Archive for febbraio 2011

Theodor Herzl, l’utopista che fondò il sionismo

febbraio 28, 2011

Arturo Colombo per “Il Corriere della Sera”

Ha avuto un’ottima idea Luigi Compagna a intitolare Theodor Herzl. Il Mazzini d’Israele il suo libro, uscito con la prefazione (postuma) di Francesco Cossiga (Rubbettino, pp. 250, € 15), che sottolinea come «ripercorrere le vicende del sionismo e del suo fondatore potrà essere utile a ripercorrere anche le nostre, a riscoprire, nel bene e nel male, uomini e idee, a “ripassare”i valori fondanti che hanno dato vita al nostro Paese» . Infatti, sostenere — come fa Compagna — che Herzl fu un «singolare impasto di idealismo e di spirito pratico» significa cogliere alcune decisive affinità con il fondatore della Giovine Italia, in primis la «fusione dello spirito patriottico con quello religioso» . Nato a Budapest e vissuto dal 1860 al 1904 — dunque, a non poca distanza rispetto a Mazzini (1805-1872) —, Herzl comprese, e si comportò di conseguenza con grande capacità, come proprio durante l’Ottocento, che era il secolo delle nazionalità, occorreva il coraggio di sostenere con fermezza— come farà a Basilea, nel 1897, istituendo il primo congresso sionista mondiale — che gli ebrei, se volevano salvarsi da persecuzioni e discriminazioni ricorrenti, dovevano impegnarsi a creare «uno Stato come gli altri» . A prima vista, Herzl poteva sembrare «un politico dell’irrealtà» che, sconvolto dal famigerato affaire Dreyfus, aveva lanciato al mondo quel «piccolo grande» libro, dal titolo semplice e paradigmatico, Lo Stato ebraico, dove sosteneva, fin dal 1896, che dare vita a un simile Stato costituiva «una necessità universale» . Da qui, spiega bene Compagna, l’opera febbrile di Herzl si sviluppa in due direzioni complementari: sia per «mobilitare le risorse spirituali e materiali del suo popolo disperso» (creando, per esempio, quel «parlamento della nazione ebraica» , da lui stesso presieduto fino all’ultimo giorno della sua vita), e sia per «convincere gli altri popoli ad aiutarne il risorgimento» . Interessa poco, almeno a mio avviso, verificare che Herzl, dopo aver indicato la Palestina come «una terra senza popolo per un popolo senza terra» , di fronte alle continue difficoltà per «risuscitare il progetto del Sinai» , aveva optato per una zona dell’Uganda. Trovo molto più eloquente e ben documentata tutta l’analisi che Compagna dedica a ripercorrere quelle che definisce «le buone ragioni» , su cui farà leva Herzl nel giro pur breve degli anni che gli rimanevano da vivere, affinché quella che poteva sembrare una generosa «utopia» riuscisse a farsi strada, a trovare sempre nuovi consensi, per legittimare così quell’obiettivo di lotta, che avrà bisogno di anni ma che si realizzerà finalmente nel 1948, proprio nell’antica terra dei padri. Mi pare, quindi, esatto il giudizio conclusivo di Compagna, quando insiste a spiegare come mai e perché l’azione, pionieristica eppure così fondamentale, di Herzl ha «inizio in diaspora, velata di lacrime e afflizione, ma si conclude, luminosa e libera, in terra d’Israele» .

Informazione Corretta

Gli 80 anni di Gorby l’anomalo

febbraio 28, 2011

«E’ diverso dagli altri». Così confidò Margaret Thatcher a Ronald Reagan dopo aver incontrato il giovane membro del Politburo nel 1984. Poi furono gli anni della glasnost e della perestroika, della caduta dei regimi dell’Est, del colpo di Stato che lo destituì, del sopravvento di Eltsin e della fine dell’Unione Sovietica, della morte dell’amata Raissa… e degli spot pubblicitari

Roberto Zichittella per “Il Riformista

Auguri a Mikhail Sergeyevich Gorbaciov (o Gorbachev, o Gorbachyov oppure Gorbacëv come scriveva quell’implacabile pignolo di Alberto Ronchey). Insomma, Gorby compie ottant’anni il 2 marzo e a Mosca sarà una festa con i fiocchi. Prima una festa privata, poi una pubblica alla quale sono stati invitati tutti i massimi dirigenti della Russia.
Gorbaciov va incontro al suo compleanno a testa alta. Gli anni lo hanno un po’ appesantito, il volto si è fatto un po’ più tondo e sulla fronte campeggia sempre la grande macchia rossastra che divenne il suo tratto distintivo e fece la gioa dei vignettisti di tutto il mondo. L’ultimo presidente dell’Unione Sovietica e Premio Nobel per la pace non è un pensionato che trascorre le sue giornate chiuso nel caldo di un dacia sfogliando gli album delle fotografie. È un uomo ancora lucido, energico, combattivo, pronto a dire la sua sui fatti del mondo e sulle vicende della sua patria. Lo si è visto a Mosca pochi giorni fa, il 21 febbraio, quando Gorbaciov ha incontrato i giornalisti e per un ora e mezza ha parlato di tutto: Putin e la Russia, il Medio Oriente e Gheddafi, il suo imminente compleanno e le tappe principali della sua carriera. (more…)

La leggenda della santa socialista

febbraio 28, 2011

Angelica Balabanoff, la piccola rivoluzionaria “mai tranquilla”: una biografia di Amedeo La Mattina

Enzo Bettiza per “La Stampa

La prima pagina del libro (Amedeo La Mattina, Mai sono stata tranquilla, Einaudi 2011) comincia con la descrizione di un’alba d’inquietante agonia del 25 novembre 1965. «Una vecchietta sta morendo in un appartamento romano di Montesacro. Bacia nell’aria un volto che aleggia sulla sua testa canuta» sospirando, nel più accorato dei diminutivi russi, mamuška mamuška… La morente, di cui nessuno sarebbe in grado di precisare l’età inoltratissima, esala l’ultimo mormorio quasi ignota, dimenticata da tutti. È passato più di mezzo secolo dal giorno in cui, mentre abbandonava gli odiati privilegi della tenuta patrizia dov’era nata, venne colpita dallo struggente urlo di malaugurio che la mamuška, la madre padrona, una ricca vedova ebrea di Cernigov in Ucraina, le aveva scagliato addosso: «Tu sarai maledetta per tutta la vita e quando morirai mi chiederai scusa».

Non si sa bene se quella fuga dai territori zaristi verso il Belgio, dove allora si davano convegno illustri «sovversivi» e dottori di marxismo, avvenne negli ultimi due anni dell’Ottocento o ai primi del Novecento. Neppure si sa con certezza se la fuggitiva ribelle, la mezza russa Angelica Balabanova, con desinenza prussificata in Balabanoff, avesse meno o più di vent’anni nel momento della rottura con la facoltosa famiglia i cui beni e vantaggi la riempivano di vergogna e sensi di colpa. La sua vera data di nascita è rimasta sempre avvolta nel mistero. «Qualcuno – scrisse Montanelli in un raro “coccodrillo” dedicato dalla stampa italiana alla scomparsa – gliene attribuiva novanta, altri novantacinque. Forse li aveva dimenticati anche lei e comunque non le pesavano». La Mattina, biografo appassionato della vegliarda un tempo famosa, poi condannata da gran parte della cultura progressista alla damnatio memoriae, conclude così l’ultima delle sue ricche 370 pagine: «Questo libro è il merito che spetta a una donna che ruppe con Mussolini e con Lenin. Una “santa del socialismo” che diventò anticomunista e implacabile fustigatrice delle debolezze umane e politiche della sinistra italiana». (more…)

Visse d’arte, amore e molte sigarette. Così la Francia ricorda Gainsbour

febbraio 26, 2011

A vent’anni dalla morte il Paese celebra il cantante icona nazionale, gran seduttore dal fascino maledetto

Alberto Mattioli per “La Stampa

CORRISPONDENTE DA PARIGI
E dire che era un adolescente timido. Racconterà il primo amore, la modella Elisabeth Levitsky, che fu lei a dover prendere l’iniziativa. Poi «si è seduto accanto a me, ha appoggiato la chitarra e ha spento la luce. E, dato che quella notte abbiamo fatto l’amore sette volte di fila, non l’ha mai dimenticata». (more…)

I Preraffaelliti in mostra a Roma

febbraio 25, 2011

Frederic Leighton Nausicaa, 1878 Olio su tela, cm 145X67 Collezione privata

«I miei Burke e Hare Una storia d’amore perfida e ironica»

febbraio 25, 2011

Boris Sollazzo per “Liberazione
Troppa grazia, un doppio John Landis liscio. Dopo il colpaccio di Extra, la sezione del festival del cinema di Roma diretta da Mario Sesti, che si era aggiudicato l’anteprima di Burke & Hare- Ladri di cadaveri per la rassegna capitolina, ecco che il cineasta di Animal House e Una poltrona per due, dei Blues Brothers e di Un lupo mannaro americano a Londra torna nella capitale per l’uscita in sala, targata Archibald. Da venerdì 25 febbraio – ieri c’è stata un’anteprima della Fondazione Cinema per Roma – tutti potranno godersi il ritorno in grande stile del regista cult per eccellenza. In gran forma sul set e fuori, come si può vedere da questa chiacchierata, un mix tra le parole pronunciate all’Auditorium qualche mese fa e l’incontro di ieri.

