanti hanno capito che, per quanto il loro habitat possa essere desertico, esso riveste un’importanza strategica capitale di cui si decide altrove. Mohamed Ekiji, uomo d’affari a Niamey, commenta: “Un solo paese ha la chiave di tutto questo casino ed è l’Algeria”. Che adesso ha anche il problema del contagio delle sommosse nei Paesi vicini. Una cosa segnala comunque la questione del Sahara: gli Stati locali e i loro partner internazionali non riescono ad avere un controllo efficace del loro territorio. E se è un guaio adesso ancora di più lo sarà nel futuro visto che le proiezioni demografiche indicano come da ora al 2040 la popolazione del Sahel dovrebbe raddoppiare.

Traduzione di Elda Volterrani

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2 Risposte to “Il Sahara in mano ad Al Qaeda”

  1. sergio cicala Says:

    ottimo articolo ma sono convinto che non è solo l’ aqmi a beneficiarne. Spero che mi possiate convincere del contrario. grazi sergio cicala

  2. tourisme Says:

    An interesting discussion is definitely worth comment. I do believe that you
    should publish more about this subject, it may not be a taboo matter
    but usually people do not discuss such subjects.
    To the next! All the best!!

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