Travaglio replica al ritratto di Marianna Rizzini, che fa altrettanto

Al direttore – Ho letto con attenzione l’agile biografia che il Foglio mi ha dedicato sabato a firma Marianna Rizzini e devo riconoscere che, a parte il fatto che: 1) non ho mai disapprovato “la presenza del premier alle esequie” di Vianello (semmai quel che è riuscito a farci); 2) i miei figli sono tutt’altro che “educatissimi” (per fortuna); 3) Gomez non può avere “risposto su Facebook al posto” mio (non sono su Facebook); 4) non ho mai avuto un “articolo 2 a Repubblica”; 5) non mi sono mai “travestito da Robespierre”; 6) mio padre non è “ingegnere”; 7) mia madre non è “dell’Azione cattolica”; né io né i miei genitori abbiamo mai pronunciato la parola “latroni” (che non esiste) né “con accento torinese” né con altra inflessione; 9) non ho mai conseguito una “doppia laurea”, ma più modestamente una laurea singola in Storia contemporanea, per giunta da superfuoricorso; 10) è impossibile che la vostra cronista abbia interpellato i miei “ex professori” del liceo Valsalice, tutti morti tranne uno; 11) non ho conosciuto mia moglie “in ambienti catechistici”; 12) mia moglie mi prega altresì di precisare che non è affatto “sobria” (l’astemio sono io); 13) non ho mai abitato sulla “collina di Chieri”; 14) non ho mai “disprezzato ‘er Pecora’”; 15) non è vero che al Nostro Tempo mi occupavo “soprattutto di esteri”; 16) non è vero che al Giornale mi occupavo soprattutto “di calcio”; 17) non mi sono mai occupato “di economia nel pieno della partita Berlusconi-De Benedetti” e nemmeno prima né dopo, visto che di economia non capisco nulla; 18) non mi sono mai autoeletto “unico fedele esegeta e seguace di Montanelli” né tantomeno suo “erede spirituale”; 19) non ho avuto alcun “incauto soggiorno in un hotel di Sicilia”; 20) non è vero che “la vacanza in quel residence isolano costava pochissimo” (1000 euro del 2003 per 10 giorni in un paio di stanzette senza piatti, posate né cuscini, erano anche troppi); 21) non mi sono mai arrabbiato con Michele Santoro per non avermi “difeso a spada tratta” dalle calunnie di Porro e Belpietro; 22) non ho mai avuto case “sulle colline di Superga”; il resto è quasi tutto vero.
Marco Travaglio

Berlusconi ha dichiarato domenica di non aver mai litigato con nessuno. Quando dice di non essersi mai arrabbiato con Santoro, la sua è un’imitazione perfetta dell’Amor Nostro. Per il resto della rettifica pittimista e vittimista, il lettore vedrà le risposte di Marianna Rizzini

la replica di Marianna Rizzini

Gentile Travaglio, ringraziandola per l’attentissima lettura le rispondo nel dettaglio, procedendo lungo il suo schema punto per punto.

1. Alla lettura dell’articolo “Vilipendio di cadavere” uscito sul Fatto il 18 aprile scorso a firma Marco Travaglio, appariva sottile al limite dell’indistinguibile il confine tra disapprovazione per l’uso fatto dal premier del funerale di Vianello e disapprovazione per la presenza al funerale di Vianello dell’uomo che lei ha descritto come un “guitto tragicomico con le gote avvizzite e impiastricciate” che “officiava la cerimonia e dirigeva le pompe funebri, smistava il traffico delle prèfiche…salutava la folla come Jerry Scotti”e  “sbaciucchiava” la vedova “a favore di telecamera” – ovvero il premier secondo la sua descrizione. 

2. Se i suoi figli non sono “educatissimi” ma “educatissimi” appaiono a chi frequenta la sua famiglia (tanto che chi frequenta la sua famiglia li descrive “educatissimi” al cronista), fortuna doppia per lei, non c’è dubbio – pensi a quelli che hanno figli non solo non educatissimi ma neppure educatissimi all’apparenza.