John Landis torna con “Burke & Hare”. E raccontando l’Edimburgo di un secolo e mezzo fa ci stupisce.
E perché mai? Credete davvero che i registi vogliano fare film tutti uguali? Molti giornalisti vedono in questo film un horror, per me invece è una commedia romantica. Il problema che spesso vivono critici, pubblico e soprattutto produttori è dare etichette agli artisti. La regia è un percorso complesso che lavora su diversi piani di lettura. La differenza tra me e molti altri è la convinzione che chi mi guarda sia intelligente, non ho disprezzo per chi è in platea. Bisogna scuotere il pubblico, non accontentarlo con la solita ricetta che già ha apprezzato, fare qualcosa in più. In questo senso va tutto ciò che stupisce: i riferimenti colti alla letteratura, la grande cura nella ricostruzione.  (more…)

Gli insospettabili liberali in camicia nera

febbraio 25, 2011

Roberto Festorazzi per “Avvenire

Tra i “fascisti riverniciati”, ossia quella parte di intellettuali che nel dopoguerra fece professione di antifascismo e lavò l’antica camicia nera fino a stingerla del tutto, un posto particolare occupano i liberali e i laici di varie tendenze. Una personalità di rilievo fu quella di Augusto Guerriero, un conservatore illuminato i cui scritti meriterebbero di essere riscoperti. Noto anche con lo pseudonimo di Ricciardetto, che usava nei suoi articoli pubblicati su “Epoca” a cominciare dagli anni Cinquanta, Guerriero fu il commentatore principe di politica estera del “Corriere della Sera”, fino al suo siluramento avvenuto nel 1972.  (more…)

Wu Ming 4 contro «la gang sessuale che ci governa»

febbraio 25, 2011

AUTORE COLLETTIVO. Mentre il romanzo d’esordio forse diventerà un film, esce un’antologia di racconti che squarciano, in maniera obliqua, gli anni Zero. Un membro del gruppo ci parla di copyleft, Saviano, l’agente Santachiara, la Lega, Tolkien, Osama Net Laden

Luca Mastrantonio per “Il Riformista

Non se ne sono mai andati, ma in questi giorni stanno tornando, editorialmente uniti e potenti come non capitava da tempo. Sono i Wu Ming, già Luther Blisset – collettivo di scrittori che esordì con il sorprendente Q – in questi giorni in libreria con l’antologia Anatra all’arancia meccanica (Einaudi, Stile libero). E non solo: dopo tanti tentativi andati a vuoto, potrebbero vedere Q, il loro romanzo d’esordio, finalmente sul grande schermo, per Fandango, che ne ha opzionato i diritti.
L’antologia raccoglie racconti usciti tra il 2000 e il 2010, con stili e generi multipli, uno sguardo sempre obliquo, come sintetizza Tommaso De Lorenzis che firma il testo introduttivo: «Anatra all’arancia meccanica è una selezione di racconti redatti dal collettivo Wu Ming durante il primo decennio del secolo. Testo babelico che mischia surreali cronistorie dell’anno Duemila e visioni negative, ruvidità degli slang e reminiscenze dialettali, derive oniriche e quadri d’un realismo secchissimo, quest’antologia garantisce un’immersione negli abissi di un’epoca ineffabile. Troppo controversa per essere passata. Troppo fulminea per dirsi pienamente contemporanea. Troppo incerta per valere da anticipazione d’un qualche futuro».
Con la Nona del “Ludovico Van” in sottofondo, il libro va gustato freddo, suggerisce De Lorenzis, «come la peggiore vendetta, così da esaltare i sapori di una comicità grassa, a tratti greve, sovente manesca e facinorosa. C’è molto da ridere al principio di queste storie. E tuttavia, mentre ci si avventura verso il fondo del Doppio Zero, emerge l’acido retrogusto della tragedia. Si consiglia di accompagnare il tutto con una buona bottiglia di “Latte Più”. Annata 1962. Cantine Burgess, ovviamente». In puro stile Drughi è la follia del racconto in versi, il più urticante, L’istituzione-branco, ispirato al caso di Eluana Englaro. C’è un gruppo di uomini, tra cui il «Primus dei ministri primus habens/ parrucca di pelo di ratto faccia/ bistrata di biacca piastriccio d’ombretto da funebri pompe», che fanno onanistico scempio dei propri corpi flaccidi e del corpo inerte di una ragazza senza vita. Questo, per dare conto della temperatura dell’antologia.
Il Riformista ha intervistato Wu Ming 4, Federico Guglielmi, curatore anche di una recente riedizione de Il ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm, di J.R.R. Tolkien, per Bompiani.

Notizie sul film tratto da “Q”? Perché non partecipate alla scrittura? Troppe mani sulla tastiera?
Al momento Q è sotto opzione da parte della Fandango e due sceneggiatori sono al lavoro sul soggetto. Noi non abbiamo voluto essere coinvolti. Il fatto è che in dieci anni abbiamo incontrato almeno una dozzina di produttori o sedicenti tali che volevano fare un film da Q e ci hanno soprattutto fatto perdere tempo. Alla fine siamo giunti alla naturale conclusione che quel tempo è meglio dedicarlo ad altro. Se qualcuno prima o poi ne trarrà un film andremo volentieri a vederlo al cinema da comuni spettatori. (more…)

Alberto Savinio, un magico trasformista nel teatro del mondo

febbraio 25, 2011

Da oggi al Palazzo Reale di Milano una rassegna dedicata al grande artista-critico-poeta-visionario

Luca Beatrice per “Il Giornale

La rivincita dei numeri due. Potrebbe essere il sottotitolo ideale per la grande antologica di Alberto Savinio, a oltre trent’anni di distanza dall’ultimo omaggio in un museo italiano, che apre oggi al Palazzo Reale di Milano.
Perché Savinio, che all’anagrafe faceva Andrea de Chirico, era il fratello minore di Giorgio, il più grande pittore del primo Novecento italiano senza se e senza ma. Un confronto su tale piano è impossibile, tale e tanto l’abisso qualitativo dal punto di vista stilistico, linguistico e tematico. Eppure Savinio oggi risulta più contemporaneo dell’inarrivabile fratello, poiché è stato lui, almeno in Italia, a inventare la figura dell’artista a 360 gradi, il dilettante intuitivo e rabdomantico che non ha paura di confrontarsi e misurarsi con diverse pratiche della conoscenza, riuscendo bene un po’ in tutto senza essere specializzato in niente. Un vero intellettuale della pittura: critico, scrittore, uomo di teatro, poeta, visionario. Non si è fatto mancare nulla, insomma. (more…)

Roma capitale, l’occasione perduta

febbraio 25, 2011

Dal 1870 a oggi, così la città non è riuscita a corrispondere al suo ruolo, finendo risucchiata nella questione meridionale

CLAUDIO PAVONE, da “La Stampa

Il testo che anticipiamo in questa pagina è tratto dall’introduzione scritta da Claudio Pavone per il suo libro Gli inizi di Roma capitale, in uscita da Bollati Boringhieri (pp. 320, e16), che ripropone tre saggi di oltre mezzo secolo fa, quanto mai attuali nel 150° anniversario dell’Unità, su Roma e il Lazio nel 1870. Pavone, che lo scorso autunno ha compiuto 90 anni, è uno dei maggiori storici italiani. Dopo avere partecipato alla Resistenza, è stato a lungo funzionario degli Archivi di Stato e ha insegnato Storia contemporanea all’Università di Pisa. Il suo libro più celebre, Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza (uscito da Bollati Boringhieri nel 1991), ha infranto un tabù, chiamando per la prima volta con il suo nome quel che accadde in Italia tra il 1943 e il ’45. Vent’anni fa ne seguì un vivace dibattito .

Quali erano le prospettive che si aprivano a Roma divenuta capitale d’Italia? E quali conseguenze avrebbe avuto per l’Italia avere una capitale tanto ingombrante? L’odi et amo degli italiani per Roma è sintomo delle difficoltà che incontrarono i contemporanei a rispondere con coerenza a questa doppia domanda, difficoltà ancora oggi tutt’altro che scomparse. (more…)

De Niro: “Essere normale ecco la mia trasgressione”

febbraio 25, 2011

Incontro con il grande attore, che parla del ritorno sul set con Scorsese e del cinema italiano: “Le vostre commedie sono sottovalutate, non hanno nulla da invidiare a quelle di Hollywood”

Curzio Maltese per “la Repubblica

Gli anni passano anche per i miti, ma quando Robert De Niro allarga la faccia in un sorriso, è lo stesso dell’ultimo fotogramma di C’era una volta in America. Un’immagine che ha segnato un tempo, una generazione, una stagione della vita di tutti noi.

Signor De Niro, è sorprendente vederla recitare in italiano in Manuale d’amore 3. Come l’ha convinta Giovanni Veronesi?

“E’ stato puro caso. Mentre scriveva il film, Veronesi aveva conosciuto Danilo Mattei (ex attore di Magni e Risi, ora agente immobiliare, ndr), che è mio amico da trent’anni. Attraverso di lui, mi ha fatto avere il copione. L’ho letto, mi è piaciuto, in più c’era Monica Bellucci. Ed eccoci qua. Lei non ha idea di quante cose nel cinema accadano per caso”.

E’ un personaggio inedito per lei, un professore mite e timido.

“Questo mi ha incuriosito. E’ un uomo che riscopre la vita quando vi aveva ormai rinunciato, attraverso l’innamoramento. Le passioni non invecchiano”. (more…)

«I disegni spiegano più delle parole»

febbraio 24, 2011

Nato a Cesena, 35 anni, il «ragazzo dell’Erasmus» ha appena vinto ad Angoulême il più importante premio d’Europa per il graphic novel

Stefano Montefiori per “Il Corriere della Sera

A due minuti a piedi dai negozi colorati del Canal Saint-Martin, davanti alla Gare de l’Est, c’è un ex convento che il Comune di Parigi ha trasformato in residence per artisti, ricercatori, intellettuali. Manuele Fior vive qui, «grazie alla domanda presentata dal mio editore» spiega. Dal monolocale con soppalco si vede una Parigi alla moda e bohémien al punto giusto. Romantica, come lo spazio al di qua della finestra. In un angolo la chitarra, la libreria Billy e lo stereo che ora suona canzoni dei Diaframma e di Rufus Wainwright, proprio accanto al tavolo da disegno. Attaccati al muro, dei post-it disegnati durante una cena tra amici e le foto di Manuele con la fidanzata francese Anne-Lise scattate nelle macchinette del metrò. È una casa piena di grazia, dove Manuele crea fumetti che hanno appena ricevuto il più importante premio d’Europa, il «fauve d’or» del Festival internazionale di Angoulême. (more…)

Il manuale dell’anarchico, 40 anni dopo

febbraio 24, 2011

Newsweek racconta William Powell, che a vent’anni scrisse una guida per terroristi di tutto il mondo

da “ilpost

Newsweek questa settimana racconta la storia di William Powell, l’autore del “Manuale dell’anarchico”. Il libro, pubblicato nel 1971, spiegava come fabbricare armi rudimentali, dal TNT al napalm, dai gas lacrimogeni alla dinamite; contiene istruzioni su come produrre droghe e acidi, su come manipolare e intercettare le telecomunicazioni, e altre informazioni utili al combattimento. Come suggerisce il titolo, è una vera e propria guida per prepararsi alla battaglia e alla resistenza armata: ha venduto due milioni di copie in tutto il mondo, ha fornito lo spunto per molti altri manuali simili e si dice abbia ispirato molti terroristi e criminali. (more…)

Giuseppe Valarioti, un eroe civile

febbraio 24, 2011

Ciao caro amico mio,
mi hanno chiesto una recensione per un libro che parla di Giuseppe Valarioti, “Il caso Valarioti” (Rosarno 1980: così la ‘ndrangheta uccise un politico (onesto) e diventò padrona della Calabria). Vado tranquillo giusto? Si tratta di una persona per bene?
Grazie mille,
Benny

Caro amico mio, vai tranquillo. Valarioti era una persona perbene. Dove sei ora? Torno in Italia il primo dicembre per presentare “La mafia spiegata ai dagazzi”. Prima tappa il primo dicembre appunto a Palermo. Spero di vederti.
Un abbraccio
Antonio

Benny Calasanzio, da “Micromega

Preda di un misto tra vergogna e imbarazzo, condivido con voi la verità: Giuseppe Valarioti per me era uno sconosciuto. Perchè l’unico politico da sbattere in faccia alla collusione di uomini della sinistra con la mafia, per me era Pio La Torre. Poi incontro per caso questo libro, poco pubblicizzato e senza alcuna eco, nato dalla voglia di verità di due giovani giornalisti che dell’illuminare le storie sconosciute delle vittime della ‘ndrangheta ne hanno fatto missione di vita: Danilo Chirico e Alessio Magro (in libreria anche il loro “Dimenticati. Vittime della ‘ndrangheta. La storia e le storie delle donne e degli uomini assassinati in Calabria dall’organizzazione criminale più segreta e potente del mondo”). Un libro preciso e meticoloso, a tratti fluido come un romanzo a tratti chirurgico e scientifico come un saggio, quale in fin dei conti è. (more…)

Quando Bene diceva male del cinema

febbraio 24, 2011

Il grande attore girò cinque film nella sua carriera, ma odiava la “settima arte”, che considerava spazzatura. In un libro tutte le sue interviste dissacranti contro cinematografari, film d’autore, registi, critici e “impegno”

Luigi Mascheroni per “Il Giornale

Carmelo Bene, è noto, considerava il cinema «la pattumiera di tutte le arti». Artista completo, lavorò con ogni mezzo espressivo possibile: scrisse, recitò, narrò, poetò, interpretò. E diresse film, che amò visceralmente e poi odiò subito, non appena finite le riprese. La parentesi cinematografica della sua vita artistica durò cinque anni, dal 1968 al 1973, e cinque lungometraggi, da Nostra Signora dei Turchi (che fu presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, dove vinse il premio speciale della giuria) a Un Amleto di meno. Anche se la sua prima apparizione su un set, come attore, fu nell’Edipo re di Pier Paolo Pasolini risalente al 1967. Comunque, tra Carmelo Bene e il cinema non corse mai buon sangue. La critica e il pubblico lo attaccarono senza pietà: fu travolto da polemiche giornalistiche, scandali pubblici, stroncature feroci, persino devastazioni selvagge nelle sale in cui avvenivano le proiezioni. E quanto fu profondo, ma anche proficuo, l’odio che provò l’artista-attore contro l’ultima delle arti, ultima per nascita e ultima per valore, lo testimonia il volume Contro il cinema (minimum fax, pagg. 198, euro 15), curato da Emiliano Morreale, che raccoglie per la prima volta le interviste più significative che Bene concesse in quegli anni a giornali e riviste, da Cineforum ai Cahiers du cinéma, commentando, e quasi sempre distruggendo, il suo stesso cinema e quello degli altri. Ecco un florilegio delle sue invettive.