3. Eppure esiste una pagina su Facebook intitolata “Marco Travaglio” (sottotitolo “sono Marco Travaglio e questa è l’unica mia pagina ufficiale su Facebook, editata e curata dai miei collaboratori) in cui, nei giorni della nube islandese, un Peter Gomez (in forma integrale o editato dai collaboratori non è dato saperlo) scriveva appunto che lei era stato bloccato dalla nube e che per questo si faceva vivo lui (al che il cronista ha dedotto “al posto suo”) . Ecco, se vuole, il riferimento www.facebook.com/pages/Marco-Travaglio/8387084989

4. Il suo ex editore al Borghese, Massimo Massano, parlandomi del suo periodo al Borghese, ha mostrato scherzosamente rammarico per uno “scippo” di Travaglio da parte di Repubblica. Per illustrarlo ha detto “Il Borghese offriva l’articolo 1, Repubblica l’articolo 2”. Io non ho scritto che lei poi ha avuto effettivamente “un articolo 2” da Repubblica, bensì soltanto che lei ha scelto “il quotidiano diretto da Eugenio Scalfari”.

5. A me sinceramente pareva proprio da Robespierre la parrucca che lei indossava nel video-parodia di “Cerco un centro di gravità permanente”, oggetto di una conversazione sua e di Victoria Cabello – e però naturalmente si accettano pareri diversi (che la parrucca la rendesse più simile a un giudice anglossassone nel pieno delle funzioni?). Gli interessati possono trovare il video su youtube. 

Punti 6-7-8, risposta congiunta: due fonti torinesi – ben due, ohimé – hanno parlato di suo padre come di un “ingegnere” (ma se, come lei dice, la professione non è quella, ne prendiamo atto con lei e con l’interessato). Che sua madre frequentasse l’Azione cattolica me lo hanno confermato le medesime due fonti, amici di famiglia, raccontando di una signora gentilissima e devota, “frequentatrice dell’Azione cattolica”. Avendo io scritto “dell’Azione cattolica” e non “frequentatrice”, prendo atto. Quanto ai “ladroni” o “latroni”, i suddetti amici di famiglia hanno usato questo termine per descrivere l’avversione dei suoi genitori e degli amici di famiglia medesimi per quelli che, ai loro occhi, parevano disonesti protagonisti degli anni pre e post Tangentopoli. Le virgolette su “ladroni”, come spiegato nel pezzo, si riferiscono comunque all’amico di famiglia di parla e non ai suoi genitori (“…questo almeno racconta un amico di famiglia”).

9. Se lei non ha conseguito una doppia laurea bensì una laurea singola, accade però che varie sue biografie on-line e diversi suoi ex colleghi e amici lo affermino – e anche qui fortuna doppia per lei, a nome di chi all’università si laureò senza nessuna successiva attribuzione di secondo titolo (ohimé).

10. Non ho scritto di aver interpellato i suoi ex professori al Valsalice, bensì di aver tentato con ogni mezzo di interpellarli (non sapendo se erano vivi o morti). Sapevo però per certo che uno, don Giovanni Fontana, è ancora vivo, e di quello ho fatto il nome, al telefono, con la segreteria del liceo, chiedendo altresì, visto il continuo rimbalzo da un giorno all’altro (“richiami”, “il professore non c’è”, “lascio detto, ci risentiamo domani”), se per caso non fosse presente qualche altro anziano docente che potesse aiutarmi a ricostruire la sua storia liceale. Mi è stato risposto una volta “non so”, la seconda “richiami”, la terza (di nuovo) “lascio detto, ci sentiamo domani alla stessa ora e le dico”. Il giorno dopo idem. Al che passai oltre. Ed è quello che ho raccontato, né più né meno. Mai mi sarei sognata di attribuire frasi a professori non viventi e soprattutto non interpellati personalmente.

11. Non ho scritto che lei ha incontrato sua moglie “in” ambienti catechistici bensì “tramite ambienti catechistici”, intendendo “nell’ambito di” conoscenze comuni che in gioventù frequentavano, come lei e sua moglie, qualche parrocchia (e che si erano impegnati saltuariamente nel catechismo). Se invece vi siete incontrati in discoteca, al tennis o alla festa di compleanno, meglio così (e ne prendo atto).

12. Rallegrandomi con sua moglie per il suo non essere astemia come lei (in effetti un astemio in famiglia è sufficiente), mi permetto altresì di precisare che l’aggettivo “sobria”, riferito alla sua signora, stava a significare “discreta”, di eleganza non appariscente (così infatti mi è stata descritta da due suoi ex colleghi e da una sua recente conoscenza di lavoro). Fa fede il fatto che alla riga dopo, parlando del vostro matrimonio, l’ho definito sia “sobrio” come la signora Isabella (nel senso dello stile) sia “poco alcolico” (nel senso dei beveraggi).