CINEMA «Non vado mai al cinema, perché so che è un sottoprodotto». (more…)

Tripoli, arido suolo di dolore e fallimenti

febbraio 24, 2011

Il bilancio negativo del colonialismo italiano in Libia

Paolo Mieli per “Il Corriere della Sera

Mai colonizzazione fu più sfortunata di quella italiana in Libia. E pensare che tutto era parso facile nell’ottobre del 1911, quando le truppe italiane inviate dal governo liberale di Giovanni Giolitti erano sbarcate a Tobruk, Derna, Bengasi e si erano avventurate in quella terra senza quasi incontrare resistenza da parte dei duemila mal equipaggiati soldati ottomani lasciati a presidio dalla Turchia. Casomai il nostro esercito ebbe qualche problema da parte dei senussi, gli islamici che, senza entrare in conflitto con Istanbul, dalla metà dell’Ottocento (nel 1843 Muhammad al-Sanusi si era stabilito a sud-ovest di Cirene), avevano dato alle genti della Tripolitania e della Cirenaica nuove forme di organizzazione politico-sociale (oltre a una versione del tradizionale credo religioso maomettano più moderna, più adatta alla mentalità e alle esigenze delle popolazioni beduine). Ma l’impresa italiana ebbe comunque successo e nell’ottobre del 1912 la Sublime Porta (il governo di Istanbul) firmò il trattato di Ouchy (Losanna) in virtù del quale la Turchia ritirava le proprie forze armate dalla Libia, lasciando il Paese all’Italia. Dopodiché la guerriglia della Senussia proseguì e – con l’aiuto di parte dell’esercito turco non rassegnato a rispettare le decisioni di Ouchy – avrebbe potuto crearci seri guai se le ripercussioni in loco della Prima guerra mondiale e un’epidemia di peste (tra il 1916 e il 1917) non ne avessero mortificato le ambizioni. (more…)

Architetti d’esportazione simbolo dell’Italia vincente

febbraio 23, 2011

Fulvio Irace per “Il Sole 24 Ore

The Shard, la “scheggia” di cristallo di Renzo Piano continua a salire nel cielo di Londra ; a Schenzen è già aperto il cantiere del quarto aereoporto del Paese: la “grande manta” di Massimiliano Fuksas . Mentre avanza nella progressiva conquista della Cina con i quartieri di Wai Tan Yuan a Shangai e l’espansione est della città turistica di Ningbo, la Gregotti Associati ha aperto ora il fronte del Nord Africa, con i progetti per gli stadi di Agadir e di Marrakesh. E’ disegnata dal milanese Mario Bellini anche la “nuvola” metallica del Museo d’Arte Islamica nel parigino tempio del Louvre, mentre Dante Benini ha appena finito a Instambul la torre del gruppo farmaceutico Abdi Ibrahim, uno dei landmark della Turchia moderna che guarda all’Europa.

L’elenco è sommario: solo l’inizio di una lunga serie di nomi di architetti più giovani e forse meno noti al pubblico dei giornali : dal fiorentino Claudio Nardi( autore del recente museo dell’Olocausto nell’ex manifattura Schindler a Cracovia) alla progettista del “museo della Ciencia viva” di Braganca, Giulia de Appolonia sino alle giovanissime Laura Mascino e Barbara Agnoletto , che hanno realizzato a Kobe una “piazza Italia” di grande successo .

Ma anche se la lista fosse completa non aiuterebbe a spiegare questo bruciante paradosso : presi uno per uno, gli architetti italiani non solo non sfigurano all’estero, ma diventano simboli di un’Italia che vince; nel suo complesso però l’architettura italiana soffre di un grande deficit di immagine, relegata nella considerazione internazionale in una terra di nessuno perimetrata dai resti di un illustre passato ma fuori di quella pulsante modernità di cui invece sono parte sia la moda che il design made in Italy. (more…)

E a Oriana diceva: voi ci massacrate

febbraio 23, 2011

Hitler e Mussolini sfruttavano le masse, io non faccio che appellarmi perché il popolo si governi da solo

da “Il Corriere della Sera

Pubblichiamo una sintesi dell’intervista al colonnello Gheddafi realizzata da Oriana Fallaci e uscita sul «Corriere della Sera» il 2 dicembre 1979. Il testo è tratto dalla seconda parte della conversazione, in cui Gheddafi si soffermava sulla sua politica e rispondeva alle accuse di appoggio al terrorismo che gli venivano rivolte. La prima parte riguardava invece la crisi degli ostaggi americani fatti prigionieri dagli iraniani nell’ambasciata degli Stati Uniti a Teheran, perché il colonnello libico si era offerto all’epoca per un’opera di mediazione. Sulla base degli appunti di quello stesso incontro con Gheddafi, la Fallaci pubblicò un’altra intervista sul «Corriere» il 20 aprile 1986, poco dopo il bombardamento di Tripoli da parte americana

Colonnello, ho l’impressione che il suo odio per l’America e per gli ebrei sia in realtà odio per l’Occidente. Proprio come nel caso di Khomeini. Si rende conto che di questo passo si torna indietro di mille anni, si ricomincia con Saladino e le Crociate?

«Sì e la colpa è vostra: degli americani, dell’Occidente. Anche allora fu vostra, dell’Occidente. Siete sempre voi che ci massacrate. Ieri come oggi».

Ma chi vi massacra, oggi, dove?
«Fu la Libia a invadere l’Italia o fu l’Italia a invadere la Libia? Ci aggredite ora come allora. In altro modo, con altri sistemi e cioè sostenendo Israele, opponendovi all’unità araba e alle nostre rivoluzioni, guardando in cagnesco l’Islam, dandoci dei fanatici. Abbiamo avuto fin troppa pazienza con voi, abbiamo sopportato fin troppo a lungo le vostre provocazioni. Se non fossimo stati saggi, saremmo entrati mille volte in guerra con voi. Non l’abbiamo fatto perché pensiamo che l’uso della forza sia l’ultimo mezzo per sopravvivere e perché noi siamo sempre dalla parte della civiltà. Del resto, nel Medioevo, siamo stati noi a civilizzarvi. Eravate poveri barbari, creature primitive e selvagge…». (more…)

‘Hollywood? Meglio i funerali’

febbraio 23, 2011

«I produttori non hanno più idee: pensano solo agli effetti speciali e agli incassi. Quindi gli dico sempre di no. E passo le mie giornate a guardare il baseball, a giocare coi miei nipoti e ad accompagnare i miei amici al cimitero». Più caustico che mai, parla Jack Nicholson

Lorenzo Soria per “L’Espresso

Da un po’ di tempo è più facile vedere Jack Nicholson in tv, mentre lo inquadrano alle partite dei suoi amati Lakers, che nelle sale cinematografiche. L’ultima volta al cinema era stata tre anni fa con “Non è mai troppo tardi”, un film del suo amico Rob Reiner su due vecchi mattacchioni (l’altro era Morgan Freeman) che prima di morire decidono di concedersi tutti i piaceri della vita. Adesso è uscito un’altra volta dal suo eremo a Mulholland Drive, dalla casa dove vive da sempre e dove Roman Polanski fu protagonista di quello stupro per il quale 34 anni dopo la giustizia Usa ancora lo insegue.

Ha realizzato una commedia, “Come lo sai”, e anche questa volta a volere i suoi servizi è stato un vecchio amico, James L. Brooks, col quale ha vinto due dei suoi tre Oscar (per l’astronauta un po’ alcolizzato di “Voglia di tenerezza” e per “Qualcosa è cambiato”). Un film con Reese Witherspoon, Paul Rudd e Owen Wilson, che esce ora in Italia. Proprio mentre in America va in vendita invece una nuova edizione in formato blu-ray di “Cinque Pezzi Facili”, il film di Bob Rafelson del 1970 dove Nicholson recita la parte di un uomo che sa essere allo stesso tempo disincantato, cinico, sarcastico, bello, irritante, un po’ pericoloso, spiritoso, incapace di conformismi, in una parola irresistibile.

Arrivato a 73 anni i capelli sono meno folti e più grigi, Nicholson ha la pancia di un buontempone e cammina un po’ esitante. Ma dietro i suoi occhiali scuri, gli occhi sono quelli un po’ diabolici e sovversivi di una volta. E se quando parla c’è più introspezione e ricordi e consapevolezza del tempo che scorre, sa ancora come essere provocatorio, sovversivo, giocherellone.

Perché ha scelto proprio questo film? Avrà avuto molte proposte negli ultimi anni…

“Per mia fortuna non devo lavorare per soldi e se decido di dire di sì deve esserci un qualcosa che mi eccita. Una delle cose che amo del mio mestiere è che puoi stare per lunghi periodi senza fare niente. Ma quando lavoro lo prendo molto seriamente, mi preoccupo, vado ancora nel panico. Si dicono molte cose su di me ed è vero, nei miei cinquant’anni di cinema mi è capitato di svegliarmi tra i rami di un albero o sul bordo di una rupe: ma non ho mai mancato un giorno di lavoro e non ho mai tenuto un set ad aspettarmi. Beh, una volta è successo: mi è partita la schiena mentre giravo “Shining” con Kubrick. E dopo questa premessa, alla sua domanda rispondo così: lavorare con James Brooks è un piacere. È un grande scrittore che capisce le dinamiche tra le persone e che sa aggiungere sempre un pizzico di humour”. (more…)

«L’architettura è un mestiere da uomini ma ho sempre fatto finta di nulla»

febbraio 22, 2011

Gae Aulenti:«Il sacrificio? Una parola che non conosco»

Paolo Di Stefano per “Il Corriere della Sera“, video

Siamo in una antica palazzina d’angolo in zona Brera. Qui Verdi compose la sua Messa da Requiem, qui una volta i barconi arrivavano carichi sul Naviglio. Bisogna salire per una scaletta in ferro arancione, per raggiungere lo studio di Gae Aulenti. Un tavolo quadrato su cui sono distesi ampi fogli di progetti, vecchi modelli in legno alle pareti, alle spalle un altro tavolo bianco colmo di fogli, libri, matite, penne, forbici. Libreria fitta di cataloghi, fascicoli, classificatori. Idea di ordine e geometria. La stessa che emana dalla figura severa dell’architetto della Gare d’Orsay di Parigi, del Museo d’arte catalana di Barcellona, di Palazzo Grassi, delle ex Scuderie del Quirinale. Sigaretta tra le dita, capelli bianchi cortissimi, e calma, molta calma, gesti ampi delle braccia nel ricordare la sua lunga carriera. «Gli anni che passano? Uffah, che domanda… Io sono difesa dal mio lavoro e dalla mia passione». A difenderla è anche la timidezza. (more…)

L’impossibile repubblica di Caulonia

febbraio 22, 2011

Gabriele Pedullà per “Il Sole 24 Ore

Il 23 giugno 1947, presso il tribunale di Locri, in provincia di Reggio Calabria, si aprì il più grande processo politico del dopoguerra. Per contenere tutti i 365 imputati il magistrato fu costretto a spostare le udienze in un ex pastificio appositamente trasformato in corte di giustizia. Ma presto venne stabilito che il reato di cui i 365 erano accusati, la sollevazione armata del piccolo centro di Caulonia (all’epoca 15mila abitanti), ricadeva nei crimini prescritti dall’amnistia di Togliatti dell’anno precedente. Solo tre persone vennero condannate: Ilario Bava e Giuseppe Menno, responsabili dell’uccisione di un prete, e Pasquale Cavallaro, sindaco comunista del paese e – secondo la magistratura – mandante diretto dell’omicidio.

Si concludeva così una piccola vicenda locale che per qualche giorno, appena due anni prima, aveva attirato l’attenzione di tutta Europa, quando si raccontava che persino Stalin avesse dichiarato: «Ci vorrebbe un Cavallaro in ogni città». Ma chi era questo eroe di un giorno, destinato a pagare la propria bravata con otto anni di carcere? (more…)

I segreti nucleari del Giappone

febbraio 22, 2011

Nuove prove di accordi occulti con gli Usa in contraddizione con i principi pacifisti di Eisaku Sato

Gabriele Battaglia per “Peacereporter

Nel dicembre del 1967, il Primo ministro nipponico Eisaku Sato proclama i tre principi anti nucleari: il Giapponedevastato nei corpi e nelle coscienze dalle atomiche di Hiroshima e Nagasaki – sceglie di “non possedere, non costruire e non introdurre” nel proprio territorio nessuna arma nucleare. Per questa politica pacifista, a Sato viene assegnato il premio Nobel per la pace nel 1974.
Oggi si scopre che un patto segreto tra Sol Levante e Stati Uniti ha reso il divieto al nucleare un po’ meno vincolante. (more…)

Missiroli & Co. i fascisti riverniciati

febbraio 22, 2011

Roberto Festorazzi per “Avvenire

I fascisti “riverniciati”, ossia coloro che decolorarono le loro camicie nere per presentarle linde e immacolate di bianco, oppure ritinte di rosso scarlatto, furono moltissimi in Italia dopo il 1943-45. Nella cultura italiana, centinaia di intellettuali che avevano militato in posizioni di avanguardia nelle file del cosiddetto “fascismo di sinistra” (cioè di un fascismo di marca ormai totalitaria, allineato con la Germania nazionalsocialista e depurato di ogni incrostazione liberale), furono reclutati da quel Partito comunista che a metà degli anni Trenta aveva lanciato il suo famoso appello ai «fratelli in camicia nera». (more…)

Il collage è un’arte

febbraio 21, 2011

John Stezaker, Untitled, 1977, collage. Courtesy of the Artist and the Approach, London © The Artist

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Realizza le sue opere mescolando scene di film e cartoline d’epoca, in una ricerca meticolosa e ossessiva. La Whitechapel Gallery di Londra dedica una grande mostra a John Stezaker. Altre foto e articolo qui

John Stezaker, Cinema © The Artist

Da Impregilo a Finmeccanica; dalla Juventus fino a Retelit i titoli che “soffrono” la rivolta in Libia

febbraio 21, 2011

Vittorio Carlini per “Il Sole 24 Ore

Ore sempre più convulse in Libia, dove continuano gli scontri tra i rivoltosi e l’esercito fedele al colonnello Muammar Gheddafi. Una situazione che, ovviamente, non può non avere un effetto anche sul fronte economico.

Il petrolio balza
In primis, il prezzo del petrolio. La Libia, membro dell’Opec, è uno dei principali produttori di oro nero in Africa, con 1,8 milioni di barili al giorno. Le sue riserve ammontano a 42 miliardi di barili. La rivolta a Tripoli ha messo pressione sulle quotazioni del barile.Un po’ come conseguenza di una reazione emotiva, un po’ per i timori di possibili problemi sul fronte della produzione, il prezzo del Wti americano è salito sopra 88 dollari. Il Brent europeo, invece, ha raggiunto il massimo da due anni e mezzo , toccando un top di 104,60 dollari al barile. (more…)

Obbiettivo donna, il protagonista è il ritratto

febbraio 21, 2011

Urban Self-portraits di Anna Di Prospero

La fragile esistenza degli anziani di Penny Klepuszewska, lo sguardo insolito di Anna Di Prospero e la bellezza stravagante degli albini di Paola De Grenet. Sono tre fotografe a inaugurare la rassegna Obbiettivo donna, organizzata da Officine fotografiche in collaborazione con 3/3, a Roma dal 25 febbraio al 26 marzo. Un evento che prevede tre mostre, workshop, incontri, dibattiti sull’editoria e la fotografia. Ma il vero protagonista è il ritratto. “Living Arrangements”, di Penny Klepuszewska, mostra la vecchiaia attraverso lo sguardo di due anziani chiusi tra le mura domestiche. In “Urban Self-portraits”, Anna Di Prospero usa l’autoritratto per una riflessione sul rapporto tra individuo e spazio. Paola De Grenet, infine, con “Albino Beauty” celebra una bellezza degli albini: nei suoi scatti, lontani da ogni pregiudizio, i loro volti pallidi e delicati. Altre foto qui

Una pillola sconosciuta

febbraio 21, 2011

di Umberto Veronesi, da Repubblica, 19 febbraio 2011, da “Micromega

La pillola è il male. Tutta la contraccezione è il male. O, nel migliore dei casi, è tabù. E così le donne sono state tradite. Le ragazze che si affacciano alla sessualità e le adulte che hanno vissuto la cosiddetta rivoluzione sessuale non sanno che la pillola non ha nessuna controindicazione per la loro salute, che non aumenta il rischio di tumore del seno, e ignorano che le protegge dall’altro temibile tumore femminile, quello dell’ovaio. Nessuno ha detto loro che la pillola anticoncezionale è lo strumento in assoluto più efficace che hanno a disposizione per evitare questa malattia, che colpisce quasi cinquemila donne ogni anno in Italia, con una mortalità ancora elevata. Eppure è dimostrato che il rischio si riduce del 60% non solo durante l’assunzione, ma anche anni dopo la sospensione. So per esperienza che se le donne sono informate e consapevoli di un progresso scientifico – e non solo medico – che protegge la loro vita e quella della loro figlie, lotteranno per averlo, e lo otterranno. (more…)