13. Non ho scritto che lei abitava a Chieri, bensì che lei, con la sua Panda rossa, scendeva a rotta di collo giù dalla collina di Chieri (dove, a detta di chi saliva in macchina con lei, lei passava spesso nei suoi giri di lavoro – se però l’itinerario comprendeva un’altra collina, ne prendo atto con l’automobilista).

14. Io ho riportato nel pezzo un racconto fattomi da Massimo Introvigne il quale, in anni lontani, dopo aver visto un pubblico dibattito a cui lei partecipava, fu colpito, dice, dal fatto che lei parlasse della presenza del Pecora in ambienti istituzionali in termini non lusinghieri. Introvigne, come ho scritto, riscontrò dunque una sua “metamorfosi da ragazzo semplice a simil-aristocratico che disprezza ‘er Pecora’”. Se in realtà il Pecora le era (o le è diventato) simpatico, che sollievo.

15-16-17. Ho scritto che lei agli esordi si occupava “soprattutto” di esteri per via dei racconti ammirati dei suoi ex colleghi sui molti pezzi di esteri che lei, a detta loro, scriveva, e sulle tabelle paese per paese che lei a quel tempo si dilettava a compilare, mostrandosi altresì esperto d’Asia. Se però non si occupava “soprattutto” di esteri ma “anche” di esteri, ne prendo atto. Ho scritto poi “soprattutto” di calcio visto che ex colleghi ed ex direttori raccontano di un giovane Travaglio, collaboratore da Torino, che segue settimanalmente il calcio, e con gran gusto. Se però la dicitura “soprattutto il calcio” è troppo per lei, passiamo senza indugio all’“anche di calcio”. Se occuparsi della querelle De Benedetti-Berlusconi non significa occuparsi di economia, prendo atto (resta che dei due imprenditori lei si è occupato – e allora come potremmo definire la querelle? Politico-industriale? Editorial-politica?).

18. Chi, se non un (autoeletto) erede spirituale di Montanelli, avrebbe potuto scrivere quasi cinquecento pagine su “Montanelli e il Cavaliere”, contestando nella stessa riedizione del volume la versione discordante (per esempio la citata versione di Granzotto)? E chi se non un (autoeletto) erede spirituale di Montanelli avrebbe potuto citare così spesso, nei propri articoli, l’esempio di Montanelli come un baluardo contro lo scatafascio dei tempi illiberali? Detto questo (mia opinione), nel pezzo ho altresì riportato l’opinione di due suoi ex colleghi da me interpellati: “Sia Paolo Granzotto che Mario Cervi ricordano un Travaglio ‘talentuoso’, ‘ambizioso’ e già propenso ad autoeleggersi se non allievo di Montanelli – guai a dirlo: Travaglio dice che nessuno può essere allievo di Montanelli – quantomeno uno dei pochi e forse l’unico fedele esegeta e seguace di Montanelli”.

19. In un hotel in Sicilia lei ha soggiornato, visto che lei stesso ha fornito pubblicamente sul web la prova del pagamento del soggiorno – “incauto” il soggiorno appare agli osservatori esterni, me compresa, visto il bailamme che ne è scaturito successivamente.

20. Mille euro per un soggiorno balneare di quattro persone continuano tuttavia a sembrarmi pochi, anche per il 2003 e anche se il posto era sgarrupato e mancante di comodità – di nuovo buon per lei, in ogni caso, alla faccia di chi per quattro ha sempre pagato, minimo, duemilacinquecento euro persino nella pensione riminese.

21. Se non era “arrabbiarsi” con Santoro il tono amareggiatissimo che lei aveva durante l’Annozero in cui Santoro ha cercato di smitizzare la sua accesa discussione con Porro e Belpietro, e se non era arrabbiata la lettera amareggiatissima che ha scritto al Fatto il giorno dopo la trasmissione, era forse tutto un “seccarsi” o tutto un “adombrarsi”? Fatto sta che quel tono e quella lettera apparivano quantomeno adirati.

22. Sulla sua casa sulle colline di Superga, lo ammetto, mi sono fidata ciecamente e senza ombra di sospetto del suo amico, compagno di tennis e intervistatore Claudio Sabelli Fioretti (da me disturbato via e-mail). Molto gentilmente Sabelli mi ha risposto, parlandomi benissimo di lei, come ho scritto, e raccontandomi appunto, tra le altre cose, di averla intervistata a casa sua, “sulle colline di Superga”. Ma se lei non abita lì, prendo atto all’istante.

Il Foglio

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