Armeni. La pulizia etnica che aprì il ’ 900

febbraio 20, 2011

Andrea Riccardi per “Il Corriere della Sera”

«Chi parla ancora oggi della strage degli armeni?» — avrebbe detto Hitler nel 1939 ai suoi comandanti militari alla vigilia dell’invasione della Polonia. Parlare della strage degli armeni vuol dire ricordare una pagina nera del Novecento, ma pure chiedersi come si può vivere insieme tra popoli tanto diversi. Il massacro degli armeni si colloca nella lunga agonia dell’impero ottomano tra XIX e XX secolo. È una storia di continue amputazioni territoriali con nascita di Stati indipendenti (non musulmani), dalla rivolta greca del 1821 fino all’Albania libera nel 1912. A questo declino, reagisce il movimento nazionalista dei Giovani Turchi al potere dal 1908. Questi percepiscono come l’Anatolia stessa, cuore turco dell’impero, sia minacciata. Qui circa il 20 per cento della popolazione è cristiano, in particolare armeni e greci. I Giovani Turchi temono la saldatura tra il nazionalismo armeno e la Russia, alle frontiere dell’impero. L’occasione per la pulizia etnica viene con l’ingresso della Turchia nella Prima guerra mondiale a fianco della Germania e dell’Austria-Ungheria. Gli armeni vengono deportati verso il deserto siriano e in larga parte massacrati. Ne muoiono circa 1.500.000 (secondo i turchi invece da 200.000 a 800.000 persone). È il primo genocidio del Novecento, anche se il termine è proposto più tardi, nel 1944, dal giurista polacco di origine ebraica, Raphael Lemkin. (more…)

Matteucci: La giustizia sociale? Una trappola contro l’individuo

febbraio 20, 2011

Il filosofo racconta la nascita dello Stato e il declino della libertà dovuto al welfare

Giampietro Berti per “Il Giornale

Ritorna in libreria un classico di Nicola Matteucci, Lo Stato moderno. Lessico e percorsi, (Il Mulino). Matteucci, nato a Bologna nel 1926 e morto nella stessa città nel 2006, è stato uno dei maggiori studiosi italiani di filosofia politica. Per alcuni decenni ha insegnato Storia delle dottrine politiche e Filosofia morale nell’Ateneo bolognese, dando alla luce molte opere, saggi e articoli. Nel 1951 figura tra i fondatori della associazione di cultura «Il Mulino». Insieme a Norberto Bobbio e a Gianfranco Pasquino ha curato, nel 1976, il celebre Dizionario di politica, ancora oggi uno strumento indispensabile. (more…)

Corpo a corpo con l’inconscio di Jung

febbraio 20, 2011

Carl Gustav Jung

Parla Samu Shamdasani, che ha curato l’edizione del visionario Libro rosso: «Pagine cruciali per capire la sua opera»

Alessandra Iadicicco per “La Stampa

TORINO
La ricerca di un tesoro, la scoperta di un segreto, l’apertura di un mistero. Questo è stato per Samu Shamdasani lavorare alla cura, alla traduzione e alla prima edizione mondiale del Libro rosso di Carl Gustav Jung. Pubblicato per la prima volta a Londra nel 2009 nella sua versione inglese e, l’anno successivo, nel resto del mondo (in Italia è uscito da Bollati Boringhieri), il testo esoterico contiene la visione del bagno di sangue europeo che assalì lo psicologo alla vigilia della Prima guerra mondiale. E il grandioso cosmo immaginifico perscrutato per anni dopo quella esperienza dal grande esploratore dell’inconscio. Chiuso nella cassaforte di una banca svizzera dopo la morte dell’autore, il capolavoro viene oggi alla luce come un oggetto davvero prezioso. Shamdasani, ieri a Torino, al Circolo dei Lettori, per una giornata di studio su «Jung e il Libro rosso», ci ha raccontato come vi si è accostato. Per maneggiarlo con grandissima cura. (more…)

Fotografo l’anima del potere

febbraio 20, 2011

A 42 anni è l’artista di maggior successo globale. Ha scattato primi piani di tutti i grandi. Adesso cerca i volti dei poveri in Oriente. Ho violato il protocollo con Michelle Obama, ho inseguito Sarkozy senza successo. Mi affascina la fama. Ora basta: sono andato in Asia per testimoniare il dolore

Federico Fubini per “Il Corriere della Sera

Platon Antoniou ha appena smontato il suo set, la settimana di Davos sta per volgere al termine. Come fotografo dei potenti, è stato una delle star del World Economic Forum di quest’anno. Ma neanche qui è riuscito a catturare la preda che insegue da anni, l’ha solo sfiorata ancora una volta. Perché Platon ha fotografato quasi tutti i leader del suo tempo, presidenti, primi ministri, capi carismatici di ogni tipo. Ma Nicolas Sarkozy mai. Era qui a Davos ma non ha accettato. Già all’assemblea generale dell’Onu, un paio di anni fa, il presidente francese fu fra i pochi a sfuggirgli. «L’ho invitato sul set, gli ho teso la mano in segno di benvenuto, lui l’ha guardata ma non me l’ha stretta – racconta Platon senza astio apparente -. Poi gli ho chiesto di sedersi, ha guardato la sedia, si è girato e ha urlato ai suoi “Qu’est-ce que c’est tout ça? Je déteste les photos!“. Poi se n’è andato su tutte le furie». (more…)

Patella e l’arte degli equivoci

febbraio 19, 2011

Doppio ritratto, 1966

Dal 18 marzo al 18 aprile la galleria Maria Grazia Del Prete di Roma ospita una mostra dedicata all’arte di Luca Maria Patella. Tra performance e manipolazioni di immagini, in esposizione col titolo ‘Mi-raggio’ una serie di fotografie che ritraggono soggetti riflessi specularmente e sdoppiati. Patella è considerato uno dei più significativi rappresentanti dell’arte concettuale italiana. Altre foto qui

Piero Colombi e la passione per la finanza. Ecco il “ragazzo del ’99” che fondò il «24 Ore»

febbraio 19, 2011

Giuseppe Oddo per “Il Sole 24 Ore”

Era un ragazzo del ’99 il fondatore, direttore e azionista del 24 Ore, Piero Colombi, del quale si commemora oggi a Milano, a palazzo Marino, il cinquantenario della morte alla presenza del figlio Enrico e di alcuni suoi amici, Franco Morganti,Salvatore Bragantini Salvatore Carrubba. Colombi, che guiderà fino alla sua prematura scomparsa il quotidiano nato nel ’46 come antagonista del Sole, parte nel ’17 volontario per la grande guerra e quando ritorna si ritrova iscritto dal patrigno al Politecnico di Milano. (more…)

«Nemo», gli 007 della Resistenza

febbraio 19, 2011

Il ruolo dei servizi segreti dopo l’8 settembre, raccontato da un protagonista. Francesco Gnecchi Ruscone mette in luce il contributo dei militari alla lotta partigiana

Enrico Mannucci per “Il Corriere della Sera

Francesco Gnecchi Ruscone, nato nel 1924, era un giovanotto della buona società milanese. Famiglia borghese vissuta nel culto del Risorgimento, ostile al comunismo ma anche estranea alla retorica del fascismo. Il padre diffidava di quello stile pomposo, metteva in termini frivoli il suo rifiuto del regime: «Un signore porta camicie bianche, al massimo con righine blu, nere mai: per nessun motivo». Così era stato schedato come «elemento ostile». Il figlio aveva sedici anni quando l’Italia era entrata in guerra. Non ha tempo di andare sotto le armi prima dell’8 settembre. Allora, però, sa perfettamente che suo dovere è opporsi agli invasori. Ovvero, ormai, i tedeschi. E così, con la famiglia, comincia a darsi da fare. Dapprima aiuta a nascondere i tanti prigionieri alleati sperduti nel Nord Italia dopo l’armistizio. Poi entra nei Giovani liberali della resistenza milanese. Da lì diventa, nell’estate del 1944, un agente della rete segreta «Nemo». La sua memoria – finora nota solo attraverso una pubblicazione privata in inglese, When being italian was difficult(«Quando essere italiano era difficile») – si deposita ora in un libro edito da Mursia (Missione «Nemo». Un’operazione segreta della Resistenza militare italiana) corredato e integrato dalle ricerche di Marino Viganò e Susanna Sala Massari. Un’autobiografia che è anche un saggio su uno dei risvolti meno esplorati della Resistenza in Italia. Perché la «Nemo» – anzi, missione «Nemo Op. Stand II» – è un esempio significativo del contributo dato alla Liberazione dall’esercito italiano rimasto fedele al re, dal Sim, anzi, ossia dal servizio segreto che a lungo ha sofferto ombre di ambiguità e doppiezze non del tutto ingiustificate. (more…)

Radiohead – Lotus Flower

febbraio 19, 2011

L’ELEGANZA DEL DISINCANTO

febbraio 18, 2011

Stenio Solinas per “Il Giornale

Nella foto che Henri Cartier-Bresson scattò nel 1952 all’allora ottantenne Paul Léautaud, c’è un concentrato di storia e di memoria. Il vecchio signore che si offre alla macchina fotografica senza degnarla di uno sguardo indossa gli abiti lisi e fuori moda degni di un barbone, se a nobilitarli non ci fosse un tocco di civetteria: un foulard annodato negligentemente intorno al collo, la catena dell’orologio che attraversa il gilet da un occhiello a una tasca, un cappello che mostra l’usura del tempo, ma anche la cura che nel tempo gli è stata riservata, la strisca di velluto che lo circonda lucida e ben spazzolata. Seduto su una sedia da giardino, il bastone da passeggio in grembo, gli occhi chiusi per riposare una vista che andava sempre più declinando, ciò che colpisce in quel corpo minuto, fragile all’apparenza, sono le mani: grandi, nodose. È grazie a queste ultime che dal 1893, e per più di mezzo secolo, giorno dopo giorno Léautaud ha raccontato la sua via in un Journal, un diario di pagine che, raccolte, fanno 19 volumi, una piccola biblioteca, in pratica. È sempre grazie a loro che il solitario scrittore ha in quell’arco di tempo fatto a meno di qualsiasi aiuto: dal cucinarsi il pranzo al lavarsi la biancheria, dal tagliare la legna per il riscaldamento ad aggiustare una poltrona, Léautaud ha sempre fatto tutto da solo, ha sempre mantenuto e difeso la propria indipendenza. Così, in quella foto c’è il ritratto di un uomo che ha fatto della scrittura una ragione di vita e della propria libertà fisica e intellettuale un comandamento. (more…)

All’osteria si favella in toscano

febbraio 18, 2011

Pubblichiamo alcuni brani della cronaca che lo scrittore-giornalista-deputato Vittorio Bersezio fece per «La Gazzetta di Torino» in occasione della prima seduta parlamentare. Bersezio, celebre per «Le miserie ‘d Monsù Travet», divenne poi direttore del quotidiano piemontese, antenato de «La Stampa»

Vittorio Bersezio da “La Stampa

Che tutti gli alberghi, le locande, le osterie fossero pieni e ripieni, non è nemmeno da dirsi, ma oltre tutta questa quantità di forestieri che avevano avuta la fortuna di trovare un ricovero alle loro notti, c’ero sullo spazzo delle vie un fiume lento scorrente di sventurati senz’alloggio, che giorno e notte invadeva le botteghe dei caffè, dei trattori, dei liquoristi. Per due notti, sopra gli scanni di codeste botteghe, si videro accasciate delle famiglie intiere, la moglie col capo appoggiato alle spalle del marito, i figliuoli in grembo alla madre a sonnecchiare un pochino sotto la protezione d’un’acqua rossa o d’una bottiglia di birra consumata per compenso del ricevuto asilo dalle ospitali sale del caffettiere. Il teatro Rossini accortamente aprì le sue soglie a questi diseredati di letto, al diletto d’un ballo senza maschere, per pretesto a posare il capo contro l’angolo d’una parete in un seggio di galleria. (more…)

Lincoln voleva inviare nei Caraibi gli ex schiavi neri

febbraio 18, 2011

Trattò con gli inglesi

Antonio Carioti per “Il Corriere della Sera

Il presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln, durante la guerra di secessione, decretò l’emancipazione degli schiavi neri, ma non credeva molto nella prospettiva di una convivenza pacifica e proficua tra diverse razze su un piano di eguaglianza, tanto che progettava il trasferimento di un gran numero di afroamericani nelle vicine colonie inglesi del Belize (chiamato allora Honduras britannico) e della Guyana. Il dato emerge da un saggio che sta per uscire negli Stati Uniti, opera di uno storico inglese, Sebastian Page, e di uno americano, Phillip Magness. Finora si era ritenuto che i progetti coltivati da Lincoln in quel senso non avessero grande respiro e fossero semplicemente una manovra per tenere buona l’opinione pubblica di sentimenti razzisti. Ma i due studiosi, scavando negli archivi, hanno scoperto, soprattutto a Londra, documenti che dimostrano come il presidente abbia continuato a perseguire con determinazione il piano di reinsediamento dei neri anche dopo aver emesso il proclama di emancipazione degli schiavi residenti negli Stati del Sud (1˚gennaio 1863) e fino alla vigilia del suo assassinio (15 aprile 1865). Il libro, intitolato Colonizzazione dopo l’emancipazione (University of Missouri Press), rivela che Lincoln incontrò personalmente alcuni emissari inglesi, tra cui l’armatore John Hodge, operante nei Caraibi, il quale fu da lui autorizzato a reclutare ex schiavi neri per portarli a lavorare nelle piantagioni del Belize. Lo stesso Hodge comunicò all’ambasciatore britannico a Washington che vi era un «sincero desiderio» di Lincoln che il progetto «andasse avanti». Inoltre Magness e Page hanno scoperto un piano per inviare a Panama, dopo la fine della guerra civile, migliaia di soldati neri, che stavano combattendo per il Nord, allo scopo d’impiegarli per scavare quel canale tra il Pacifico e l’Atlantico che sarebbe stato in realtà realizzato soltanto mezzo secolo dopo. (more…)

MADOFF PARLA E INGUAIA LE BANCHE

febbraio 17, 2011

“LE BANCHE E I FONDI SONO STATI COMPLICI. QUELLO CHE CORREVANO ERA UN RISCHIO CHE ERANO CONSAPEVOLI DI CORRERE” – “STO LEGGENDO PIÙ COSE ADESSO SU QUANTO FOSSERO SOSPETTOSI ALLORA DI QUANTO MI SIA RESO CONTO ALL´EPOCA” – PRIMA INTERVISTA DALLA GALERA (AL “NY TIMES”) DEL RE DELLA TRUFFA – RABBIA E DOLORE PER IL SUICIDIO DEL FIGLIO: “HANNO SCRITTO CHE MI SONO RIFIUTATO DI ANDARE AL FUNERALE, MA MI È STATO IMPEDITO”…

Diana B. Henriques per “The New York Times”
Traduzione di Anna Bissanti per “la Repubblica“, da “Dagospia

Bernard L. Madoff ha detto che non avrebbe mai pensato che il crollo del suo schema Ponzi avrebbe causato una tale distruzione della sua famiglia.

Nella prima intervista pubblicata dal suo arresto nel dicembre 2008, Madoff – dall’aspetto smagrito e nella sua divisa carceraria color cachi – ha affermato che i membri della sua famiglia non sapevano nulla dei suoi crimini.

Ma soprattutto, durante l´intervista di due ore rilasciata nella sala delle visite della prigione martedì scorso, così come in un precedente scambio di messaggi di posta elettronica, ha sostenuto che banche e hedge fund sono stati «complici» della sua elaborata truffa. Compiendo un bel dietro-front rispetto alle sue precedenti dichiarazioni. (more…)

Földényi: Senza Dio la ragione scopre il lato oscuro

febbraio 17, 2011

Lorenzo Fazzini per “Avvenire

Si definisce «persona non religiosa» ma ammette che, senza il pensiero di Dio e la metafisica, «non possiamo più fidarci della storia». László Földényi, intellettuale di Budapest, riconosce nell’elemento religioso un contributo senza il quale l’Europa si muta in un corpo privo d’anima.
Professore, in «Dostoevskij legge Hegel in Siberia e scoppia a piangere» lei scrive: Dio è «sconosciuto e non ha limiti». Benedetto XVI ha affermato che alcuni non credenti vogliono approcciare Dio come «Sconosciuto». Oggi constatiamo un diffuso sospetto verso Dio. Perché mantenersi aperti al Trascendente?
«Non sono credente, però tutti i momenti importanti nella mia vita sono stati religiosi. Questo significa che, anche se non si ha fede in Dio, ciascuno di noi fa l’esperienza ricorrente, insita nella vita umana, di una profonda coerenza oltre le strutture sociali ed economiche: possiamo chiamarla metafisica. Viviamo in un’era post-religiosa in cui è stata realizzata la predicazione di Nietzsche: abbiamo ucciso Dio, cioè perduto il senso della metafisica. Però in un’era secolare tale senso può essere mantenuto vivo: ci è donato dall’unicità della nostra vita e dall’eccezionalità della nostra esistenza nell’universo. Leszek Kolakowski in Orrore metafisico nota che l’uomo non può mai liberarsi dal desiderio per la trascendenza, anche se tutto vuole convincerlo diversamente». (more…)

Il Sahara in mano ad Al Qaeda

febbraio 16, 2011

I resti di un Boing 727 nel deserto del Mali usato per il trasporto di cocaina dal Sudamerica

Dalla Mauritania al Niger, passando dal Mali e dall’Algeria: il deserto africano ormai è controllato dai fondamentalisti islamici che lo usano per i traffici di droga e per i sequestri di persona. Crollato il turismo, perfino i Tuareg hanno paura

 Philippe Dudouit, da “L’Espresso

L’oasi di Djanet, profondo sud del Sahara algerino e non lontana dal confine col Niger, era considerata ormai uno dei pochi posti sicuri del deserto. Era. Fino al 2 febbraio scorso quando un gruppo di uomini armati, probabilmente appartenenti all’Aqmi (Al Qaeda nel Maghreb islamico) hanno rapito Maria Sandra Mariani, 53 anni, di San Casciano Val di Pesa (Firenze). Sono spariti fra le dune ed è stata arrestata una delle guide della donna (un complice? il basista?). (more…)

Il dolce delirio del Pop surrealismo

febbraio 16, 2011

Jonatan Viner, Aquiring gheisha

Arriva dritta dalla California: la ispirano il glam rock, il cinema di Tim Burton e il circo del film cult ‘Rocky Horror Picture Show’. Ha già maestri quotati ed epigoni. Ora per ospitare dipinti, libri e gadget ispirati a questa corrente pittorica si è trasferita nel centro della capitale la galleria Dorothy Circus. Altre foto e articolo qui

Prendi una bandiera e cambierai il mondo

febbraio 16, 2011

Suonava il jazz in un locale vicino al campus. Una sera i ragazzi bianchi cominciarono a sbraitare: «Suonaci Dixie»!

Percival Everett, da “Il Corriere della Sera

Daniel Barkley aveva dei soldi e una casa che gli erano stati lasciati dalla madre. Aveva una laurea in Storia americana conseguita alla Brown University che in qualche modo si era guadagnato, ma che non gli aveva fatto guadagnare niente. Suonava una Martin del 1940 e guidava una Jansen del 1976, una macchina sportiva che aveva comprato quando la zia era morta e, non avendo eredi, gli aveva lasciato tutto. Daniel Barkley non lavorava e non fingeva di doverlo fare, visto che passava quasi tutto il tempo a leggere. Qualche sera suonava jazz in un locale vicino al campus della University of South Carolina insieme ad alcuni vecchietti che invece di giorno sgobbavano, ma non facevano pesare a Daniel la sua condizione privilegiata. (more…)

Garzanti. Comunicato Stampa

febbraio 16, 2011

L’articolo uscito giovedì 10 febbraio sul Corriere della Sera dal titolo “L’ingegnere Gadda ha una nuova casa”, può lasciare nei nostri lettori e nei nostri autori la falsa impressione che Garzanti ne cesserà a breve la pubblicazione. Nel 2003 la casa editrice Garzanti rinnovò con chi ne era all’epoca erede il diritto di pubblicare e ristampare per i successivi venti anni (solo perché non era possibile per legge rinnovarlo per un periodo più lungo) l’opera in raccolta di Carlo Emilio Gadda nell’edizione magistralmente curata da Dante Isella, pubblicata originariamente nei Libri della Spiga e poi nella collana Garzanti Novecento. Vale la pena ricordare che nella stessa collana l’autore è in compagnia delle opere di Alberto Arbasino, Claudio Magris, Kenzaburo Oe, Pier Paolo Pasolini, Chaim Potok, Issac B. Singer, George Steiner eccetera… obiettivo di questa collana è proporre alcuni dei migliori autori del Novecento in una veste di straordinaria sobrietà ed eleganza (il progetto grafico è di Bob Noorda) ad un prezzo accessibile a tutti. Proprio perché è ben chiara alla casa editrice l’importanza centrale dell’opera di Carlo Emilio Gadda non solo all’interno della letteratura del ventesimo secolo, ma nel panorama dell’intera storia della letteratura italiana, siamo ben lieti di poterla pubblicare fino al 2023 e dispostissimi a rinnovare il contratto anche per il ventennio successivo. Ci pare un po’ prematuro ora escludere questa ipotesi. Riprendendo la metafora della casa utilizzata dal Corriere della Sera: poiché la casa editrice Garzanti è anche la casa scelta dallo stesso autore per pubblicare le sue opere , e nella forma che gli ha voluto dare l’autore e poiché la Garzanti è anche la ‘casa’ alla quale hanno rinnovato fiducia l’erede designata e successivamente il fratello, i quali hanno scelto di rinnovare la fiducia in noi per il più lungo tempo legalmente possibile, riteniamo doveroso tranquillizzare i nostri lettori, rivendicando alla Garzanti il titolo di residenza principale di Carlo Emilio Gadda. Può essere che per qualche anno, tra molto tempo, e per un periodo breve (rispetto al lungo sodalizio con Garzanti), l’opera di Carlo Emilio Gadda uscirà dal catalogo Garzanti. Sarà forse un’occasione per la Garzanti di allora preparare un nuovo apparato critico aggiornato nella breve attesa di poterlo riaccogliere nel catalogo della casa editrice quando diverrà di pubblico dominio. Questo per quanto riguarda la pubblicazione in raccolta di tutte le opere che in Italia costituisce un diritto a sé. Nei prossimi anni via via fino al 2016 scadranno viceversa i diritti delle singole opere, che sono diritti distinti. Siamo lieti che uno degli autori più importanti del Novecento italiano si possa giovare anche di una seconda casa presso Adelphi, della quale rispettiamo il lavoro. Questo finirà per arricchire il patrimonio culturale del nostro Paese, giacché ogni editore interpreta in modo un po’ diverso le opere che pubblica. Coesisteranno dunque le due edizioni. Oltre a ciò va ricordato che la casa editrice Guanda ha raccolto da Einaudi l’eredità dei Quaderni dell’ingegnere, che pubblica con la Fondazione Bembo. Riassumendo crediamo che il compito di un editore, al cospetto di un simile autore, sia quello di garantirne il massimo splendore nel tempo e il rispetto della sua opera. Non abbiamo dubbi che Garzanti, Adelphi e Guanda ne saranno attenti custodi negli anni a venire.

Ufficio Stampa Garzanti

I Radiohead continuano a sorprendere. Sabato esce il nuovo album The King of limbs

febbraio 15, 2011

Andrea Chimento per “Il Sole 24 Ore

Una notizia a sorpresa ha entusiasmato lunedì 14 febbraio il mondo della musica: i Radiohead hanno annunciato, tramite il loro sito ufficiale (in cui capeggia l’emblematica scritta «Thank you for waiting»), l’uscita del loro nuovo album che s’intitolerà «The King of Limbs».

Un regalo per San Valentino
Nonostante già da diversi mesi fosse trapelata la voce che l’ultimo progetto della band inglese sarebbe stato presto ultimato (il chitarrista Johnny Greenwood l’aveva anticipato lo scorso novembre), nemmeno i fan più accaniti del gruppo avrebbero potuto immaginare di ricevere nel giorno di San Valentino un regalo tanto atteso.

Si scarica dal sito a 7 euro
A più di tre anni di distanza dal precedente «In Rainbows», i Radiohead continuano a stupire con scelte distributive decisamente non convenzionali: il loro nuovo album si potrà infatti ascoltare inizialmente soltanto grazie a internet, scaricandolo dal sito (a 7 euro in formato mp3, a 11 in WAV con la qualità di un Cd), dove sarà disponibile già dal prossimo sabato. (more…)